Blue Jeans

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Tra il 1974 ed il 1975 Gloria Guida era la reginetta delle minorenni inquiete, 6 titoli tutti con la stessa tesi di fondo, la ragazzina dimostrava più anni di quelli che aveva, era spigliata, maliziosa e aveva una particolare predilezione per gli uomini maturi. Su questi assunti nascevano La Ragazzina, La Minorenne, Quell'Età Maliziosa, Blue Jeans, Peccati Di Gioventù (variazione in territorio lesbo), La Liceale, ma anche Il Solco Di Pesca (del '76), per non parlare del cultissimo di Di Leo Avere Vent'anni, uscito tre anni dopo che la maggiore età era stata portata da 21 a 18. In quel fatidico biennio la Guida minorenne lo era per davvero, dunque anche in Blue Jeans, seconda pellicola con Mario Imperioli, col quale aveva esordito in La Ragazzina. Dopo le prime prove, la bionda meranese si "afferma" - per così dire - proprio con questo film, ritenuto da molti uno dei suoi migliori e più significativi; immagino per le grazie messe in mostra perché, ad onor del vero, si tratta di un film a tratti scialbo e monocorde. Ma andiamo per ordine.

Daniela Anselmi è nota negli ambienti della prostituzione come Blue Jeans, il suo nomignolo di battaglia derivante dalla sua abitudine di indossare degli attillatissimi shorts di jeans. Mentre si intrattiene con l'ennesimo cliente, è fermata e portata in Commissariato dalla Polizia. La ragazza vive abbandonata a se stessa, viene dunque reperito il presunto padre (allontanatosi anni addietro) perché se ne prenda cura, fino all'eventuale disconoscimento legale, che consentirebbe alla ragazza di tornare per conto proprio. Carlo Anselmi (Paolo Carlini) porta con sé Daniela presso il castello dove dimora temporaneamente, occupandosi dei lavori di restauro dell'ambiente. Qui c'è anche Marisa (Annie Carol Edel), attuale compagna di Carlo. Tra i tre si instaura subito un rapporto complicato. Marisa non vede di buon occhio la fin troppo invadente ragazzina cresciuta, Daniela fa di tutto per mettere a disagio il menage della coppia e Carlo, da parte sua, si ritrova nel mezzo, non del tutto indifferente alla sensualità della figliastra. Giorno dopo giorno, Daniela conquista il padre, portandolo dalla sua parte, fino a che un nuovo ospite si insedia al castello. - SPOILER: è Sergio Prandi (Gianluigi Chirizzi), un vagabondo che si finge muto e che in realtà è il vecchio pappone di Daniela. Sergio la ricatta, intendendo uccidere Carlo Anselmi e spartirsi l'eredità che toccherebbe alla figlia. Dapprima Daniela, intimorita dal suo aguzzino, sembra adeguarsi alle sue richieste, tuttavia al momento opportuno salva la vita al padre. Sergio finge di voler lasciare il castello ma, armato di una pistola, tenta un ultimo assalto a Daniela. Carlo sopraggiunge proprio mentre Daniela cerca di respingere come può la violenza del suo pappone, e scopre così ogni inganno, ricevendo in cambio una sventagliata di proiettili mortali. Daniela, minacciando Sergio con la stessa arma, riesce a farlo cadere nella trappola che era stata originariamente preparata per il padre, uccidendolo. L'ultima scena ci consegna nuovamente il fondo schiena col quale tutto era iniziato, insaccato nei mini shorts e pronto a riprendere la solita vita sulla strada.

Il primo fotogramma del film è diventato il simbolo stesso della pellicola ed oltre, incarnando (letteralmente) un genere, un filone, una "filosofia" di celluloide, oltre che rimandare come sineddoche alla stessa bellezza sfolgorante di Gloria Guida. Quegli shorts sono palesemente piccoli per il sedere che li indossa ed anche i trampoli sui quali viene issata la povera Gloria quasi non le permettono di camminare. Ne viene fuori una silhouette indubbiamente molto sexy ma anche assai improbabile, per andatura e facilità ai malanni di stagione (i cm di epidermide coperti sono il minimo sindacale). Ma in fondo, a noialtri spettatori, che ce frega, non siamo mica a testare il livello di attendibilità scientifica di quello che ci viene proposto; il cinema è magia, finzione, narrazione, immaginazione, sogno, ed è fuori discussione che quella mise abbia fatto sognare (e continui ancora oggi) ogni spettatore appartenente al genere maschile. Tutti tranne il critico di Paese Sera che, il 27 giugno 1975, sulle pagine del suo eminente giornale scrive: "sembrerebbe che sia stato fatto tutto al risparmio: un castellotto diroccato come unica scenografia, un Paolo Carlini azzimato come padre-seduttore, una donzella né brava né bella, Gloria Guida, che mostra alcune procacità tendenti (assai) alla obesità, e per finire, una trama trita e ritrita. (...) Finale tragico, stonato come tutto il film." Al netto delle sue valutazioni sul film, di stonato più che altro c'è la sua attribuzione di obesità alla Guida. Roba da non credere, altro che Miss Italia! Ora, i casi sono tre: 1) il critico di Paese Sera era in realtà una donna, e pure invidiosa; 2) il critico di Paese Sera era maschio, ma omosessuale; 3) il critico di Paese Sera si era talmente sfinito di oppiacei durante lo studio matto de Il Capitale di Karl Marx da non distinguere più la realtà dal mondo della psichedelia acida nel quale era piombato. Non è altrimenti spiegabile come il corpo della Guida ventenne potesse essere percepito da qualcuno come "tendente (assai) all'obesità".

Il film di per sé non è questo granché. Si dimena fra tre percorsi differenti; inizia come una storiella giovanilistica, prosegue come una rodata commedia sexy, termina con un finale drammatico e un po' patetico, all'interno del quale trovano spazio elementi criminali e vagamente thriller. Che Imperioli volesse spiazzare il pubblico di proposito o che abbai diretto un film senza saper bene dove andare a parare (e magari confidando perlopiù sulla forza dirompente del deretano della Guida) non è dato sapere, fatto sta che Blue Jeans diventa un titolo di difficile catalogazione perché pesca di qua e di là ma non è né carne ne pesce. E soprattutto per 3/4 è anche noiosetto. La bellezza della protagonista è l'unico caffè che tiene sveglio lo spettatore, per il resto la sceneggiatura è lenta, vuota e prevedibile. Solo con l'arrivo a castello di Chirizzi la vicenda si ravviva un po', anche se pure il finale ha le sue pecche. Poco credibile che la Guida non si ribelli, fondamentalmente non avrebbe avuto nulla da perdere, anzi. E la scena della sparatoria è goffa ed imabarazzante, la morte di Carlini è tra le più ridicole che si siano mai viste su grande schermo, roba da serie z turca. Rimangono agli atti le scene bollenti della Guida, i primissimi piani del suo di dietro (con e senza shorts), il suo amplesso con l'attempato Carlini, le musiche di Nico Fidenco, ed un ritratto d'ambiente che coglie abbastanza fedelmente i pruriti dell'epoca, con quei blue jeans che sembrano replicare (e in qualche caso anticipare) molti cartelloni pubblicitari spuntati come funghi delle nostre città. Il personaggio di Daniela Anselmi non è semplice; ovvio che il pubblico si affezioni a prescindere alla Guida, ma la sua lolitina è tutt'altro che una figura positiva, anzi opportunista, un po' meschina e moralmente assai "elastica" (un prodotto di un ambiente familiare disagiato). Il suo contrapporsi a Chirizzi nella seconda parte la rende più umana, a parziale riscatto delle furberie e della superficialità messe in evidenza in precedenza.

Trailer ufficiale

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