Amore Vuol Dir Gelosia

Amore Vuol Dir Gelosia
Amore Vuol Dir Gelosia

Coproduzione italo spagnola affidata alle mani di Mauro Severino, regista televisivo, documentarista e artefice di un numero ristretto di pellicole tra il '62 ed il '78 tra le quali cito volentieri Travolto Dagli Affetti Familiari con Buzzanca e Gloria Guida, commedia non commedia con la presenza di una diva del cinema sexy dell'epoca. Grossomodo la stessa etichetta che si potrebbe assegnare a questo Amore Vuol Dir Gelosia, di tre anni prima. L'impianto di base è proprio quello della commedia, con elementi persino ai limiti dello slapstick; di fatto però si ride molto limitatamente, in parte perché il film non si rivela essere questo grande capolavoro, in parte perché, al di là delle intenzioni, più che una commedia Amore Vuol Dir Gelosia è una pellicola amarissima, paradossalmente drammatica e disperata. Gli aspetti comici congiurano, ad insaputa o meno di attori e regista, nella direzione di un film triste e senza speranza (come atmosfere), persino depressivo. Inquadrata in tal senso, la storia è riuscitissima, solo che viene il dubbio che questo fosse effettivamente il bersaglio fissato da Severino sin dall'inizio.

Gian Galeazzo Silvani Abruzzo (Enrico Montesano) è un dentista che vive a Procida con la sua famiglia modello, l'irreprensibile moglie farmacista Licia (Milena Vukotic), la prole, madre e suocera entrambe vedove, nonna e cameriera. Un mondo al femminile del quale è succube, per di più ulteriormente appesantito dall'osservanza quasi militare di precetti morali e religiosi (nel contesto di un Meridione culturalmente preistorico). Come nuovi dirimpettai arrivano da Gallarate un vigile (Gino Santercole) e la moglie Corinna (Barbara Bouchet) ex miss di bellezza. Questa novità (da intendersi soprattutto nelle forme travolgenti della Bouchet), irromperà come un'eruzione vulcanica nella vita e nella psiche di Gian Galeazzo, mandando in frantumi il suo codice di precetti, dogmi, leggi e regole.

A mio modesto parere, il primo intoppo del film è il cast. Montesano è decisamente fuori parte. E' vero che ad inizio carriera la sua comicità - e conseguentemente la sua recitazione - era più spostata sulla stupidera, un approccio più che altro fisico, parodistico, persino imitativo nei confronti di Jerry Lewis, con situazioni scioccherelle e stupidine, da risata immediata ed evanescente, tuttavia qui la sua verve è frustrata, il personaggio non è affatto nelle sue corde e si vede. Aggiungasi la cadenza dialettale campana, sempre sotto sforzo. Milena Vukotic è un gigante, come sempre, capace di interpretare qualsiasi ruolo in carriera, compreso questo (affatto facile); ma anche nel suo caso un incomprensibile (nonché insostenibile) doppiaggio con forte accento rovina la performance. La Bouchet sta a metà strada; per essere una commedia con risvolti morali e sociali, la sua presenza spinge troppo sul sexy, con alcune scene (soprattutto sul finale, si pensi all'incontro malandrino con Montesano sulla spiaggia) degne di un Emanuelle di Joe D'Amato. Il sedere di Barbarella è mostrato a profusione, non viene risparmiato neppure un centimetro di curve ed epidermide. Anche i seni sono in bella mostra e pure la Vukotic ad un certo punto offre generosamente i propri a Montesano (ed al pubblico). Comprensibile dunque la scelta di un'attrice ben disposta verso il nudo e le scene di coppia, forse però qui alla Bouchet manca quello spessore in più per dare una personalità a tutto tondo alla sua Corinna, tutt'altro che una semplice sciacquetta. Come se non bastasse, va aggiunta al mucchio pure "la macellaia" (Ada Tauler), pure lei coinvolta in scene erotiche, nel suo caso con Santercole. Tra queste quella nella penombra della macelleria, tutt'altro che timida.

Scelte di cast a parte, il film arriva allo stomaco dello spettatore più per l'agghiacciante situazione esistenziale dei protagonisti che per la cornice buffa che li contiene. Viene facile immaginare un paesino del genere nei primi '70 da qualche parte in Italia, al sud come nel profondo e sperduto nord. Ipocrisie, ottusità, perbenismo, conformismo, bigotteria, valori bacchettoni e superficiali, spesso di facciata. Basta vedere cosa accade alla povera Vukotic una volta emerso il tradimento (neppure consumato) del marito. La donna impazzisce completamente, esasperando i propri comportamenti all'opposto rispetto a prima, da madonnina santa a donnina di bordello. Le scene in cui assale letteralmente Montesano come un animale predatore, nel tentativo di essere posseduta, dovrebbero far ridere ma fanno gelare il sangue nelle vene perché sono lo specchio di un delirio psicotico indotto da decenni di arretratezza e povertà culturale. La reputazione è tutto, la forma precede la sostanza, e perse queste tanto vale buttarsi dalla finestra. Il finale del film è atroce, come tutto ciò che lo ha preceduto. Gian Galeazzo fa pena, ed altrettanto dicasi per Corinna e Licia. Tutti gli altri comprimari sono dei sepolcri imbiancati con la frase fatta sempre pronta in bocca, il vuoto assoluto, il nulla, l'entropia umana ed emotiva. Sotto questa lente il film è eccellente, ma non avrebbe dovuto far ridere?

Trailer ufficiale

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