![La Signora Della Notte](https://www.cineraglio.it/wp-content/uploads/2017/03/signora-cover-318x450.jpg)
La Signora Della Notte è un piccolo grande cult personale. Il film narra dello stanco menage matrimoniale di Simona (Serena Grandi) e di Marco (Fabio Sartor), che dopo appena 3 anni di matrimonio già sono annoiati (...addirittura!). O meglio, l'annoiata è soprattutto Simona, che per altro si scopre ninfomane e pure un po' perversa, poiché mostra un apprezzamento sempre crescente verso gli schiaffoni, le copule strappate a forza e i maschi alfa e dominatori. Pare strano, ma praticamente ogni volta che passeggia per strada, com'è, come non è... c'è sempre una coppia che si ac-coppia; la volpe sbircia libidinosa e pensa che le piacerebbe molto assaggiare quell'uva. Il marito invece è tutto preso dal lavoro e dai videogames (gli Intellivision, siamo negli anni '80), e allora lei decide di consolarsi in qualche modo. Si impegna a trovare i peggiori in circolazione, una galleria di tipi umani indicibile. Il culmine lo raggiunge col cacciatore mazziniano, uno yeti che la accarezza con la canna del fucile in ogni dove e poi le offre le proprie parti basse per un banchetto, una scena imperdibile tasso di autostima.
Durante l'ennesimo tradimento consumato stavolta con un amico del marito, Simona si fa scoprire proprio mentre, riversa a 90 gradi sul muretto di uno squallido baretto sulla spiaggia, accoglie con grande generosità la virtù dell'amante. Marco giustamente si inalbera ed il rapporto (sessuale, ma pure quello coniugale) finisce lì, interruptus. Il tempo passa, Simona è un po' pentita ma sempre altamente promiscua, mentre il marito si rende conto di quello che ha perso (insomma... stiamo pur sempre parlando di Serena Grandi). Allora escogita unpiano risolutivo, se alla moglie piace strano, lui si impegnerà in tal senso. La sorprende a casa, si finge stupratore e, senza farsi riconoscere, la svergogna come piace a Simona, in un delirio di scena stracult, con la Grandi ignuda, distesa in terra, la testa infilata sotto il divano e Sartor che cavalca il rodeo. Ma c'è una ma... al culmine dell'epicità a Marco cade la catenina, particolare grazie al quale, a posteriori, Simona risalirà all'identità dell'aggressore. E' pace fatta, i due hanno capito come far funzionare il proprio matrimonio, arriva il gran perdono e con esso viene maturata la decisione di avere un figlio (mancanza che per la verità non pareva esattamente la più grande preoccupazione di entrambi). Ed ecco che durante l'ultima copula finalmente l'appagamento sessuale regna ed in tale occasione con ogni probabilità viene innestato il seme di un tenero giacomino.
Ho esplicitato la trama esplicitata con dovizia di particolari perché, come si può intuire, l'intreccio è particolarmente sottile, arguto e profondo ed è di importanza capitale nel film, più o meno. Occorre distinguere due piani che convenzionalmente chiameremo: 1) piano Schivazappa; 2) piano Serena Grandi. Schivazappa, quello di Femina Ridens, gira un pessimo film, regia anonima, messa in scena misera, costumi anni '80 allucinanti, luci e fotografia banali, piatti, buttati un po' lì. Trama e dialoghi sono grami, un po' disgraziati, sostanzialmente inutili, poiché tutto è costruito in funzione del fatto che ogni 7 minuti Serena Grandi sia seminuda e posseduta da qualcuno. Premesso che il film in sé non è un capolavoro del cinema, Serena da sola lo rende qualcosa di titanico ed irrinunciabile. La macchina da presa è praticamente fissa su di lei, come fosse quasi un unico piano sequenza. La Grandi è sempre in scena, è chiaro che l'idea di partenza della produzione è stata: "facciamo un film con Serena Grandi. Quale... come... cosa? Boh, però c'è Serena Grandi, stai sulle tette, poi vediamo...".
La Grandi veniva dal successo termonucleare di Miranda (ma lì c'era un Brass in palla dietro) e i copioni soft porno le venivano offerti come noccioline alle scimmie dello zoo. Concentrandosi unicamente sull'apporto di Serena a questa pellicola, non si può non rimanere estasiati dalla totale dedizione con la quale l'attrice emiliana si concede senza remore, riempiendo il vuoto pneumatico della sceneggiatura grazie all'opulenza statuaria del suo corpo. Non siamo al "vorrei ma non posso" di qualche sexy starlette pentita; Serena, da brava soldatina del burro e della margarina, carica su di sé il peso dell'intero progetto e lo porta a termine unicamente con la forza delle proprie curve, nonostante le mille mancanze (recitazione obbrobriosa, regia assente, trama pretestuosa e prevedibile, nessun elemento minimamente accattivante eccezion fatta per il sesso, eccetera). Il film si salva esclusivamente per la componente di erotismo spinto; in pratica, quel susseguirsi continuo di scene di amplessi sono la vera ed unica forza motrice della pellicola, senza la disponibilità disinibita di Serena questa accozzaglia di luoghi comuni non avrebbe avuto alcuna ragione d'essere (guardata). La locandina comunque è spettacolare. E quando hai il prosciutto buono, i tortellini vengono buoni per forza.