I film di Eriprando Visconti (nipote di Luchino) sono sempre emotivamente complicati, un po' farraginosi nello svolgimento, affetti da una morbosità massiva, toccati dall'erotismo (anche se mortifero e decisamente poco ludico), caratterizzati da una fotografia molto bella e suggestiva, e rivolti al rapporto uomo-donna che, nella visione cinica di Visconti, è più un gioco al massacro che una condivisione di felicità e amore. Questi elementi tornano più o meno ciclicamente nel suo cinema e Una Spirale Di Nebbia non fa eccezione. Il film trae origine dal romanzo di Michele Prisco (premio Strega del '66), ed è una co-produzione italo-francese (1978) tant'è che il cast comprende attori di qua e di là delle Alpi. La vicenda inizia dalla fine, in un drammatico incidente durante una battuta di caccia, Fabrizio (Marc Porel) ha appena ucciso sua moglie Valeria (Carole Chauvet). A ritroso viene narrata la vita di questa coppia di possidenti terrieri e delle manovre della famiglia di lui, ostile sin dall'inizio a Valeria. Si insinua il dubbio che Fabrizio abbia ucciso volontariamente Valeria, e perché lo avrebbe fatto? Il giudice Renato (Stefano Satta Flores) inizia la sua indagine.
Visconti scatta continue polaroid nelle quali vediamo spaccati di vita di Fabrizio e Valeria, sistematicamente infelici ed in lotta l'uno contro l'altra. Un amore che all'esterno appare stabile, sereno e soddisfatto, dall'interno svela la sua putrefazione; Valeria è profondamente infelice, volubile, depressa, Fabrizio sembra vivere in un mondo di astrazione, emotivamente superficiale, distaccato, vago. La dinamica tra i due prevede che Valeria detti legge e che Fabrizio ubbidisca, ciò nonostante Valeria pare attribuire comunque a Fabrizio il motivo della propria infelicità, e Fabrizio incassa in silenzio, anche se il suo sguardo pare un'armatura impenetrabile. Non è affatto chiaro il motivo del tormento di Valeria, Visconti non lo esplicita mai, anche nei dialoghi tra i due che sembrano sul punto di spiegare, tutto si risolve con un nulla di fatto, l'angoscia di Valeria si palesa fragorosa, ma sulle sue ragioni si può solo intuire che la vita di campagna, quasi da reclusa, a badare mucche e figli, le vada troppo stretta (nonostante i generosi depositi bancari). Forse il romanzo di Prisco aiuta a chiarire in tal senso, ma non l'ho letto e non so dire.
La spirale di nebbia del titolo non è solo quella della Pianura Padana, e nemmno solo quella che circonda Valeria e Fabrizio, ma anche quella che sale da tutti gli altri personaggi di contorno della storia, un "nido di vipere", come è stato giustamente definito, all'interno del quale cova l'ambiguità, l'ipocrisia, falsi perbenismi e moralismi borghesi. L'unica costante è una distorsione del rapporto uomo-donna, basato su compromessi e tornaconti, ricatti e calcoli, menzogne ed egoismi, facciata e finzione. Nel cast si segnalano, pur con ruoli minori, Martine Brochard - l'infermiera amante di Fabrizio e compagna di Flavio Bucci, il medico che denuncia, "per dovere", l'incidente ai Carabinieri, e che davanti al magistrato difende l'amico Fabrizio, ma nel farlo lo accusa obliquamente - ed una Eleonora Giorgi ancora molto giovane - moglie di Satta Flores, magistrato sul quale pesa il difficile rapporto conflittuale dei genitori separati.
Visconti fa ricorso a molti nudi, anche frontali e integrali, ma l'abbondanza di epidermide non dovrebbe scandalizzare più di tanto poiché l'uso che ne fa Visconti è in qualche misura simile a quello di film come Intimacy, ovvero il nudo ed il sesso per intendere l'opposto, una glaciale, fredda, gelida, defunta idea della carne e della libido. Tanto si danno da fare questi personaggi per apparire vivi e libidinosi, tanto sono invece morti e insensibili a qualsiasi stimolo che vada nel profondo. C'è addirittura una fellatio, si dice realmente praticata dalla Chauvet a Porel, della quale noi vediamo solo una testa che va su e giù. Il confine tra immaginato e concreto è davvero ridotto ai minimi termini, questione di millimetri di fotogramma. Persino la copertina del dvd Cinekult ritrae in primissimo piano proprio quel momento lì, assurto a paradigma del tutto, come a significare che in quel preciso istante Valeria detiene ogni potere su Fabrizio. Visconti fu massacrato per tanto ardire, e persino Prisco ci tenne a specificare che si dissociava dal film per il ricorso troppo spregiudicato all'erotismo, tuttavia secondo Visconti quelle scene erano funzionali e necessarie alla narrazione.
La colonna sonora invece (musiche di Ivan Vandor e Von Weber) sarà pure funzionale al film, ma lo appesantisce terribilmente; un commento sonoro pretenzioso, grave, altamente drammatico e solenne, che mette un incudine sulla già precaria resistenza dello spettatore, intento alla visione di un film senza dubbio interessante ma anche molto cerebrale e lento nel suo scorrere. Visconti appoggia la sua digressione "sociologica" riguardante l'uomo la donna e la coppia di fine anni '70, su una trama che vira verso il giallo, o almeno finge di farlo, poiché il finale aperto ed irrisolto sembra tradire le reali intenzioni dell'autore.