Gabriele Lavia, come regista, veniva dal bello e aulico Il Principe di Homburg; la sua compagna, Monica Guerritore, come attrice veniva dal samperiano Fotografando Patrizia. L'unione dei due addendi genera uno dei film erotici italiani più sgraziati, sfasciati, onanistici degli anni '80. La pretesa è di rimanere sempre e comunque in territori intellettualistici, senza sbracare gratuitamente in qualcosa alla Tinto Brass, o comunque trash e senza spina dorsale (pseudo)letteraria. Quando l'eros vuole volare alto potete mettere la mano sul fuoco che si va a cascare sul binomio eros/thanatos, ovvero sesso come distruzione e autodistruzione e non come piacere rigenerante di una vita già grama di per sé. Lavia è tentato dall'estremismo ma deve pur sempre tenere a freno un divieto ai minori di 18 anni che nuocerebbe gravemente alla pellicola, ed inoltre andare a briglia sciolta risulterebbe indirettamente proporzionale al valove cevebrvale della pellicola. Moravia e chissà quali altri deliri fanno capolino dietro l'angolo, e momenti borderline sono presenti in discreta quantità, tanto che il V.M.18 implacabile arriva e permane fino al 1992.
La Guerritore e Lavia nel film non hanno neppure un nome, sono due tizi che si incontrano, si scontrano e fanno scintille. Lei è una moglie che scopre il marito a letto con un'altra, un'annunciatrice tv. Sospettava da tempo della tresca ma alla fine li coglie in flagrante. Devastata, viene colta da mille dubbi e insicurezze, si sente brutta, un rifiuto, una nullità, sporcata nell'anima. Prende a vagare raminga e solitaria in autostrada, quando si imbatte in lui, un curioso individuo vestito sui generis, che canta la Carmen di Bizet a squarciagola mentre la sua Jeep ondeggia tra le corsie come se non dovesse esserci un domani. Fanno conoscenza in una stazione di servizio e da lì inizia un pedinamento reciproco che porta ovviamente a svariati accoppiamenti, all'insegna di una possessione ai limiti del demoniaco. - SPOILER: i due sono creature terribilmente sofferenti e tormentate (ed io aggiungerei disturbate), tanto che il loro rapporto è costellato di continue ferite inferte con sadismo (allegoricamente parlando, ma neanche tanto...). Lei si fa prendere da un camionista qualsiasi, tanto per. Lui stupra una povera crista, tanto per. Quindi si gettano felicemente assieme in un dirupo sull'autostrada ma, mentre lui ci rimane secco sul colpo, lei fugge via in lacrime.
La prima immagine, letteralmente il primo fotogramma del film, promette mari e monti. I monti, o meglio, le montagnole sono quelle di Jasmine Maimone (l'annunciatrice tv) che cavalca il marito della Guerritore. Nemmeno i titoli di testa e siamo già in mezzo a tette, cosce e foreste. Pare chissà cosa ma rapidamente il film rientra su binari visivamente più casti (ma concettualmente sempre estremi). La cosa incredibile è che il semplice tradimento del marito causa nella Guerritore la follia totale, una roba da tragedia greca a livelli di psicopatologia apicale da punto di non ritorno. Il cervello della Guerritore si guasta (e per altro tanto equilibrato non lo era già di partenza, visto che si presenta nello scannatoio del marito con super tacco, impermeabile dal quale fuoriescono cosce statuarie, occhialoni neri da agente segreto e rossetto da abbordaggio sui viali). Da quel momento la sua missione è l'annichilimento, proprio ed altrui (l'ordine è a piacere). La vittima sacrificale diventa Lavia, uno svalvolato pure lui ma tutto sommato senza fregole autolesioniste. Di professione disegna cartoni animati, e un po' la fissa ce l'ha, visto che la sua ultima creazione è il mondo di Cazziglia, dove gli abitanti (tutti falli) aspettano a gloria la venute della scandalosa Gilda (una vagina) che porti benessere e felicità. Sarà solo il sig. Cazz...Ino a riuscire ad essere accolto dalla Gilda.
I due si "incastrano" tra loro, emotivamente e fisicamente (c'è pure l'immancabile scena "da dietro", con sputazzone ad agevolare alla Querelle De Brest), c'è la pistola fallica, c'è l'amplesso nei cessi, tutto il repertorio insomma della degradazione, dell'animalesco e del "siamo sporchi dentro", il livello ultimo dell'umanità abbietta pronta all'estinzione per manifesta inadeguatezza. E francamente il fatto che la scaturigine di questa nemesi apocalittica sia una semplice sveltina del marito con la sciacquetta televisiva (un classico, come fosse stata la segretaria o la babysitter dei figli) crea un senso di ridicolo involontario del film. Acuito dai dialoghi piramidali, vertiginosi, fanfaroni, ma soprattutto impossibili della coppia. Lavia e la Guerritore tramortiscono lo spettatore con aforismi e grandi verità assurde, senza capo né coda, frammenti letterari impazziti, gettati tra una camicetta sbottonata ed un mascara colato, che metterebbero in ginocchio anche un elefante. Il film si barcamena tra un'anima verbosa e pretenziosa da novello Ultimo Tango A Parigi e uno squallore erotico da Zoo Di Berlino. L'onanismo citato in apertura non è tanto da intendersi in relazione alle prestazioni sessuali dei protagonisti, quanto all'evidente autocompiacimento dei due nell'essere il tutto, il centro dell'attenzione, l'oggetto del desiderio della telecamera che non può permettersi di distrarsi un attimo.
Ok c'è l'animazione a cartoni della storiella di Cazz e di Gilda (firmata Gibba), c'è la canzone scritta nientemeno che da Malgioglio, c'è un vago e aleatorio riferimento alla Gilda della Hayworth (in teoria la Guerritore sarebbe roscia, ma qui sfoggia il peggior taglio di capelli di tutta la sua carriera), ma nulla riesce a riabilitare un film brutto, cervellotico, antierotico, velleitario e mortifero. Una sequela di volgarità gratuite (stavolta per davvero) che non trovano mai un punto di ricaduta credibile. Le assurdità si sprecano, come le continue fermate in autostrada (sempre deserte), come fossero stradine di campagna, con le auto lasciate sul posto (il camion addirittura nel mezzo della carreggiata), uno stupro di un'innocente quasi giustificato, con lei che lo impone a lui come "prova d'amore", e lui che alla fine dice "beh, agli uomini piace sempre e comunque, è un po' come una maledizione", la Guerritore che non si lava mai (collezionando più batteri di un reparto infettivo di un ospedale da campo del Congo), ed altre amenità del genere. Non contenti i due ci riproveranno l'anno dopo con Sensi.