Troppo Rischio Per Un Uomo Solo

Troppo Rischio Per Un Uomo Solo
Troppo Rischio Per Un Uomo Solo

Troppo Rischio Per Un Uomo Solo è il film che Luciano Ercoli dirige dopo un filotto di pellicole eccezionali come Le Foto Proibite Di Una Signora Per Bene (1970), La Morte Cammina Con I Tacchi Alti (1971), e La Morte Accarezza A Mezzanotte (1972). A questo film con Giuliano Gemma protagonista ci arriva evidentemente un po' svuotato perché il risultato finale non è all'altezza del nome che Ercoli si è fatto con i suoi lavori precedenti. Abbandona il giallo thriller, con punte anche vagamente erotiche, è si butta in un film che ha si elementi thriller ma annacquati nel genere di avventuroso, con molta azione e molta commedia. Quelle di Giuliano Gemma pilota di Formula 1 sono vere e proprie avventure rocambolesche, una corsa ad ostacoli per battere i cattivi e salvarsi la pelle. C'è chi l'ha definito un western sotto mentite spoglie, ovvero traslate la stessa vicenda in un contesto western e la sceneggiatura di Troppo Rischio Per Un Uomo Solo potrebbe stare tranquillamente in piedi. Questo anche grazie a facce che al western debbono qualcosa, come Gemma, Venantini o Michael Forest, il villain della situazione. va detto che uno dei motivi per cui il film non convince troppo è proprio la mancanza di spessore dei personaggi. Non ci sono figure femminili di particolare rilevanza, elemento che nel cinema di genere è affatto trascurabile. C'è Stella Carnacina d'accordo, ma ha un ruolo tutto sommato minore (e con una insopportabile erre moscia artefatta), e c'è Susan Scott che Ercoli (suo marito) si brucia subito all'inizio in una particina quasi anonima. Poi diventa una storia di uomini. Il cattivo, o i cattivi che dir si voglia, non lasciano minimamente il segno. Gemma fa il suo, ma è un Terence Hill imparentato con Luc Merenda, un personaggio guascone, piacione, donnaiolo con la faccia da schiaffi, che avrebbe bisogno di essere sostenuto da comprimari, caratteristi e personaggi femminili tridimensionali. Invece sostanzialmente c'è solo Venantini, buffo e simpatico, ad accentuare ulteriormente la parte comica con la sua balbuzie e l'accento romanesco. Poco altro. Glauco Onorato fa la parte di un avvocato senza verve.

Scorre un po' tutto piatto, nonostante le frequenti scene di inseguimento automobilistico (appannaggio del mago delle quattro ruote Remy Julienne), pure troppe alla fine. Si parte con il Gran Premio di Silverstone in mezzo alle immagini di repertorio con i vari cameo di Fittipaldi, Stewart, Revoson, Cevert, etc, poi la Formula 1 diventa un lontano ricordo e ci si infila nella Fiat 127 rossa di Gemma per correre a perdifiato lungo strade di città e di campagna sempre con i brutti ceffi alle calcagna. Pure con le manette ai polsi. Pure nel circuito di gara. Insomma, il rumore delle frenate e delle gommate si ripete a cadenza regolare nei 110 minuti di pellicola, tanti per una trama che non mette assieme poi tutto questo materiale da sviscerare anzi. Si fuma continuamente, preferibilmente Marlboro, al punto tale che verrebbe da pensare che la pubblicità sia assai poco occulta, e Venantini fa corna su corna, le disegna pure, il gesto pattuito con Gemma per avvisarlo di situazioni di pericolo. Anche le scazzottate fanno il pari con le sgommate, parecchie. Carlo Gentili interpreta un ispettore di Scotland Yard molto british ma anche molto anonimo ai fini della storia. Per il resto, gli sgherri incaricati sistematicamente di picchiare gemma sono curiosamente snelli e longilinei rispetto alla loro professione, e le gemelle teutoniche Linder (Christa e Hansi) sono forse le uniche due silhouette che rimangono agli atti per un certo glamour vistoso, insieme all'eccentrico manigoldo omosessuale interpretato da Giancarlo Zanetti con il suo vistoso maggiolone rosa dal clacson mozartiano.

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