A neanche un anno di stanza dal primo Mark, Stelvio Massi torna ad occuparsi del poliziotto più fotoromantico del cinema di genere italiano, quello interpretato dal belloccio Franco Gasparri, sempre vestito piuttosto macho e casual, sempre con la barba incolta, sempre con una discreta zazzera, sempre col San Bernardo al guinzaglio, sempre di poche parole ma pesanti, come le pallottole esplose dalla sua pistola. Ancora Dardano Sacchetti a collaborare a soggetto e sceneggiatura mentre, a far da sfondo alle scorribande del commissario, Genova prende il posto di Milano. Nel capoluogo ligure Terzi passa dalla narcotici alla Omicidi. Una sorta di giustiziere autonominatosi la Sfinge minaccia l'industriale Benzi (già arcinemico di Terzi nel primo episodio). Lo vuole morto e finché ciò non accadrà è disposto a mettere a ferro e fuoco la città seminando panico e cadaveri a forza di bombe a attentati terroristici. Terzi si occupa delle indagini, nonostante nutra scarsa stima e simpatia per il commendatore sotto assedio - SPOILER: scoprirà che Benzi è, come al solito, assai meno pulito di quel che sembra; presiede un'anonima sequestri e continua a trafficare in affarri sporchi mentre, alla luce del sole, si candida come futuro sindaco della città. Organizza addirittura il suo stesso rapimento per ricavarne conseno elettorale. Tuttavia, con la cattura della Sfinge - un povero Cristo al quale era morta la futura moglie nel giorno del matrimonio, a causa di un cedimento strutturale di un pilone costruito dalla ditta di Benzi - gli eventi si dipanano stringendo il nodo attorno al collo dell'imprenditore, che verrà infine smascherato da Terzi, seppure a caro prezzo, ovvero le dimissioni del commissario.
Giunta al secondo capitolo, la serie di Mark migliora sensibilmente anche se continua a non sembrarmi tra le migliori invenzioni del cinema poliziottesco italiano. Massi evidenzia sicuramente una certa maestria nelle scene action e negli inseguimenti (vera attrattiva del film), un po' meno nella costruzione della tensione e nei dialoghi, spesso appesantiti da una certa staticità, prolissità e banalità che non giovano al ritmo del film. Gasparri gioca a fare il duro tenebroso, parla poco e quasi sempre per slogan, anche questo non aiuta. Non c'è un contraltare femminile adeguato, poiché Ely Galleani (sorella di una donna di un malavitoso) ha un ruolo decisamente minore (e per altro sempre abbottonato); il vice Questore Spaini di Massimo Girotti non si rivela particolarmente incisivo. L'unica menzione degna di nota, come sparring partner di Gasparri, la guadagna Nino Benvenuti, che prosegue la tradizione dei pugili tanto cari a Massi, dopo Juan Carlos Duran del primo Mark e Carlos Monzon de Il Conto E' Chiuso. Alcuni passaggi sono troppo superficiali, si prenda ad esempio Gasparri che si cala con un elicottero sul gasometro mentre la Sfinge viene "distratta" dalle sirene della Polizia (come si fa con i bambini piccoli), o ad esempio la sparatoria nel cinema (per altro mentre viene proiettato La Polizia Ha Le Mani Legate, con un divertente gioco di rimandi metacinematografici), durante la quale Gasparri secca il criminale di mezza tacca Morini esplodendo colpi tra la folla con precisione sovraumana. Perché Mark non rimane triturato dietro la 500 mentre Nino Benvenuti con un muletto sfascia l'auto? Come è possibile che l'amico magistrato di Mark venga seccato da un cecchino andando giust'appunto a posizionarsi a favore di mirino davanti alla finestra. Il film assomma diverse leggerezze simili, ingarbugliandosi invece in una trama non sempre chiarissima e lineare. Il riferimento neanche troppo telefonato è quello con il primo Callaghan, dove Scorpio ha più di una parentela con la Sfinge. Buone le musiche di Adriano Fabi, che raccoglie il testimone dell'altro Stelvio, Cirpiani. Un anno dopo Massi concluderà la trilogia con Mark Colpisce Ancora, come l'Impero, in realtà un apocrifo, visto che Gasparri non è più il commissario Terzi ma un semplice agente di nome Patti (conseguenza filologicamente corretta, poiché Terzi rassegna le dimissioni al termine di questo film, anche se l'accrocchio aveva motivazioni puramente ed evidentemente commerciali).