Showgirls

Showgirls
Showgirls

Film per certi versi "gemello" di Striptease, uscito uscito in America un anno prima (mentre in Italia la cronologia fu rovesciata). Ed eccoci qua, belli comodi nella nostra poltroncina dello Stardust di Las Vegas, impazienti di gustarci il nuovo show ordito da Paul Verhoeven, che vede protagoniste Elizabeth Berkley e Gina Gershon. Oltre 2 ore di film (la copia in mio possesso è la versione integrale, per fortuna....) che non ci risparmia nudi, corpi oliati, lustrini e amplessi bollenti.

Nomi Malone (Berkley) è una bionda sbucata fuori dal niente, fa l'autostop per Las Vegas, vuole ballare ed avere successo. Ed è esattamente quello che accade. Stringe amicizia con una costumista di colore (Gina Ravera), inizia ad esibirsi al Cheetah, bar di striptease ai limiti della prostituzione (i clienti non possono toccare le ballerine, le ballerine possono toccare i clienti, se i clienti eiaculano nei pantaloni è ok, se lo fanno addosso alle ragazze, la cosa è giustificabile solo in caso di lauta mancia; questa, papale papale, la filosofia del locale). Grazie alle conoscenze dell'amica Ravera, viene introdotta negli ambienti dello Stardust (il locale più figo in circolazione), conosce le persone giuste e si guadagna un provino. Diventa quindi ballerina dello spettacolo dello Stardust, la cui prima donna è la panterissima Gina Gershon. Stando con lo zoppo si impara a zoppicare, ed ecco che la Berkley assume progressivamente tutti i vizi dell'ambiente di lavoro che le ha dato una chance. Fino ad ottenere il ruolo della Gershon (dopo averle causato volontarimente un incidente). - SPOILER: Sesso col capo, cocaina, opportunismo, rampantismo, lesbosciccherie, la Berkley non si risparmia niente, camminando sui cadaveri. Al culmine di un'escalation di amoralità e cinismo, la violenza sessuale subita dalla Ravera ad una festa dello Stardust è la goccia che fa traboccare il vaso, e che apre gli occhi alla Berkley. La diva Nomi Malone decide di cambiar vita e recuperare quella poca innocenza che ancora la vita le consente.

Di tette e belle figliole il film è pieno, tanto da far girare la testa, ma calmiamo i bollenti spiriti e cerchiamo di rimanere lucidi. Showgirls è girato con la consueta maestria da Verhoeven; nonostante le 2 ore di pellicola, di certo non langue nell'indolenza, anzi, è tutto sovraeccitato, esagitato. La recitazione della Berkley in primis è isterica, eccessiva, esagerata, ma più in generale il ritmo impresso al film è concitato e smanioso. Le scene si rincorrono freneticamente, la gestualità degli attori è irritante, i dialoghi si cannibalizzano l'un l'altro, pare che Verhoeven abbia fretta, o forse intende così ritrarre l'anima nera ed infernale di Las Vegas, la capitale degli "assholes". La narrazione ne risente, trasmettendo ansia e nervosismo allo spettatore. Come accade per quasi ogni film del regista olandese, pure per questo vennero mosse critiche di ambiguità del messaggio e dei contenuti; non è facilmente decriptabile infatti se la sceneggiatura scritta da Verhoeven con Eszterhas (lo stesso team creativo di Basic Instinct) intenda mostrare il marcio per stigmatizzarlo, o invece se ne serva cinicamente per amplificare il glamourama, corpi nudi e luci al neon. L'occhio del regista si muove borderline. Lo stesso personaggio della Berkley vive di questa ambiguità, se razionalmente lo si può leggere come una vera è propria iena, una stronzetta opportunista e "anguillesca", è anche vero che inevitabilmente si prova una qualche simpatia per lei, obnubilati più che altro dalla sua carica erotica (non sono certo le qualità etiche a conquistarci). Verhoeven insomma fa un po' il ruffiano, e mentre punta il dito ci strizza anche l'occhio. Con questo, niente da recmininare, non sono di quelli che in un film cerca il messaggio positivo a tutti i costi, anche se la furberia della rappresentazione infastidisce un po', perché non sposa apertamente né l'immoralità, né il perbenismo.

Tutti i personaggi del film comunque sono marcatamente negativi, ad eccezione della Ravera, una specie di principessina immacolata (l'anima luminosa della Berkley, l'ancora di salvezza che non la farà sprofondare definitivamente nel torbido). Perfida la Gershon, indescrivibili gli uomini, tutti sistematicamente fallocentrici, sessuomani, e dediti all'esercizio del potere. Verhoeven non risparmia uno stereotipo che sia uno, Nomi Malone è di origini italiane (e quindi la prima battuta che le dedicano nel film è che sia "mafiosa", stranamente non si citano gli spaghetti e il mandolino), il rocker capellone tanto amato dalla Ravera è naturalmente un balordo, vizioso e depravato, le ballerine sono perlopiù lesbiche e i ballerini sono perlopiù gay, i negri vivono nelle roulotte e i miliardari bianchi hanno le Ferrari e le ville con piscine, i ristoranti italiani sono arredati con mezzo Colosseo di carta pesta dentro. Una visione netta e inappellabile della realtà che mi sarei aspettato da un regista meno smaliziato e talentuoso di Verhoeven.

Nonostante si spacci il film per un musical (così lo definiscono nelle varie interviste a corredo del dvd), Showgirls non lo è manco per un secondo. Riprende tutta quello componente on stage e backstage di pellicole come Staying Alive o Chorus Line, ma con scarso interesse per il ballo, anche perché qui di ballo non si tratta, ma di spettacolini in topless che giustificano le nudità e gli ammiccamenti con qualche scenografia pretenziosa e qualche timida coreografia di facciata. Ciò nondimeno, le esibizioni sono forse i momenti più interessanti del film. Assolutamente incandescente la performance che la Berkley dedica a Kyle MacLachlan, nel privè del Cheetah. La Gershon decide di "regalare" al fidanzatino un balletto lussurioso ed esclusivo della bella bionda, e riserva per sé il ruolo di eccitata voyeur. La Berkley, completamente nuda, si struscia a perdifiato su MacLachlan, il quale, estasiato dal talento artistico della ballerina, raggiunge un orgasmo liberatorio. E il film sta tutto lì, in quella volgarità ed in quella crudezza che lo esaltano e lo limitano al contempo.

Trailer ufficiale

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