Planetarium è un film complesso, con tanta carne al fuoco e del quale non sono affatto sicuro di aver compreso fino in fondo il significato ed ogni sfumatura possibile. Da quello che leggo in giro è un sentimento comune anche ad altri che lo hanno visto, quindi rimane il dubbio - data la statistica - che il limite sia effettivamente mio, come spettatore, o che piuttosto la regista e sceneggiatrice francese Rebecca Zlotowski (di origini ebraico-polacche da parte paterna ed ebraico marocchine da parte materna) possa aver diretto in modo un po' criptico. Seguiamo la vicenda umana di due sorelle, Laura (Natalie Portman) e Kate Barlow (Lily-Rose Depp), sbarcate dall'America nell'Europa di fine anni '30 per tenere i propri spettacoli di spiritismo. Nazione dopo nazione approdano in Francia, dove vengono notate in un locale da Andre Korben (Emmanuel Salinger), un cineasta col pallino del futuro e dell'avanguardia tecnologica nel cinema. Dopo aver sostenuto una seduta con le sorelle ed esserne rimasto fortemente impressionato, decide di coinvolgerle nella realizzazione di un film. - SPOILER: questa scelta segnerà i destini di tutti, Korben (immigrato ebreo polacco naturalizzato francese) vedrà eclissarsi la sua stella e cadere progressivamente vittima dell'odio nazionalista e antisemita che prelude all'avvento del nazismo, l'unione tra le due sorelle conoscerà una frattura, irrimediabilmente sigillata dalla morte di Barlow per leucemia.
La sceneggiatura della Zlotowski (scritta assieme a Robin Campillo) ha molte zone d'ombra, gioca sulle ambiguità, sul non detto, su accenni e su pietre lanciate nello stagno per poi nascondere la mano dietro la schiena. E' abbastanza palese l'aspetto autobiografico che la regista si cuce addosso, con un regista ebreo polacco vittima di discriminazioni e dei personaggi femminili in primo piano, estremamente magnetici, forti, intriganti e ricchi di stratificazioni. Tuttavia anche Korben è ritratto circondato da ambiguità e misteri che lo circondano; ha un passato poco chiaro, forse ha partecipato a filmini pornografici (come attore), forse nel rapporto con le due sorelle (che per altro coltiva con entrambe, parallelamente) cerca qualcosa di più, di non detto, ha delle visioni aggressive, ha delle erezioni durante le sedute. Ed il nodo non viene sciolto, anche se indubbiamente il suo personaggio è quello di una vittima e non di un carnefice (perlomeno nel tempo presente in cui noi lo sconosciamo). Le stesse Barlow hanno aspetti irrisolti; Laura crede di essere una truffatrice, Kate è convinta di possedere davvero il dono di mettere in comunicazione i morti con i vivi, e quando le accadrà ciò che le accadrà si convincerà trattarsi del contrappasso per questa sua peculiarità. Tra le due c'è amore ma anche gelosia possessiva, soprattutto da parte di Laura verso Kate. Infine, in un clima da cupio dissolvi privo di speranza e di orizzonti che si rasserenano, Laura finirà a fare l'attrice nell'emergente cinema francese ai tempi del nazismo, quindi sotto un giogo.
Cosa intende trasmettere Planetarium? Quale è il suo messaggio profondo? Ne ha uno? Difficile dirlo, mentre è evidente ad occhio nudo quanto la Zlotowski abbia cura della fotografia, delle scenografie, dei costumi e dei personaggi. Il film è molto curato, elegante, a tratti algido e forse persino un po' snob, ma indubbiamente di pregio. E l'ermetismo della storia non fa altro che accrescere questo valore un po' aristocratico (anche) delle immagini. L'aspetto soprannaturale è in realtà liminare, di confine, non viene mai per davvero approfondito dalla Zlotowski, che non sembra sinceramente interessata a squadernarlo; è più una chiave, uno strumento narrativo che le permette di esplorare i personaggi, quindi la definizione di dramma "soprannaturale" data ad esempio dal Guardian mi è suonata davvero fuori misura, al netto dell'apprezzamento o meno del film. La Portman è una grande attrice, tuttavia appare sempre più inchiodata allo stesso ruolo, alla stessa tipologia femminile, fragile, volitiva, enigmatica, resiliente, siamo ai limiti del typecasting.