A distanza di 16 anni dal suo ultimo Alla Fine Della Notte, Salvatore Piscicelli torna al cinema e lo fa adattando il suo romanzo Vita Segreta Di Maria Capasso del 2012. Ritorno più gradito non ci sarebbe potuto essere, almeno per il sottoscritto, sia perché sono un grande estimatore del regista partenopeo dai tempi di Le Occasioni Di Rosa (1981), sia perché nel far questo Piscicelli ha scelto come protagonista Luisa Ranieri, forse l'attrice italiana più interessata in questo momento, almeno a mio modesto avviso (e soprattutto quando non si dedica alle petulanti ed insulse commedie del cinema italiano). Il film in sala è uscito per modo di dire, l'ho aspettato a gloria nella mia città dopo che il trailer era cominciato a circolare. Sullo schermo bianco non è mai arrivato e da una rapida ricerca su internet mi pare che, fuori da alcune specifiche proiezioni in Campania, la pellicola abbia subito la stessa sorte un po' su tutto il territorio nazionale, un numero centellinatissimo di copie per pochi fortunati. Non avendo per il momento alcuna distribuzione homevideo, e trattandosi di una coproduzione con Sky, è almeno possibile oggi recuperare il film sulla piattaforma (a pagamento). Meglio tardi che mai, anche perché Piscicelli e la Ranieri non tradiscono le attese, Maria Capasso è un'altra ottima prova del regista di Pomigliano D'Arco. Non conosco le eventuali differenze rispetto al libro ma il film è crudo e duro, nello stile di Piscicelli, anche se, rispetto ad altre produzioni del passato, aggiunge un tocco più modernamente glamour.
Maria Capasso è un'estetista con marito e tre figli. Il compagno muore per un cancro allo stomaco e la donna deve fronteggiare la nuova situazione, soprattutto da un punto di vista economico. Si appoggia ad un cliente del suo centro estetico, un facoltoso imprenditore che l'ha sempre corteggiata. - SPOILER: l'uomo si rivela essere un affiliato della Camorra. Maria affatto turbata dalla situazione, decide di approfittarne e trarne ogni utile vantaggio possibile, anche quando l'uomo inizia ad interessarsi alla figlia Angela, ancora minorenne.
Luisa Ranieri apre e chiude il film guardando diretta in camera e parlando con lo spettatore, presenta e chiosa la sua storia, precisando però che dell'opinione altrui non le interessa letteralmente un *****, abbiamo subito la cifra del personaggio Maria Capasso, donna forte, tenace, volitiva, "unbreakable", per dirla alla Shyamalan. Lo stile narrativo di Piscicelli rispecchia la protagonista, le si mette accanto, ne rappresenta il punto di vista, dunque la narrazione scorre energica, asciutta, diritta al punto, maledettamente efficace ed incisiva, mai inutilmente affaccendata in dettagli secondari, proprio come lei. Maria Capasso non perde tempo, fa la cosa giusta al momento giusto, è veloce di testa e di mano, pare nata per muoversi tra le righe, nonostante di partenza sia una madre ed una lavoratrice dipendente come tante, anonima, sempre in equilibrio in una routine economica e familiare complicata. Ne seguiamo l'evoluzione e la capacità di adattamento; in questo c'è un prima piccola critica che mi sento di muovere al film e che molto probabilmente deriva dalla ristrettezza che 90 minuti di pellicola devono imprimere rispetto alle pagine di un romanzo. Maria Capasso passa nel volgere di un paio di scene dal pianto disperato per la malattia del marito alle lenzuola di Gennaro (Daniele Russo). Maria coglie l'opportunità con una rapidità ed una versatilità fenomenali, forse fin troppo fulminee a livello emotivo e psicologico. E' vero che Gennaro per lei è un portafoglio che cammina, ma a tratti Maria sembra anche sfruttarlo come fuga dalla realtà, una realtà dolorosa e opprimente. Legittimo, comprensivo, ma troppo subitaneo.
Una volta intrapresa la vita criminale, Maria Capasso dimostra doti degne di un boss e gestisce ogni situazione a proprio vantaggio, soverchiando il suo stesso mentore. Gli sguardi di ghiaccio della Ranieri sono da pelle d'oca, tanta bellezza e sensualità (avvolte sempre in mise scure se non total black, da perfetta dark lady), coniugate ad una freddezza marmorea, la rendono un personaggio epico e potente. L'impronta thriller ai limiti del noir dà molto ritmo e dinamismo al film, che rifugge in ogni modo retorica, patetismo e ampollosità, per rimanere sobrio e tagliente. Centrale anche il rapporto della protagonista con i figli, ed in particolar modo con Angela (Marcella Spina), che da un certo momento in poi diverrà una chiave di volta delle vicende della famiglia Capasso. Il finale probabilmente risente nuovamente della necessità di convogliare un intero libro dentro i confini angusti di un film, poiché Piscicelli risolve con una voce narrante che racconta cosa è accaduto e ci mostra una Maria Capasso "arrivata", con tutte le tessere del puzzle definitivamente sistemate al proprio posto di pertinenza; Maria si congeda dal pubblico al quale è stata raccontata la sua storia. Avrei preferito che gli eventi fossero stati esplicitati e non riassunti, voce narrante e racconto a volo d'uccello di mesi o anni di vita sono strumenti sempre un po' facili ai quali fanno pigramente ricorso registi meno dotati di Piscicelli.
Per la Ranieri non deve essere stato semplice interpretare la Capasso, una donna in chiaroscuro, un personaggio in parte - o forse totalmente - negativo. La sua excusatio non petita suona insincera. Maria Capasso non fa ciò che fa per amore, perlomeno non del tutto (e comunque quell'amore è anche verso se stessa): Maria è calcolatrice, antepone la ragion di stato ad etica e morale, include la propria famiglia nella scacchiera usandone i membri come pedine, passa dalla manicure all'omicidio con estrema naturalezza, sa fingere davanti ai poliziotti e non trascura mai di occultare le prove. Lusia Ranieri doveva trovare il giusto e sottilissimo equilibrio nel rendere la sua Maria affascinante ed empatica, evitando che ne emergesse solo la spregevolezza. Obbiettivo raggiunto. Nel film viene appellata "piccolo squalo", il che è sostanzialmente vero, la Capasso è un piccolo squalo in un vasto mare di squali assai più grandi di lei, ma ciò non toglie che di partenza la Capasso nasca squalo e sappia farsi strada traendo esperienza da ogni situazione. Se per un verso la protagonista parte come una sconfitta della società, appartenente al ceto medio-basso, alloggiata in una casa popolare, diventata vedova con tre minori a carico e messa spalle al muro anche sul posto di lavoro, è altrettanto vero che il dna della Capasso sembra ampiamente strutturato per ribaltare una cornice del genere e, nel farlo, lasci anche trasparire un certo gusto ed un certo autocompiacimento. Il che, intendiamoci, rende il personaggio assai più sfumato ed interessante, ancorché discutibile su di un piano sociale e morale.