Ustica

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Renzo Martinelli, docente di regia a Cinecittà, sceneggiatore, produttore cinematografico e televisivo, nonché ovviamente - e come è noto - regista, è abbonato a pellicole controverse, di grosso impegno civile e foriere di polemiche. Non sapevo che con la sua casa di produzione fondata negli anni '70 avesse confezionato videoclip addirittura per Van Halen, Alan Parsons, Rockets (oltre agli italiani Battiato, Alice, Dalla, Pino Daniele, etc). Sul versante registico insiste da tempo su temi scottanti, come la tragedia del Vajont, l'eccidio di Porzûs, il rapimento di Moro, nonché una manciata di pellicole nelle quali Occidente ed Oriente si contrappongono; queste ultime, assieme al biopic sul Barbarossa, hanno finito per far gravitare Martinelli in una certa area politica, non so quanto per reale e convinta adesione del regista o per mera proprietà transitiva. Ustica è il suo ultimo film ad essere uscito in sala in ordine di tempo e riprende nuovamente il filone dei grandi misteri italiani, i complotti che hanno contribuito a dare al nostro paese una nomea di insabbiatore seriale di brutte trame politiche.

Da un punto di vista contenutistico, il film ha il merito di scoperchiare per l'ennesima volta il pentolone di una vicenda mai degnamente nonché definitivamente conclusasi, nonostante tre sentenze abbiano chiaramente delineato i contorni di una vicenda losca, anni luce lontana dalle ricostruzioni farisee e paternalistiche che volevano un cedimento strutturale del DC9 Itavia senza alcun coinvolgimento di terzi. Con l'ausilio di ingegneri aeronautici che per anni hanno compulsato migliaia di documenti, perizie e testimonianze, Martinelli ricostruisce gli accadimenti, spingendo molto ma indubbiamente ritrovandosi da qualche parte sempre e comunque a minor distanza di quanto decenni di arrampicamenti politici sugli specchi abbiano saputo produrre, umiliando l'intelligenza dei familiari delle vittime e dei cittadini italiani. Detto ciò, da un punto di vista meramente artistico, cinematografico e formale, Ustica è un film che lascia molto a desiderare, almeno a mio gusto. La fotografia è posticcia, affoga personaggi e scenografie in contesti irreali, sospesi tra luci e colori inspiegabilmente provenienti da altre dimensioni. I dialoghi sono serrati e spesso, purtroppo, poggiano su frasi fatte o su spiegoni didascalici che hanno chiaramente una tesi precostituita da divulgare a far comprendere (a martellate) allo spettatore. L'impostazione è molto simile a Piazza Delle Cinque Lune, i due film si ricordano vistosamente, tematica a parte. C'è anche un forte senso di miscasting (con un doppiaggio che, se possibile, aggrava ancora di più il senso di straniamento); fatta salva la sola Lubna Azabal, tra i protagonisti principali, ed il mefistofelico Tomas Arana tra i secondari, il resto sembra fuori parte o comunque impegnato in una recitazione sin troppo carica ed enfatica. I personaggi sono delineati in maniera poco solida, oscillano da uno stato d'animo al suo opposto in un batter d'occhio. Leonardi è dapprima sorpreso, poi vigliacco, poi ardito, poi nuovamente conservativo, infine all'arrembaggio (dopo la morte della sua compagna). La Murino un attimo prima è ad un passo dalla reclusione in una casa di cura per malati psichiatrici, un attimo dopo è una giornalista del Washington Post con il coltello tra i denti. Enrico Lo Verso, suo marito, probabile mafioso, viene "adoperato" per 5 minuti sul set, generando un sottotesto che poi viene abbandonato sciattamente.

L'aver voluto esplicitare visivamente lo spettacolare compiersi della tragedia costringe Martinelli a far ampio ricorso ad effetti speciali che non appaiono adeguati. Per altro, a mio parere, il film avrebbe avuto maggior sottigliezza lasciando la sfera della tragedia al non visto e concentrandosi su ciò che accadeva a terra piuttosto che nei cieli (anche perché la verità ultima, minuto per minuto, non la possiede neppure Martinelli, per quanto possa esservisi avvicinato con ragionevole approssimazione). Il film è fiammeggiante, rapido, "americano" come struttura, ma non può in alcun modo competere con gli originali, finendo infatti col risultare una sorta di copia "vorrei ma non posso" (per mancanza di mezzi e budget). Si tratta di una coproduzione italo-belga finanziata col contributo di diverse regioni italiane, naturalmente lo sforzo produttivo è solo da lodare tuttavia l'impostazione di fondo è troppo ambiziosa. La Rai non ha contribuito finanziariamente, col relativo codazzo di polemiche - tutte politiche - più che comprensibili. Se la pellicola fosse passata in prima serata in tv anziché su grande schermo nessuno avrebbe notato la differenza, il che avvicina Ustica più ad una fiction, ancorché adrenalinica, che al cinema, ed è il suo difetto maggiore. Ma Ustica è diventato anche un libro, uscito per Gremese, che oltre alla sceneggiatura raccoglie tutti i documenti raccolti durante la lavorazione del film.

Trailer ufficiale

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