Tra gli ultimi film girati da Billy Wilder in carriera c'è questa particolarissima biografia del noto detective creato da Sir Arthur Conan Doyle. Pare che Wilder avesse una vera e propria ossessione per questa pellicola ed è facile comprendere il perché, si tratta di uno splendido pezzo di arte cinematografica che nell'immediato non riscosse le attenzioni ed il successo che avrebbe meritato e dunque, come tutti i figli incompresi, ingenerò nel proprio genitore un senso di affetto e protezione molto forte. A questo va aggiunto il fatto che Wilder era un grandissimo estimatore delle imprese di Sherlock Holmes e che aveva sempre accarezzato l'idea di poterne trarre un film. La sceneggiatura non è ricavata da alcun racconto di Doyle, è stata appositamente creata per il film anche se ovviamente raccoglie molti dei topoi holmesiani e li usa a proprio arbitrio. La selezione propende verso i tratti più deboli e malinconici dell'indagatore. Lungi dal volerne celebrare l'infallibilità e i talenti ai limiti dell'umano, Wilder mira invece a ritrarre le fragilità di Sherlock Holmes. Vediamo Holmes perso in piccolezze quotidiane, mentre fa il bagno in vasca, mentre mette il broncio come un bambino, mentre suona in modo annoiato e svogliato il violino. Lo vediamo protagonista delle indagini di un caso che non saprà risolvere e durante il quale finirà ingannato da una spia. Un fallimento su tutta la linea, se non fosse per il fatto che la sconfitta esalterà tutta l'umanità di Holmes, solitamente negata dai suoi mirabolanti e impeccabili successi.
Wilder ha il tocco ironico, dolente e delicato. Non fa pietismi né trionfalismi, usa un registro sottile, elegante, molto saggio. Certo lo aiuta la fantastica interpretazione di Robert Stephens, discepolo di Laurence Olivier, attore shakespeariano e tendenzialmente depresso (tentò il suicidio durante le riprese e questo costrinse la Produzione ad allungare i tempi), uno Sherlock Holmes estremamente credibile, ma anche quella del resto del cast, a cominciare dal Dr. Watson (Colin Blakely), dalla fascinosa Geneviève Page e da Christopher Lee (che nel film interpreta Mycroft Holmes, il fratello di Sherlock, stavolta assai più astuto, lungimirante e razionale del celebrato detective). La prima scelta per la coppia di protagonisti prevedeva Peter O'Toole e Peter Sellers, rispettivamente come Holmes e Watson. Deliziosi anche molti personaggi di contorno, come l'ossuta e severa ballerina russa Madame Petrova (la vera ballerina e coreografa di origini russo-georgiane Tamara Toumanova) o la Regina Vittoria in persona (Mollie Maureen). La storia è molto ben strutturata e si intreccia brillantemente con fatti di cronaca storica. Le atmosfere sono immensamente suggestive, vuoi per il tratto narrativo di Wilder, vuoi per le ricostruzioni d'ambiente, i costumi, le musiche. E' tutto al posto giusto nell'arco di queste due ore circa di pellicola.
Holmes è un misogino, cocainomane, represso. Wilder originariamente voleva esplicitarne l'omosessualità, ma non osò sfidare fino a tal punto il pubblico. Eppure vedendo il film si capisce chiaramente che le intenzioni erano quelle, tanti dialoghi sospesi, situazioni e silenzi vogliono andare in quella direzione, anche se poi l'accusa non viene formalizzata in alcun fotogramma preciso. Vita Privata Di Sherlock Holmes è davvero uno strano film nel quale si percepisce molto di più di quanto viene detto, c'è uno spessore di profondità che va oltre e che si avverte in modo inconscio, subliminale, emotivo; un lavoro molto personale di parte di Wilder, estremamente maturo e complesso (psicologicamente). L'occasione di approcciarsi con un'ottica insolita e originale ad un personaggio altrimenti estremamente inflazionato.