Donne Di Marmo Per Uomini Di Latta

Donne Di Marmo Per Uomini Di Latta
Donne Di Marmo Per Uomini Di Latta

Ultimo film in ordine di tempo ad essere uscito dalla premiata stamperia Fratter, datato 2016 ed apice produttivo del cineasta bergamasco, sia perché pellicola numero tredici a partire da Sete De Vampira ('98), sia perché effettivamente, per più aspetti, pare trattarsi proprio dell'apogeo creativo fratteriano (ad oggi ovviamente). Molti titoli significano molta esperienza guadagnata sul campo, malizie, dimestichezza, padronanza, prassi esercitate giorno dopo giorno, sceneggiatura dopo sceneggiatura, set dopo set, cosicché l'ennesima pellicola girata diventa la sublimazione delle arti affinate con mestiere e passione, tecnica e inventiva, ingredienti che devono risuonare all'unisono quando si imbraccia una macchina da presa. Fratter in verità ha mostrato di possederne fin dall'inizio, ad esse doveva però affiancare la fisiologica pratica sul campo. Dirigere un film è tutt'altro che banale e l'abusato paragone con il direttore d'orchestra si rivela sempre calzante. Il regista coordina e tiene assieme un concerto di strumenti; gli attori certo, ma il film non si esaurisce solo nei loro corpi, nelle loro fisicità e nei loro dialoghi. Ci sono la fotografia, l'uso delle luci (delle ombre, dei cromatismi, etc.), la scenografia, le location, il montaggio, il commento sonoro, il ritmo da impartire al racconto, la cura dei dettagli, visioni ed intuizioni personali che insieme a mille elementi arricchiscono, definiscono e - si spera - valorizzano il prodotto finale.

Donne Di Marmo Per Uomini Di Latta è a mio avviso un film particolare che ho davvero apprezzato moltissimo. A ben vedere, dovendo sviscerare la vicenda in poche parole si avrebbe gioco facile: Giorgio (Fratter) collabora ad un magazine chiamato Sculturopoli, una rivista di nicchia dedicata all'Arte. La sua redazione è stretta in pugno dalla velenosissima Roberta (Liana Volpi), ambiziosa e misandrica, la quale nutre un rapporto di amore/odio verso Giorgio alimentato soprattutto dal franco disinteresse dell'uomo, legato invece a Simona (Valentina Di Simone), una redattrice dal passato un po' torbido. Attorno a questo triangolo in perenne vibrazione orbitano varie figure di contorno; innanzitutto la figlia di Giorgio, Francesca (Magda Lys), morbosamente attratta dal padre; quindi Diana (Anna Palco), ex moglie di Giorgio oramai coinvolta in tutt'altri amori; l'editore di Sculturopoli, un uomo praticamente in balia delle arti seduttive di Roberta; infine una ballerina proprietaria di un night erotico (Mery Rubes), la quale fa esibire temporaneamente Simona quando questa viene cacciata dal magazine grazie alle insistenze della gelosissima Roberta.

Il cinema di Fratter si configura sempre più come un cinema quasi esclusivamente al femminile, dove le burattinaie sono sempre le donne e ai maschi (ex alfa) non rimane che il mesto e modesto ruolo di burattini danzanti. E' interessante notare come la vicenda sostanzialmente non offra neppure un singolo personaggio "positivo" (qualsiasi cosa questo aggettivo comporti). Che siano uomini (il vero sesso debole), che siano donne (decisioniste e leader nate), i personaggi sono mossi e pervasi unicamente da istinti, pulsioni e bramosie personali incoercibili, che inevitabilmente si abbattono sul mondo circostante come tempeste distruttrici. Roberta agisce con arroganza e sopraffazione, Simona non è da meno, anche se preferisce colpire al momento giusto ed in modo chirurgico; Francesca soddisfa esclusivamente il proprio ego e interpreta la vita all'insegna del carpe diem; Diana gestisce amori, patrimonio ed avvocati come una provetta ragioniera. Le figure maschili si suddividono tra l'editore del magazine, dominato sessualmente da Roberta, e Giorgio, apparentemente innocuo e perbene, e tuttavia affascinato dalla spietatezza della vendicatrice Simona, capace di prendere il toro per le corna come lui non ha mai osato fare.

Una vicenda semplice e lineare ma questo non deve trarre in inganno, poiché la grazia di Fratter sta nel rendere lieve e soffice eppure spumeggiante e briosa al contempo la sua narrazione, senza farne avvertire il peso allo spettatore e senza neppure peccare di inconsistenza o superficialità. Tutto è ben calibrato, invitante al punto giusto. La generosa profferta di nudi dell'intero cast femminile aggiunge sicuramente del pepe. Come accade al suo Giorgio, Fratter circonda pure lo spettatore di opere d'arte. Elegantissima la Palco, sontuosa e potente la Volpi, insidiosa la Di Simone, felina la Rubes, di porcellana la Lys. Esteticamente parlando, alcuni passaggi sono assolutamente di gran pregio, i titoli di testa ad esempio, i meravigliosi controluce che scolpiscono (ulteriormente) le forme della Volpi, la photo session della Lys, degna del set di un vero fotografo professionista, gli arredi e gli ambienti dell'appartamento di Roberta. Forse la parentesi che mi ha meno convinto è quella del night club; al netto delle arti seduttive della Rubes, tutta quella parte sulle prime sembra essere un po' "appiccicata" sic et simpliciter al resto della storia, mentre invece, dandole l'adeguato respiro, rivela come uno scrigno al proprio interno un momento fulminante (e in quello probabilmente risiede la sua vera ragione d'essere), ovvero l'esibizione della Rubes che fa da contraltare alle violenze predatorie subite dalla Volpi. Fratter interrompe qualsiasi rumore, nessuna musica, solo il respiro disperato della Volpi, mentre i fotogrammi che la riguardano si alternano e si sovrappongono a quelli della Rubes. Un corto circuito molto intenso che ci mostra da una parte un consapevole e ammiccante uso del proprio corpo, dall'altra - agli antipodi - un corpo altrettanto sensuale che però è vittima inconsapevole e dissenziente del desiderio altrui. L'unico momento drammatico all'interno di un contesto altrimenti ludico e brillantemente erotico.

Trailer ufficiale

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