Forte del buon responso riscosso da Bora Bora nel 1968, noto per essere il primo esotico-erotico italiano (ambientato in Polinesia), Ugo Liberatore pare vivesse nell'ossessione di dover rispondere ad alte aspettative, dando un seguito di egual successo a quella pellicola. Incontro D'Amore dà un po' quell'impressione lì, ci si sposta dall'Oceano Pacifico a quello indiano (praticamente attraversando l'Australia da est a ovest), si cambia isola ma si mantengono atmosfere e paesaggi familiari, ancorché rigorosamente esotici. Il film però stavolta non va granché bene al botteghino ed allora il produttore di Bora Bora Alfredo Bini lo recupera e lo affida alle mani di Paolo Heusch, il quale aggiunge una cornice ed un epilogo. Ora alla storia tutta orientale di Liberatore si associa un contraltare italiano, nel quale Umberto Orsini si costituisce alla Polizia per aver tentato di uccidere la moglie. Dal racconto dettagliato e pedante che fa al commissario Ettore Manni apprendiamo come si è arrivati a quell'atto violento. Riviviamo tutta la storia in forma di flashback (intervallati da continui ritorni al presente che vedono Manni e Orsini conversare quasi amabilmente e bere alcolici), fino a quanto accaduto la sera precedente - SPOILER: durante la quale Orsini accoltella una prostituta che lui ha accolto in casa per farle impersonare la moglie, oramai perduta da tre anni. Il finale sarà tragico ed inquietante, Orsini avendo completamente perso il contatto con la realtà si sgozzerà davanti al commissario, mentre contemporaneamente la prostituta morirà in ospedale dove era stata trasportata d'urgenza nel disperato tentativo di salvarle la vita.
Indipendentemente dalle traversie produttive e commerciali, Incontro D'Amore ha un fascino magico, di enorme suggestione, naturalmente per le parti girate a Bali, anche se devo ammettere che l'epilogo ordito dal team Bini-Heusch non sfigura affatto, pur portando il film altrove, dalle parti del thriller quasi soprannaturale, con accenti da giallo all'italiana. La scena "conclusiva" di Orsini non stonerebbe in un film di Dario Argento dei primi '70. Mereghetti ed altri come lui hanno sbrigativamente trattato con insofferenza la pellicola, relegandola a sfogo post sessantottino di una borghesia occidentale annoiata e superficiale, in cerca di seduzioni provenienti dall'Oriente, dal misticismo induista, dal libertinismo sessuale, dalla superstizione, eccetera eccetera. Non vi è dubbio che questa componente agisca nel film di Liberatore, del resto stiamo parlando di quegli anni, non di una produzione che in modo posticcio ed artefatto va a ripescare suggestioni di un'altra epoca; cionondimeno Bali è davvero magnetico, innanzitutto a livello visivo. Il polpettone filosofico-esistenzialista è decisamente labile, si fa fatica ad individuare le motivazioni intime dei personaggi, ad appropriarsene e ad immedesimarsi con l'invasato John Steiner ad esempio, e con i suoi deliri filo-depressivi. Tuttavia l'empatia non è una condizione necessaria per seguire Bali, lo si può apprezzare e se ne può godere ugualmente con notevole gratificazione.
Liberatore non aveva in mente una pellicola erotica (come spesso sbrigativamente viene classificato il film), lo dimostra anche il fatto che, pur avendo a disposizione la Antonelli - la quale appena un anno prima si era spogliata in Le Malizie di Venere di Dallamano - la tiene sempre ben vestita, pur esaltandone il volto freschissimo e accattivante. Più in generale, Bali (nella versione di Liberatore) non spinge mai su quel pedale; è piuttosto il rimontaggio del film con l'aggiunta di scene inedite che prova a giocare la carte del nudo e di qualche amplesso, tra Orsini e la Staller (qui accreditata come Elena Mercury, ovvero con il cognome di Salvatore Mercuri, all'epoca il suo marito italiano). Differentemente dall'orientalismo pretestuoso della saga delle Emanuelle nere di Massacesi ad esempio, che l'aspetto culturale del mondo balinese non sia un mero capriccio per Liberatore lo si intuisce robustamente, vista l'insistenza e la cura con la quale veniamo immersi in quei paesaggi, anche sacri, come templi e antiche vestigia; ci vengono continuamente offerti scorci di natura sia selvaggia che manipolata dall'uomo a fini agricoli. Liberatore ama i luoghi nei quali sta girando e vuole restituirli al pubblico con tutto il fascino e la spiritualità che appartiene loro, anche cercando di portare avanti un discorso di un qualche spessore, seppur un po' confuso ed inebriato da usanze, costumi e tradizioni locali. La riedizione del film del 1975 ci aggiunge una bella dose di malizia in più e tutto sommato avendo l'occhio lungo visto che, da disastro commerciale, Bali si tramuta in un successo di botteghino. Nota la citazione che ne fa persino Nanni Moretti in Io Sono Un Autarchico ("hanno scoperto adesso la Antonelli. Io la seguo fin da Incontro D'Amore a Bali").