Mark Damon aveva una sceneggiatura, ci credeva molto e voleva realizzare il film a tutti i costi, un Dracula movie. Arrivano dei finanziatori americani, contatti diretti di Damon (ma pare che in realtà i soldi fossero proprio i suoi) e il film si fa. La regia viene affidata a Paolo Solvay, detto "il tramviere" per il suo aspetto dimesso e un po' qualunque. Il tramviere altri non è che Luigi Batzella, regista di opere infinitamente "poveristiche" del cinema bis italiano (una, per dire, è questa). Direttore della fotografia Aristide Massaccesi, il quale durante le riprese interagirà strettamente con Batzella, girando anche personalmente alcune scene. La Transilvania viene sostituita con la Ciociaria, il castello di Dracula è il solito castello di Balsorano, location molto familiare al cinema di genere italiano (tra gli altri, ha ospitato il decamerotico Metti Lo Diavolo Tuo Ne Lo Mio Inferno, il musicarello Lady Barbara, lo psicologico Esotika, Erotika, Psicotika, il thriller/horror La Sanguisuga Conduce La Danza, il satano-erotico Malabimba).
La trama vede due gemelli coinvolti in una storia esoterico-vampirica. Uno parte alla caccia dell'anello dei Nibelunghi, un gioiello che reca addirittura una pietra derivante da un meteorite caduto sulla Terra, e posseduto in passato dai più grandi leader e conquistatori della Storia (Alessandro Magno, Genghis Khan, etc.). Ora l'anello pare sia accasato in Transilvania, da Dracula, dunque Mark Damon (gemello di se stesso) parte per i Carpazi. L'altro fratello, più scettico, lo percula alquanto, ma lo segue comunque a distanza, quasi per sorvegliarne l'incolumità. Incolumità garantita pure da un prezioso amuleto egizio protettore di tutti i mali (tutti, genericamente). Giunto in loco, Damon scopre che sta per verificarsi l'ennesimo compiersi di un'antica maledizione, quella del primo plenilunio dopo l'estate; ogni 50 anni si ripete e porta al castello 5 vergini di cui nottetempo si perde ogni traccia. Il castello è attualmente abitato da una Contessa (Rosalba Neri), che lo avrebbe acquistato dai discendenti di Dracula. La Neri in realtà è proprio la sposta del celebre Conte, possiede il temibile anello e presiede messe nere e sacrifici umani in onore di Satana, il tutto per volere del maritino Vlad. Mark Damon cade subito sotto le grinfie della sensualissima Contessa; stessa sorte sembra essere destinata pure al gemello che, però, riesce all'ultimo a sventare l'avvento del Maligno, uccidendo la Contessa. Ma, c'è un ma, un finale a sorpresa che rimette in discussione l'happy ending.
Batzella costruisce il suo solito film "pezzente", la sua firma si riconoscerebbe tra mille; scenografie misere e squallide, fari di luce (siamo nella prima metà del XIX° secolo, ci sono solo le candele) che si irradiano generosamente sugli arredi del castello e su Mark Damon, che quasi avrebbe bisogno di una cremina abbronzante. Tuttavia l'ultima mezzora del film è molto più accattivante, la cerimonia officiata dalla Neri è fascinosa e inquietante; merito però anche della Neri, la sfinge, definita "la Barbara Steele dei poveri" da Joe D'Amato, perché quando c'erano problemi di budget si chiamava lei, che costava molto meno ma garantiva lo stesso effetto, o quasi. Rosalba Neri lamentava proprio di essere rimasta vittima "del genere"; ha dichiarato di non aver mai voluto rivedere i suoi film perché non le piacevano, non la rappresentavano, lei voleva di più e di meglio, e invece la chiamavano per film "mediocri". Una pentita del cinema bis italiano, l'ennesima; purtroppo Scorsese, Kubrick, Anonioni, Truffaut non l'hanno mai chiamata....e a lei toccava spogliarsi, nonostante da borghese di provincia non amasse farlo. Vabbè, da sempre un certo fastidio sentire sputare nel piatto in cui si è mangiato, tanto più che la generalizzazione porta sempre poco lontano, e proprio chi ne è stato tra i protagonisti dovrebbe riconoscere che buona parte del cinema di genere italiano è stato tutt'altro che "mediocre". Pazienza, rimane il fatto che la Neri in Il Plenilunio Delle Vergini è fenomenale, il 60% / 70% del merito della riuscita di un film (che non è riuscito) è suo. Perfetta per il ruolo di sposa satanica avvolta in sudari neri. Ha alcune scene erotiche, una pure saffica con la sua schiava, Esmeralda Barros, una specie di Florinda Bolkan. Erotismo comunque elegante e manierato, per quanto "lugubre". Molto potente la scena del suo bagno di sangue, quando - in uno dei chiaroscuri "alla Batzella" - si alza dalla vasca e offre il suo corpo nudo lordo di emoglobina (vedi locandina).
Il film è dominato da un personaggio criptico (citato nei titoli di coda come "l'uomo misterioso"), ovvero Gengher Gatti, un tizio che appare di continuo e che guarda diritto in camera (e che pare saperla molto lunga). C'è sempre, e alla fine sarà quello che la spunterà. Chi è costui? Ah boh, dovreste chiederlo a Batzella, ma oramai è troppo tardi (ci ha lasciati nel 2008). Oggettivamente ci sono momenti di ridicolo involontario, dialoghi un po' sbrigativi, situazioni ancora più sbrigative (non parliamo degli effetti speciali, la Neri che si trasforma in pipistrello grida vendetta), anche se su tutti svetta la figura di Xiro Papas, il "vampiro mostro", una roba da Circo Togni. Batzella ha i suoi momenti psichedelici, che in fin dei conti sono assai meno peggio dei momenti in cui dovrebbe essere serio, coerente e razionale nello sviluppare la storia. Mark Damon sembra una specie di Klaus Kinski de' noantri, meno spiritato, ma ugualmente spigoloso, legnoso e gigantesco. Notevole Francesca Romana Davila (aka Enza Sbordone), ostessa della taverna, vagamente rassomigliante a Rosalba Neri. Gran finale tettomane, con le cinque vergini desnude che hanno un bel peso specifico quanto a balconate. Si racconta che il casting fu delicato, poiché trovare cinque maggiorenni (per poter girare scene di nudo) che avessero però un aspetto di giovani vergini non fu impresa facile; le ragazze avevano un look troppo "vissuto", troppo poco virginale nel 1973. Nonostante si tratti di un horror, il titolo del film ammicca vistosamente, poiché all'epoca il genere sexy andava molto e dunque si pensò che intingere il biscotto avrebbe portato buoni incassi.