Reduce dal successo e dalla grandissimo chiacchiericcio scatenato da e attorno a Il Diavolo In Corpo, Bellocchio sente il peso del nuovo film con il quale presentarsi al pubblico. Il sodalizio con lo psichiatra Massimo Fagioli diventa croce e delizia, Bellocchio vuole affrancarsi, camminare sulle proprie gambe, ma allo stesso tempo non si libera del tutto della fascinazione delle teorie psicanalitiche - anzi, per la verità antipsicanalitiche - del terapeuta romano. A distanza di anni, raggiunta una maggiore maturità artistica, Bellocchio non si dichiara completamente soddisfatto del risultato ottenuto con La Visione Del Sabba, racconta che avrebbe fatto diversamente (se non del tutto espunto) alcune scene e che, in generale, risentiva forse troppo del gravame di quel moloch che nel tempo era diventato Il Diavolo In Corpo. La sintonia con Béatrice Dalle non fu propizia, Bellocchio racconta di una visione quasi opposta del suo personaggio, troppo nero e punk nell'interpretazione dell'attrice francese. Buffo perché in un'intervista dell'epoca (contenuta nel dvd Medusa) la Dalle andava sbandierando l'idilliaco connubio col regista. Né aiutò la scelta di Daniel Ezralow come protagonista maschile. Opzionato essenzialmente in quanto ballerino e dotato di un fisico perfetto, lo statunitense mostra tutti i suoi limiti attoriali nelle sue espressioni lignee; bellissimo volto, per carità, ma monoespressivo. Decisamente più a suo agio con il corpo. Massiccia e faticosa la musica di Carlo Crivelli, perfettamente in linea con le tinte fosche della pellicola e tuttavia "colpevole" di aggiungere barocco al barocco.
Detto tutto ciò e concesso che La Visione del Sabba può essere un film non completamente riuscito e con qualche momento da rivedere, rimane a mio modesto gusto e parere un capitolo superlativo della filmografia di Bellocchio, ad averne di registi in grado di esprimersi a questi livelli, sia formali che sostanziali. La storia è quella di una giovane donna accusata di omicidio, forse a seguito di un tentativo di stupro. Vittima e colpevole allo stesso tempo, Maddalena (nomen omen) si professa strega del 1600 e con il suo magnetismo animale irretisce lo psichiatra che deve effettuare la perizia su di lei. Davide diviene totalmente succube delle spire di Maddalena, tanto da mettere in crisi non solo il proprio matrimonio ma la propria professione e la propria razionalità, l'intero rassicurante mondo che lo aveva accompagnato sin lì. La genialità di Bellocchio sta innanzitutto nell'aver sovrapposto due piani temporali, due secoli, il XVII° ed il XX°. Anziché ricorrere a flashback scolastici, Bellocchio fonde e compenetra direttamente le due epoche, come in un sogno, una visione perenne senza soluzione di continuità. Questo sorprendentemente non confonde lo spettatore ma anzi esalta la dimensione interiore dei personaggi e si presta in modo estremamente duttile alla narrazione della storia, per merito della grande capacità di raccordare da parte di Bellocchio. Senza bisogno di effetti speciali spettacolari, il regista trasmette il brivido del magico, dell'occulto, dell'impossibile, dell'insondabile.
Cuore del film è la scena del sabba - da cui il titolo - forse tirata anche eccessivamente per le lunghe a dire il vero, ma indubbiamente suggestiva e ragione sociale della scelta di Ezralow come protagonista. C'è molto erotismo nella pellicola, anche se sempre al confine tra eros e thanatos. Se il sesso con la moglie Cristina (Corinne Touzet) è moribondo e anzi, del tutto non consumato (nonostante gli incredibili occhi verdi della Touzet ed un corpo molto morbido), quello dapprima vagheggiato e poi consumato con la strega Dalle è vulcanico, primitivo, basico, ma comunque sempre teso come una corda di violino ed in qualche misura "pericoloso" perché mette in connessione lo psichiatra con una dimensione che va oltre le colonne d'Ercole del nostro mondo. Ci fu una causa giudiziaria che riguardò una presunta violenza sessuale perpetrata sul set e addirittura "commissionata" da Bellocchio stesso; il regista racconta di come quella fu all'epoca una trovata pubblicitaria della Produzione per tenere "vivo" il film e soprattutto ricreare nuovamente lo scandalo che aveva accompagnato Il Diavolo In Corpo (la fellatio della Detmers... nata sul set in modo spontaneo e del tutto non preordinato).
Bellocchio ha un gusto pittorico notevole, incorniciando alcune scene nelle luci magistrali di Giuseppe Lanci. La Dalle, per quanto "controvoglia" è una figura forte e a suo modo contribuisce sensibilmente al clima destabilizzante e potente del film. Notevole anche l'apporto degli esterni girati a Massa Marittima e Pitigliano, che costituiscono delle location naturali ed architettoniche senza eguali. Il film perlopiù non fu accolto benissimo, criticato severamente per un eccesso di prosopopea ed intellettualismo (per Mereghetti si tratterebbe addirittura di un soft-core a buon mercato). Pur irrisolto, si tratta per me di un meritevolissimo lavoro di Bellocchio che certamente vale la visione; talvolta mi pare che non abbiamo davvero ben chiara la differenza tra cinema rinunciabile e registi con la R maiuscola.