Blue Movie

Blue Movie
Blue Movie

Film shock, estremamente politico tanto nella forma quanto nei contenuti, ma soprattutto pellicola complessa, ostica e molto difficile da digerire per un pubblico non adeguatamente preparato riguardo alle immagini che lo schermo avrebbe sputato. A sentire Cavallone, Blue Movie ottenne in realtà anche un certo successo al cinema, segno che evidentemente il pubblico non va mai sottovalutato, o anche - più prosaicamente - che, al di là del discorso politico del film, un certo richiamo sexy il film lo esercitava sugli spettatori degli anni '70, al netto di tutto l'impegno e le sovrastrutture intellettuali richieste. Si perché Blue Movie ha la curiosa peculiarità di offrire ciò che rifiuta; l'impianto del film è in aperta contestazione col cinema erotico, paradossalmente l'erotismo di Blue Movie è anti erotico, ideologicamente antierotico, e tuttavia non prescinde dall'erotismo. Un bel corto circuito. Chi voleva capirlo, si imbrodava di tanta speculazione filosofica, chi invece non voleva o non poteva, si faceva bastare le scene (anche hard) presenti nella pellicola.

La storia è quella di Claudio, un fotografo cinico, nichilista e disilluso, che dopo aver trascorso molto tempo a stampare fotografie di guerra, si dedica a servizi fotografici propri seguendo una teoria del non bello a cui si sente profondamente legato. Non ne può più della finizione del mondo circostante, dell'ipocrisia e della bellezza obbligatoria, pertanto ritrae barattoli e nature morte fatte di oggetti inanimati. Non solo, ricorre a modelle da seviziare, riducendole allo stato di oggetti e trattandole come bestie. Solo così sente di fotografare il "vero". Le implicazioni concettuali sono praticamente infinite, e tutte legate agli anni di produzione del film (che è del '78). Claudio (Maran) è incapace di coltivare rapporti umani, è arrogante, violento, freddo; lava la faccia brutalmente alle modelle per togliere loro il make up, le tiene in stato di cattività, se ne serve per soddisfare i suoi istinti sessuali ma al contempo le obbliga ad un avvizzimento progressivo. Pretende che esse producano escrementi e liquidi organici, di cui poi eventualmente si serve per le sue composizioni fotografiche.

Fondamentalmente Claudio è un disadattato, anche e soprattutto a seguito della sua contiguità con le brutture della guerra. Il film è insertato di immagini documentaristiche provenienti dall'est asiatico, vittime giustiziate con pallottole dietro la nuca, bonzi che si danno fuoco in mezzo alla strada, volti di sofferenza e sevizie a profusione. Tutto questo nell'Occidente opulento di Claudio non c'è, o almeno è ben nascosto; ecco che il fotografo si incarica di svelare la realtà, e per farlo deve ricondurla alla bruttezza, alla violenza, alla cattiveria, in definitiva alla morte. Una lattina è una lattina - dice - non ci si aspetta altro da essa, e questa è la sua bellezza. Claudio avanza costantemente in bilico tra allucinazioni e simbologie. Tre sono le donne che gli ruotano attorno: Daniela (Danielle Dugas), una tizia svalvolata vittima di stupro, che cerca in lui protezione e riceve in cambio di essere sequestra; Silvia (Dirce Funari), la sua modella; Leda (Leda Simonetti), una terremotata che è senza casa e senza lavoro, e che diventa la sua segretaria tuttofare. Leda in particolare era intesa da Cavallone come una sorta di coscienza incarnata di Claudio, ed il fatto che fosse una terremotata senza dimora la dice lunga. Tutte e tre le ragazze subiscono la dominazione fisica e psicologica di Claudio, in un rapporto che ha molto anche di "politico". Il marxismo è sempre dietro l'angolo in Blue Movie, fino alle sue più radicali ed estreme conseguenze.

Gli insert presenti nel film non sono solo quelli documentaristici, ci sono pure quelli hard. Il film fino a poco tempo fa è stato una specie di "culto impronunciabile", vista la sua irreperibilità (in formato integrale), oltre alla sua devianza morbosa. RaroVideo lo ha recentemente editato, corredandolo di un nutrito comparto extra che comprende proprio alcune di quelle scene escluse dai cut più rigidi; scene che altro non sono se non un naturale e fisiologico prolungamento del discorso narrativo ufficialmente licenziato nella pellicola finita in sala. Maran racconta che Cavallone era ben disponibile a girare ciò che succedeva tra gli attori, hard o soft che fosse, dipendeva solo dalla disponibilità ultima degli stessi. Sempre Maran dice però anche che, ad esempio, le sue scene spinte con la Funari non hanno mai superato certi limiti (per indisponibilità della Funari), e che quindi solo successivamente Cavallone deve aver aggiunto il materiale ulteriore, sempre ricorrendo alla troupe che aveva realizzato il film (e infatti la Funari, gira e rigira, c'è). Momenti forti, certo, ma tutto sommato omogenei al film, nulla che stoni veramente, considerato il contesto, anzi persino funzionali al messaggio che Cavallone intendeva esprimere.

Il commento sonoro è appannaggio di Bach e Offenbach, che incorniciano fotogrammi onirici e psichedelici, Non di rado pare di sentire l'eco di Kubrick e della sua Arancia Meccanica. Mentre il titolo  - per altro negli States con "blue movie" si intende il cinema a luci rosse - omaggia Andy Warhol che nel '69 girò un'ominima pellicola. Si è parlato anche di rivisitazione sadica della poetica degli oggetti di Antonioni, e di variazione sul tema pasoliniano di Salò (Mereghetti). Davvero complesso e fuorviante il montaggio del film, volutamente involuto, con immagini che spesso anticipano accadimenti successivi (come quando Danielle trova nel frigo i pacchetti di sigarette pieni di feci, o prova a bere la Coca dalla lattina scoprendo che si tratta di ben altra sostanza; o ancora come quando il finale del film pare chiudere circolarmente la storia, recuperando l'inizio). In odore di cinema verità, Cavallone si serve di attori non attori, come Maran (qualche presenza nel mondo dei fotoromanzi) e le tre ragazze, tutte scelte prevalentemente per la loro propensione al nudo (e oltre). La messa in scena è poveristica, frugale, urgente ed immediata, come molti primissimi piani e dettagli, a significare l'estremo verismo, quasi cronachistico, della vicenda, nonché il trionfo di un punto di vista soggettivo su quello oggettivo (che poi è ciò che spinge Claudio nelle sue convinzioni). Giudicare il confine tra provocazione e radicata convinzione attiene unicamente alla sensibilità dello spettatore, sfidata pesantemente dalle scene di defecazione, minzione e sessualità dal vero. La metafisica regna sovrana in Blue Movie, e in ogni fotogramma fa a cazzotti con una realtà cruda e avvilente. La risoluzione finale starà in una morte catartica (ma, al contempo, nient'affatto liberatoria).

Trailer ufficiale

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