Spogliando Valeria

Spogliando Valeria
Spogliando Valeria

Qualcuno un giorno dovrà occuparsi di scrivere la storia che lega i film erotici italiani che da un certo punto in poi hanno adottato la formula del verbo al gerundio seguito dal nome della protagonista, Fotografando Patrizia, Desiderando Giulia, Spogliando Valeria, etc. Nel 1989 è il turno di Bruno Gaburro che dirige Dalila Di Lazzaro, aka Valeria, la quale si spoglia più volte per compiacere i molti uomini presenti nella pellicola. E' la moglie di un senatore della Repubblica (Donald Burton), ma sembra avere una tresca anche col di lui figlio (Gino Concari); l'intreccio è scoperto da Chris (Gérard Manzetti), un musicista che spia la donna dalla finestra di casa e che assiste anche al tentativo di accoltellamento del figlio da parte del padre, roso di gelosia, già.... ma per chi? Spogliando Valeria ha i toni del film drammatico con una vaga (vaghissima) punta giallo thriller, c'è una rivelazione finale (alquanto telefonata) e c'è un clima di tensione psicologica costantemente alimentata dalla morbosità dell'erotismo messo in scena (non particolarmente sguaiato, per la verità).
- SPOILER: la vera storia d'amore è tra i due uomini, visto che il giovane è un figlioccio adottivo che il senatore prese sotto la propria ala protettrice proprio per poterne godere i favori. Valeria è una foglia di fico che copre l'indicibile. La donna tuttavia accetta la corte di Chris nel tentativo di essere liberata dalla sua condizione di "schiava". In cambio del suo amore però vuole che il musicista uccida i suoi amanti.

Manzetti è un bel giovanotto mascellato e con lo sguardo sufficientemente convincente, indossa jeans e giubbotto di pelle, fuma una quantità invereconda di sigarette e abita il classico loft dei film erotici (e non) anni '80. Altro ineludibile elemento che caratterizza le pellicole sexy di quella decade è il sassofono; i parafernalia dell'erotismo del periodo ci sono praticamente tutti. Immancabile dunque anche la lingerie della Di Lazzaro, sempre debitamente avvolta di guepiere o perlomeno collant. Va detto che, per quanto molto bella, l'attrice udinese ha l'aria assai stralunata e non è vestita benissimo dal costumista Silvio Laurenzi, il quale spesso le mette addosso cappottoni enormi o vestitini quasi da casalinga che non esaltano per niente lo charme sofisticato ed un po' algido della Di Lazzaro. In tutta onestà verrebbe quasi da preferirle la Farnese, la fidanzata un po' usa e getta di Manzetti nel film, molto burrosa anche se un po' troppo revisionata dal chirurgo plastico di turno. Manzetti però la pensa all'opposto e fugge ogni volta che può dalla Di Lazzaro. Il film ha una bella regia, Gaburro ci mette gusto e mestiere. Spesso gli erotici puntano molto sull'attrice e sulle scene bollenti ma tralasciano l'aspetto cinematografico, l'immagine visiva, la costruzione delle scene; Spogliando Valeria fa il contrario, Gaburro costruisce una buona cornice che sembra preludere ad un buon film, solo che invece la sceneggiatura barcolla, il cast fa il minimo sindacale e il ritmo del film è pieno di punti morti e lentezze. Si pesca un po' da Hitchcock (La Finestra Sul Cortile), un po' da De Palma (Omicidio A Luci Rosse) un po' da Il Postino Suona Sempre Due Volte (con ammiccamenti anche 9 Settimane e ½, ad esempio nella scena del videoproiettore), la Di Lazzaro sembra svogliata (non ha mai avuto troppa voglia nei suoi erotici, per la verità) e, soprattutto nella parte finale, ha qualche legnosità di troppo nel recitare il suo showdown psicologico; il resto del cast (eccezion fatta per Manzetti) non brilla per intensità. Alla fine diventano interessanti gli ambienti (interni ed esterni) e i dettagli anatomici delle attrici, ma non rimane molto altro del film tra le dita (neppure l'irritante commento musicale) che scivola via trasparente come acqua in un palmo di mano. Da notare la scena della colluttazione tra Manzetti e due brutti ceffi, una delle più goffe e mal girate della storia del cinema.

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