Scandalo

Scandalo
Scandalo

Melò erotico con Franco Nero e Lisa Gastoni, Scandalo di Samperi è un film intenso e cupissimo che certo non ha contribuito a rallegrarmi la serata, già funestata da raffreddore e gola rovente. Chi ha visto La Seduzione di Di Leo, sempre con la Gastoni, avrà certamente colto delle eco non secondarie. L'ambientazione è totalmente diversa (la Sicilia post guerra, nel primo caso, la Francia coi nazisti alle porte, nel secondo), ma certe situazioni si richiamano, con la Gastoni "attempata" ma sempre bellissima e sensuale, circuita da un uomo che finisce per dominarla e soggiogarla e che esige come ultimo tributo la giovane figlia. Anche qui la Gastoni (più spogliata e martoriata che mai) è una donna apparentemente tranquilla, adagiata in una calma e routinaria quotidianità, che viene progressivamente sconvolta dall'esplosione di una passione morbosa, erotica e annichilatrice, tale da destabilizzarne la psiche e portare la donna sull'orlo della follia. Non bisogna però esagerare con le similitudini, poiché Samperi si discosta anche molto dal film di Di Leo, costruendo tutto un altro mondo attorno alla Gastoni, premendo il piede più ferocemente sull'acceleratore dell'implosione emotiva della protagonista, scegliendo un finale completamente diverso ma, se possibile, ancora più distruttivo, nero e privo di speranza. La Seduzione si chiude con un risveglio d'orgoglio della Gastoni, che si libera del maschio e riacquista una propria lucidità (sebbene a colpi di rivoltella); qui invece il clima finale è da Götterdämmerung, una soffocante, ossessionante disfatta senza redenzione, la fine di tutto, per colpevoli (la farmacista Gastoni, suo marito Raymond Pellegrin, l'amante Franco Nero) e innocenti (la povera Justine, figlia della Gastoni, cazziata per tutto il film e condannata alla morte sotto i primi bombardamenti).

Come per La Seduzione, l'azione si svolge in provincia, in un piccolo mondo fatto di una piazza dove tutti si conoscono, e i legami sono pericolosamente stretti. Per puro caso ed equivoco, la farmacista si scontra nottetempo col focoso garzone di bottega, che in realtà attendeva la cassiera per un amplesso adulterino. Tra le sue grinfie invece stavolta cade la farmacista. Dapprima i ruoli impongono una distanza assoluta dall'accaduto, ma, col passare dei giorni, entrambi ci prendono gusto e la gerarchia di dominazione va instaurandosi, il garzone (Franco Nero) ha tutto da guadagnare, la Gastoni ha tutto da perdere (in un ipotetico scandalo). Lei è la moglie di un colto intellettuale, collezionista d'arte e amante della poesia di Racine e del pianoforte. Una famiglia borghese debosciata, pigra, indolente, parassita. La guerra infuria (siamo assediati dal notiziario radio che continuamente ci terrorizza sullo stato del fronte), ma in paese tutto scorre invariato e la Gastoni, quasi annoiata, si può addirittura concedere dei giochetti erotici col garzone. Un maschio violento, sadico, tiranno, che gode nell'umiliare il più possibile l'amata. Nero mira a imbarazzare e svergognare la Gastoni in ogni occasione, farla mortificare di se stessa, farla sentire totalmente impotente e schiavizzata, e la scoperta di questa condizione dapprima atterrisce la donna, poi la avvolge in una rassicurante stretta mortale, quasi ricercata, voluta, certamente masochistica, è il piacere della sottomissione. La Gastoni si presta alle peggiori nefandezze e sarebbe pronta a smettere di respirare se solo il suo aguzzino glielo chiedesse. Nel profondo sa di essere morta, di aver oltrepassato un punto di non ritorno, ma proprio per questo non può più tornare indietro a riprendersi la sua precedente vita "normale".

Questi passaggi sono terribili anche per lo spettatore, che assiste al degrado senza fine della Gastoni, sempre più pesante da sopportare e comprendere. Un plauso alla bella attrice ligure, che rende splendidamente il personaggio nella sua deriva psicologica, una parte davvero difficile ed impegnativa da sostenere, non solo per i continui nudi, ma perché la farmacista non ha sostanzialmente un solo momento di goia, di luce, è una inarrestabile discesa all'inferno durante la quale anche i momenti di sesso non incarnano vitalismo ed energia creativa, bensì afflizione, sottomissione, morbosità autodistruttiva. Un'eccellente prova la sua. Assolutamente insostenibile la scena in cui Nero costringe la stimata farmacista del paese ad ancheggiare nottetempo per strada, davanti al suo negozio, seminuda come una prostituta, senza concederle possibilità di fuga e facendo sì che un avventore ubriaco della taverna di fronte la veda in quelle umilianti condizioni. Al termine dell'esperienza, la Gastoni è presa da una sorta di isterica allegria, come se tanto stress emotivo la scaraventasse di colpo in un folle ed immotivato entusiasmo nervoso adolescenziale. Un ottimo Franco Nero che quanto a cattiveria non teme confronti, davvero un diavolo il suo. Che quella del garzone sia la rivalsa del proletariato contro la borghesia (in una scena Nero dice di divertirsi enormemente a far scontare alla "padrona" ciò che lui ha dovuto subire per anni), come dice il Morandini, o che piuttosto si tratti di una allusione metaforica alla borghesia francese troppo accondiscendente e arrendevole verso il nazismo, come sostiene Tentori, è in ogni caso evidente come il rapporto malsano tra Nero e la Gastoni vada letto anche su di un piano allegorico, a simboleggiare la distruzione dei tempi, la caduta degli dei appunto, in un preciso momento storico altamente drammatico, il 1940.

Al clima da nevrosi contribuisce la fotografia (assai buia e crepuscolare) di Storaro, e la stupenda colonna sonora di Riz Ortolani, ma in primis è il gusto narrativo di Samperi a rendere appetibile questa pellicola, ancorché fortemente disturbante. Terribile la figura del marito della Gastoni, un impotente emotivo che non sarebbe mai in grado di prender posizione neanche vivesse un'eternità intera, tutto rivolto ai suoi "balocchi" (vasi d'antiquariato) e che menre le bombe distruggono la Francia, rimane chiuso imperterrito nel suo studio a incollare pezzi di vasellame. Nell'armageddon finale, punitivo e catartico, la Gastoni raggiunge la piena consapevolezza e lucidità della sua abiezione, tanto da ingerire decine di pillole per morire, ma le bombe ci dicono che Samperi ritiene che solo una distruzione totale può veramente cancellare l'abominio che è stato compiuto. Da notare che il film è tutto girato in interni (in opposizione alle teorie della nouvelle vague), ed anche gli esterni della piazza del paese sono finti, riprodotti in studio, e la cosa è volutamente malcelata.

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