Ultimo film in ordine di tempo di Oliver Stone ed ennesimo film "politco", perlomeno nell'accezione che più piace al regista newyorkese, quella della denuncia della manipolazione delle masse da parte dei potenti. A 72 anni, Stone non perde un grammo di polemica e di aggressività verso il Potere costituito e se così non fosse non sarebbe Oliver Stone, dunque avanti col coltello tra i denti, come fossero gli anni del Vietnam, del Salvador, del Watergate e del World Trade Center. Stavolta ad incuriosire mastro Oliver è il caso di Edward Snowden, cervellone informatico e collaboratore della CIA, che tra il 2004 ed il 2013 vive la sua intensa parabola (anti)americana che lo porterà a trasformarsi da principale arma di distruzione (cibernetica) dello zio Sam a nemico pubblico numero 1 di Washington.
Come per molti film di Stone, l'eco polemica dei suoi lavori ha un impatto totalmente diverso e assai più devastante in patria, essendo il frutto di eventi e personaggi che riguardano in prima persona l'America, ma non per questo le ripercussioni non si sono riverberate su tutto il globo, e dunque rimane difficile non provare ugualmente un senso di vertigine al cospetto della storia narrata in 134 minuti (definibile come la più grande intercettazione di massa di tutti i tempi). Vicenda che sostanzialmente abbiamo finito di vedere al telegiornale l'altro ieri. Sul finale del film vediamo il vero Ed Snowden (altrimenti interpretato da Joseph Gordon-Levitt) e bazzicando tra gli extra del bluray si ritrovano diverse dichiarazioni del diretto interessato, comprese le sue valutazioni su questa autobiografia di celluloide che, a suo dire, ha avuto molta cura e sensibilità nel preservare i fatti così come sono accaduti, senza violentare i personaggi coinvolti. Fa un certo effetto avere due Snowden in campo, quello vero e quello narrativo, e Stone gioca abilmente in modo metacinematografico con questi volti, ricordandoci che quanto abbiamo assistito non è affatto frutta di fantasia ma è terribilmente (e pericolosamente) reale.
La pellicola rimane a metà strada tra thriller e dramma, che poi è quel confine borderline che Snowden ha effettivamente sperimentato sulla propria pelle. Il continuo rovesciamento di fronte (buoni/cattivi, opportunità/minaccia), la fisiologica impossibilità di fidarsi di qualcuno, la malattia (Snowden scopre di soffrire ereditariamente di epilessia), il complicato rapporto con la compagna Lindsay Mills (una espressiva Shailene Woodley), la vertigine di essere sul tetto del mondo, dal quale però è possibile anche vedere con chiarezza cosa si muove sullo sfondo di zone solitamente buie ed inaccessibili ai comuni mortali, rendono perfettamente l'idea dello stritolamento e del senso di asfissia che Ed Snowden deve aver provato durante quel decennio. Ad un certo punto della sua vita, forse al climax professionale, risiedeva alle Hawaii, corroborato da ogni agio e comfort, amato da una donna premurosa e stimato dai colleghi, eppure decide di mettere in discussione tutto ciò che ha, in nome di un principio inalienabile di libertà, finendo criminalizzato e apolide da qualche parte in Russia (dove ancora risiede).
Come è suo costume, Stone non né traccia un ritratto troppo sfumato, bensì abbastanza netto e manicheo. Nonostante tutto, Stone sa sempre da che parte sta la verità e la giustizia, e sottolinea con evidenziatori indelebili ogni elemento che vada in quella direzione. Ne esce fuori un ritratto discretamente umano di Snowden, reso il meno eroico possibile da parte di Gordon-Levitt (il quale è volato apposta a Mosca per conoscerlo e trascorrere del tempo con lui). La narrazione è un filo paranoica ma è davvero complicato non avvertire della paranoia stanti le condizioni nelle quali tutto avviene. Mefistofelico Rhys Ifans, che interpreta Corbin O'Brian, capo e mentore di Snowden (il suo faccione che ad un certo punto domina lo schermo durante una videoconferenza tra i due ha un che di estremamente inquietante e morboso, alla Videodrome). Un po' troppo fighetti e spersonalizzati i giovani informatici che circondano la corte di Snowden, ma probabilmente sono davvero così questi ventenni digitali - o poco più - coccolati dalla CIA ed addomesticati al proprio volere. Tra loro anche Scott Eastwwod, figlio di Clint, giustamente con un ruolo preminente (essendo classe 1986).
Se si unissero i due Wall Street, i film sul Vietnam, quelli presidenziali (e segnatamente JFK) e Snowden avremmo un ritratto raggelante degli Stati Uniti d'America, un atto d'accusa implacabile, ancora più violento perché mosso da un vero patriota americano, quale Stone ritiene e si sente di essere (l'esigenza di World Trade Center, scevro da dietrologie e complottismi vari, è nata anche da questo sentimento). Snowden fa paura per quello che ci fa vedere e la sensazione che l'allarme sia tutt'altro che rientrato è palese. E' lo stesso timore che nutre Ed quando si augura che a distanza di qualche tempo dalla sua denuncia non si torni ad uno status quo identico a quello che lui ha contribuito a svelare. Non ne esce bene Obama (chiare le aspettative e la conseguente amarezza di Stone al riguardo, così come è abbastanza semplice capire quali sono quei dialoghi che, seppure messi in bocca al protagonista, sono quasi un discorso diretto del regista stesso al suo pubblico). Non manca qualche passaggio più simbolico ed enfatico (si veda l'uscita di Snowden dalla base della CIA alle Hawaii col cubo di Rubik in mano...), ma anche questa è una cifra caratterizzante di Stone alla quale siamo abituati, capace di passare rapidamente dalla cronaca giornalistica nuda e cruda ad una retorica emotiva e sentimentale.
Costato circa 40 milioni di dollari ne ha incassati complessivamente 37, dunque non un successo, senza contare le critiche ondivaghe che lo hanno sia premiato che punito. Ad oggi detiene anche il triste record di peggior esordio in sala per un film di Stone. va considerata la difficoltà nel trovare finanziatori americani, tanto che i soldi sono arrivati da Francia e Germania (dove è stato anche girato il film, per la parte "americana"), altro indicatore che il tema scelto da Stone era e rimane assai "delicato" Oltreoceano. Date le ristrettezze del budget (si fa per dire eh...il parametro è sempre quello di una superstar hollywoodiana, anche se suona beffardo dirlo riferendosi a Stone), Oliver è stato costretto a mancare al funerale della propria madre durante le riprese, poiché fermare il film per tornare in America, e poi di nuovo in Germania, avrebbe rappresentato una spesa enorme. Diciamo che qualcuno al Pentagono non deve essersi strappato i capelli se Snowden non ha vinto l'Oscar (come si vociferava) né ha sbancato i botteghini.