C'era un film di Luigi Scattini chiamato Il Corpo, con Zeudi Araya, un dramma esotico che naturalmente si incarnava nelle fattezze d'ebano dell'attrice eritrea (poi naturalizzata italiana). Ecco, Delizia di Joe D'Amato, è "il corpo" di Tinì Cansino. E' solo il corpo di Tinì Cansino verrebbe da dire, perché al di là di quel monumento all'onanismo non c'è molto altro da aggiungere. Massaccesi escogita un'operazione (molto pragmatica e commerciale, come spesso gli confaceva) mettendo assieme vari rivoli. Da una parte l'esito esangue e sfilacciato della commedia erotica samperiana iniziata con Malizia (verso il quale c'è persino un'assonanza nel titolo), con ambientazione familiare, un giovanotto da svezzare (qui cresciutello per la verità) e tutto il corredo delle ipocrisie perbeniste di provincia. Quindi l'erotismo sfacciato ed esibito della Cansino, un'attrice-non-attrice la cui unica funzione è essere in scena, far percorrere il suo corpo dalla macchina da presa. Accade a tal punto da non ritenere neppure necessario doppiare la showgirl greca, che pure ha nella dizione il suo tallone d'Achille più marchiano ed ineluttabile. Infine la derivazione televisiva del prodotto, visto che la Cansino arriva da Drive In e tutti i vari personaggi giovani e "giovanilistici" del film parlano il gergo paninaro portato alle sue estreme conseguenze, fino all'autoparodia involontaria. Probabilmente Enzo Braschi è stato il tutor fuori scena di ognuno di quei ragazzi perché davvero pare di sentire all'opera il suo "paninaro very schioppettesciòn". Locuzioni come "spararsi il breakfast", "avere il ferro in malattia" (la moto in riparazione), "fare una figura di budino", "sgargarozzarsi" il cibo, baciarsi facendo una "trapanazione linguale con suono stereofonico", "dragare con la company", far "montare sul ferro" (sempre la moto) la "sfitinzia", essere circondati da "compilation di galli, truzzi, cucador e tamarri", "allumare" una donna, etc.etc. sono il minimo sindacale previsto in sceneggiatura, assieme a camicie dai colori sgargianti, toppe sui pantaloni, moto Cagiva, walkman con cuffie perennemente in testa e tutto l'armamentario confacente alla tribù dei paninari anni '80. D'Amato insomma mira ad un target preciso, per età e scelte catodiche e dentro ci butta le grazie di Tinì Cansino (e pure di Adriana Russo per la verità), che male non fanno.
La trama è esile come una lisca di pesce (il contrario della bella Photina Lappa, vero nome della Cansino), Carol - in arte Delight - torna in Italia dagli Stati Uniti per ereditare un castello e rivenderlo al miglior offerente. Tempo di sbrigare tutte le pratiche ed è già sull'aereo per riprendere i suoi consueti servizi fotografici come modella di nudo e lingerie. Per quel poco che passa in Italia, sconvolge la famiglia Provenzano, nella quale due fratelli si contendono l'attenzione della ragazza, un affermato yuppie già fidanzato con la Russo, ed uno studentello "sbarbato" ma molto volitivo. Tutti gli amici li invidiano e sperano di poter mettere le mani sul décolleté della Cansino, il cui boyfriend (Antonio Zequila) se la spassa intanto negli States con Laura Gemser. Ogni cambio di scena è scandito da un cambio d'abito della Cansino (perlomeno finché non se lo leva), disperatamente alla ricerca di tenere adeguatamente a freno i seni, che sgorgano tumultuosi da ogni dove Quando Carol non ammicca e non civetta di suo, ci pensa direttamente il giovane Provenzano ad avere visioni erotiche e sogni ad occhi aperti, col risultato che ogni momento è quello giusto (come "crema e gusto") per vedere la Cansino che seduce lo spettatore.
Delizia è un film vuoto, con dialoghi risibili ed una regia che non fa onore a Massaccesi, spicciola ed anonima. Tutto attorno alla Cansino, ma l'intenzione è scoperta a tal punto da diventare eroica. Delizia è modestissimo da un punto di vista filmico, e tuttavia è un guilty pleasure irrinunciabile per il suo essere fuori tempo massimo, per la sua pacchianeria kitsch e per il tasso di sesso che la Cansino era in grado di emanare all'altezza del 1987, una vera macchina da guerra, comunque la si pensi sulle sue doti di attrice, sulla sua voce e sulle sue ambizioni. Lo stesso Drive In chiuderà i battenti un anno dopo, sancendo la fine di quegli anni '80 che in molti ricordano con malcelata nostalgia. Il film venne distribuito nei cinema a partire dal giorno di San Valentino del 1987. Spezzo una lancia per Adriana Russo, qui super sexy anche se messa in ombra da Afrodite in persona. Accreditata anche Carmen Di Pietro ma si fa fatica a riconoscerla visto che ancora era "normale".