Erin Brockovich è un film atipico per Soderbergh, solitamente regista atipico di film atipici e dunque apparentemente fuori fuoco per una storia come quella ispirata alla vera Erin Brockovich. Una pellicola di denuncia, tutto sommato abbastanza classica e hollywoodiana come impostazione. Agli Oscar del 2001 (il film è del 2000) Soderbergh è addirittura candidato come miglior regista per due film contemporaneamente, questo e Traffic (per il quale vince), entrambi aspirano a miglior film dell'anno, alla statuetta per il miglior attore non protagonista, oltre alle categorie dove figurano sparpagliati; tra queste quella per miglior attrice, che si rivelerà essere proprio Julia Roberts, alla sua prima statuetta per il ruolo della Brockovich. A conti fatti, ci aveva visto giusto eccome Soderbergh a volersi fare carico della storia ispirata all'attivista del Kansas, ancora oggi impegnata in cause ambientaliste.
Senza girarci tanto intorno, Erin Brockovich è un bel film, solido, potente, girato con la professionalità indubbia che Soderbergh mette in ogni suo progetto. Tuttavia è un film che probabilmente ha beneficiato molto anche del valore "civile" della battaglia che racconta, la più grande azione legale mai condotta nel suo genere (contaminazione di falde acquifere), foriera del più grande risarcimento danni nella storia degli Stati Uniti d'America, 333 milioni di dollari per oltre 600 vittime. Stupisce ancora di più che la Brockovich non fosse neppure un avvocato ma una lavorante presso un piccolo studio avvocatizio, dotata evidentemente di un acume, una puntigliosità ed un senso di giustizia fuori dal comune. Come qualità filmica il ben più complesso Traffic è una spanna sopra, anche se l'Oscar poi se lo aggiudica Il Gladiatore. La Roberts, come detto, sbaraglia la concorrenza (Juliette Binoche, Joan Allen, Ellen Burstyn, Laura Linney), ed anche in questo caso la cosa è in parte sorprendente; non che la Roberts non offra una buona prova recitativa, ma perché non mi era sembrato di cogliere tratti così originali, peculiari ed esplosivi da meritare un Oscar (invece vince pure il Golden Globe ed il Bafta, pensa un po'). E' un po' la solita Roberts trapiantata in un ruolo leggermente più scollacciato ed enormemente più forte, moralmente parlando, il che secondo me ha dato una forte spinta (un po' come fanno le sue scollature nel film, sebbene la vera Erin abbia negato di aver usato le proprie forme consapevolmente per ottenere informazioni ma abbia ammesso che il suo aspetto possa averla aiutata in tal senso).
Lo stesso Soderbergh rinuncia a molte delle sue estrosità, svolgendo un compito più lineare, ordinato e diligente rispetto ad altre sue produzioni. L'opposto dello sperimentale Traffic, nel quale evidentemente riversa tutta la sua creatività visiva, registica e di montaggio. Si segue comunque in modo assai partecipato tutto il sofferto percorso della Brockovich e dei suoi compagni di battaglia, la lotta di Davide contro Golia, la storia perfetta per il cinema americano. Va detto che la stessa Erin Brockovich - quella vera - era una bella donna, la si vede in un cameo proprio nel film, è la cameriera che serve Julia Roberts al fast food. La vera Erin ha un cartellino col nome Julia, le due si sono scambiate i nomi per gioco. Almeno un dialogo rimane nella storia del cinema, quello di Erin con lo stuolo di avvocati vampiri della multinazionale PG&E, che termina con l'invito della Brockovich a bere un sorso d'acqua proveniente dalla falde acquifere contaminate (è un bluff, ma di grande effetto). Ottimo comprimario Albert Finney - non a caso candidato come miglior attore non protagonista - che interpreta l'avvocato e mentore di Erin, Ed Masry. Il critico e giornalista Pulitzer Robert Ebert definì il film mancante di focus ed energia, nonché un po' facile e banale lo sviluppo del/i personaggio/i, cosa che mi sento tutto sommato di condividere pur senza per questo ritenere la pellicola un fallimento, anzi.