Fellini Satyricon

Fellini Satyricon
Fellini Satyricon

Non mi avventuro in alcun modo in una disamina su Fellini, sul suo cinema e neppure sul Satyricon stesso, non ne sono all'altezza, fior di critici ne hanno trattato e parzialmente il "mistero" rimane ancora irrisolto e tutto da sviscerare, l'universo del cineasta italiano probabilmente più famoso e celebrato nel mondo, di certo tra i più creativi e visionari. Il Satyricon poi è un mistero nel mistero, poiché è un film assai criptico e indecifrabile. Lo è anche per via del fatto che lo stesso testo al quale si ispira (quello di Petronio Arbitro) ci è arrivato frammentato, impossibile da ricondurre ad una unità coerente e limpida. Dunque prenderne le mosse per realizzare una pellicola è già indicativo di cosa si prefiggesse Fellini; andare altrove, servirsi del Satyricon per scrivere il suo libro, tant'è che il film si chiama proprio Fellini Satyricon (anche se all'estero venne distribuito solo come Satyricon). Dunque è chiaro sin dall'inizio che Petronio sarà poco più che un canovaccio, un pretesto, un riferimento ideale per poi metterci del proprio e creare sulle macerie di ciò che era già stato creato e (purtroppo) disperso. Fellini sposta il logo d'azione da Crotone e Pozzuoli a Roma, aggiunge episodi che nel testo - così come ci è pervenuto - non ci sono (l'ermafrodito, il minotauro, la donna ninfomane), immagina ambienti piuttosto diversi, per non dire antitetici, rispetto alla rappresentazione della classicità vista nei peplum, nei cosiddetti "sandaloni" ed in generale nei film storici ambientati nella Roma antica. Il viaggio, definito da più parti "picaresco", dei protagonisti Encolpio (Martin Potter) e Ascilto (Hiram Keller) attraversa una Roma e dintorni oscura, greve, carica di minaccia e apocalisse. Più che Petronio sembra Dante, poiché il viaggio dei due compagni assomiglia non poco a quello di Dante e Virgilio nelle remote profondità infernali. Anche se, a differenza del poeta fiorentino, qui i protagonisti sono anche diretta espressione del vizio e della "caduta", mentre nel caso di Dante e Virgilio i due poeti sono narratori esterni e giudici.scevri da colpe.

All'epoca il film venne anche duramente criticato poiché metteva apertamente in scena immoralità. Innanzitutto e prevalentemente l'omosessualità, persino verso giovinetti. Poi flatulenze e trivialità varie (cannibalismo compreso). Il tutto era perfettamente riconducibile al ritratto della romanità al tempo di Petronio, ma poiché qualcuno vedeva nel film di Fellini anche un tentativo di traslare le bassezze di ieri all'oggi contemporaneo del regista, la levata di scudi fu inevitabile. L'umanità del Satyricon è una pletora di insetti dediti alla decadenza, celebrata - per paradosso - come unica forma di vita possibile, L'abiezione, il baccanale, gli istinti primordiali, la dissolutezza, la sfrenatezza, il primato dell'intestino crasso e dei genitali sullo spirito e sul cervello, sono il tratto distintivo di una genìa condannata al fango e all'abisso eterni per la propria turpitudine. Chiaro che l'esegesi sia ambigua, poiché se da un verso la morale assolve o condanna, dall'altra il vitalismo, l'amore per l'erotismo, per l'arte e per l'eterodossia che nutriva Fellini non potevano vedere tout court in malo modo questo formicaio che brulica disperatamente alla ricerca di "qualcosa". Molti concordano nel ritenere il film una vera e propria esperienza più che una narrazione con un inizio, uno sviluppo ed una conclusione. Ed infatti il Satyricon tale è, innanzitutto un'esperienza visiva, magniloquente, grandiosa, anche allucinata e onirica. Una Roma alternativa, fantastica, racchiusa in una dimensione di sogno, un'antichità immaginata e ricostruita in modo artefatto (ma non per questo priva di fascino) attraverso il filtro dell'Arte, dove l'aderenza filologica alla realtà è l'ultimo degli obiettivi. A tratti l'operazione può risultare pretenziosa, persino noiosa, si fa fatica a posizionare eventi e personaggi, anche perché si salta di palo in frasca, con un labilissimo collante costituito dalla presenza e dal viaggio di Encolpio e Ascilto, tuttavia ci si deve abbandonare al flusso e godere delle immagini, ovvero l'idea di Roma antica (ed in ultima analisi della vita e della morte) che Fellini aveva in testa e che realizza con tutta la potenza e l'audacia della sua poiesi. "Rome before Christ, after Fellini", come recitava il trailer per l'estero.

Trailer ufficiale

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