
La Chiave, Miranda, Capriccio, Tinto Brass già doveva scontare le rimostranze mossegli da chi lamentava che il regista veneto avesse preso una piega insistentemente erotica, monotematica (anche perché pure il Caligola, Action, Salon Kitty il tema lo trattavano pur non facendone il fulcro totalizzante). Anche per questo Tinto accetta di provare qualcosa di diverso e produce Snack Bar Budapest, una pellicola più sperimentale, dove di certo il sesso non viene escluso, ma che prova a guardare anche altrove (per altro con Giancarlo Giannini a far da gran richiamo). E' un disastro di pubblica e critica, e allora il sor Brass tra sé e sé si dice: "sapete che c'è, mi avete rotto con tutte le vostre pretese e sentenze, io cinema erotico voglio fare e cinema erotico farò, a chi non interessa, arrivederci e grazie!". Arriva così Paprika, rincaro fortissimo sul sesso, all'altezza del 1991 sicuramente il film più trasgressivo e esplicito girato da Brass. Manco a dirlo, sarà un tripudio di ovazioni e rimane ancora oggi il film degli anni 90 che ha incassato di più in assoluto di Brass, alla faccia dei detrattori malpancisti perbenino.
Se La Chiave è il Profondo Rosso di Brass, e Miranda sta a Suspiria come idealmente Brass potrebbe stare al (miglior) Argento, allora Paprika è il suo Inferno... dei sensi, il che ha anche una sua logica visto che stiamo parlando di una spezia saporita, come saporita è la protagonista che il regista sceglie per il ruolo di Mimma, ribattezzata poi Parpika dalla maitresse della casa mentre mangia il gulasch. In linea con la scoperta di nuovi talenti, accomunati dal leit-motiv di una burrosità spiccata delle forme (Sandrelli, Grandi, Dellera), Paprika fa conoscere al mondo le grazie di Debora Caprioglio, la quale dopo qualche comparsata in Nosferatu A Venezia (non accreditata) e La Maschera Del Demonio, si era sostanzialmente fatta notare (nuda) in Kinski Paganini, dando già abbondante prova del suo portato "recitativo". Brass la sceglie con lungimiranza, pescando un'attrice in grado di regalare una marcia in più al proprio film e al contempo creando una nuova icona sexy del cinema di genere italiano. In realtà la Caprioglio sfrutterà poco e male il suo status di bomba erotica, poiché dopo Paprika girerà il solo Spiando Marina sulle stesse corde, comparirà in Saint Tropez Saint Tropez, ma poi abbandonerà del tutto l'erotismo per cercare di riciclarsi come attrice "vera" (con registi come la Archibugi, Greenaway e tante fiction tv). Tra fidanzati ed amicizie influenti in grado di aprire spazi professionali (da Kinski a Gianni De Michelis), tra discese in politica fallimentari con l'UDC di Francesco Pionati (qualcuno se ne ricorda?) e immancabili conversioni cristologiche (Claudia Koll docet, anche se per fortuna la Caprioglio non si è trasformata in una madonnina di Lourdes), il potenziale di Debora è stato completamente svilito e mortificato nel corso degli anni.
Ma torniamo a Paprika; molto liberamente tratto dal romanzo Fanny Hill di John Cleland, Brass lo concepisce come un sentito, sincero e malinconico tributo agli anni delle case chiuse. Un pensiero nostalgico e carico d'affetto per quei bordelli che Brass per primo frequentò, e dai quali deriva buona parte della sua estetica erotica. La storia è quella di una giovane istriana, Mimma (Caprioglio), che per accontentare il suo fidanzato e rimpolpare le finanze prematrimoniali accetta di trascorrere "una quindicina" in una casa di tolleranza triestina. Si sottopone a tutte le visite di rito ed inizia la sua attività col nomignolo di Paprika. Non fatica a trovare una folta clientela di estimatori anche se purtroppo, contemporaneamente, scopre che il fidanzato la tradisce e la ricatta pure. Mimma così scappa a Roma, in un nuovo casino, decisa a proseguire l'attività stavolta solo per se stessa. Qui si fa sedurre da un malandrino con velleità di pappone e si ritrova nuovamente sotto il giogo di un perfido maschio. Costretta a fuggire pure da Roma, approda prima a Napoli poi a Milano, dove riallaccia i rapporti con il suo primo cliente in assoluto, un bel marinaio della quale si era innamorata e con il quale, nonostante la professione, aveva sinceramente provato piacere durante l'amplesso. Per colpa di una truffa finanziaria, Paprika perde tutti i soldi investiti per l'acquisto di un traghetto da regalare al marito e, come se non bastasse, sopraggiunge la legge Merlin che sancisce la fine delle case di tolleranza, nonché la fine di un'epoca culturale e sociale. Mimma però viene adocchiata da un conte il quale dapprima la usa per svezzare il figlio, poi decide di prenderla in sposa, contro il parere della sua famiglia. Alla morte del conte, Mimma, oramai contessa, eredita un patrimonio. Torna a trovare le sue vecchie colleghe di lavoro con le quali trascorre un ultimo giorno da puttana, concedendo amore libero alla sconsolata clientela, infine acquista un battello al marinaio divenuto suo secondo marito e si gode finalmente benessere e serenità sentimentale ed economica.
Nella visione brassiana le prostitute sono delle ancelle dell'amore, le detentrici delle gioie sessuali, e la loro funzione è quella di donare (si fa per dire) piacere, amore e gaiezza. Contro alla visione oramai sedimentata nel cinema e nella letteratura dei bordelli come luoghi cupi e terribili, colmi di tristezza, morbosità e oppressione, Brass apre agli spettatori le porte di spazi incantevoli, a cominciare dagli arredamenti. Case pregiate, di lusso, con mobili ricercati, giochi di luce (e naturalmente di specchi), le cui signore sono donne sorridenti, madri, sorelle, compagne ed amanti pronte a dispensare mezzore di spensieratezza e autentica familiarità. I bordelli di Brass sono case famiglia dove le ragazze sono amiche e complici, dove regna la solidarietà reciproca, dove c'è umanità, voglia di vivere e star bene. Delle oasi di luce insomma in un mondo altrimenti tetro. Ovvero, esattamente l'opposto di quella che era la vulgata arrivata sin lì. Lo slogan col quale venne pubblicizzato il film fu: "Tinto Brass riapre le case chiuse". Naturalmente una provocazione, poiché Brass non aveva alcuna velleità di riaccendere un dibattito culturalmente serio sulla legge Merlin, ma solo riportarci ad un'epoca mitica, edenica. Apriti cielo, le femministe si imbestialirono e si ha notizie di una almeno un'aggressione pubblica a Brass.
La descrizione dell'interno dei casini è ritratta all'insegna del grande realismo, oltre che di una benevolenza evidentemente partigiana. Paprika viene sottoposta ad un'accurata visita ginecologica, durante la quale il medico ha parole di comprensione e paternalismo nei confronti della nuova arrivata. Brass mostra le ragazze a tavola, durante i pasti, mentre scherzano e ridono insieme, presta molta attenzione al rapporto con la maitresse, una figura complessa che esige e pretende, ma allo stesso tempo difende ed ha cura delle ragazza (in certi casi pure troppa, vedi Madame Colette e Donna Olimpia). La vita è quotidiana nelle case, le ragazze devono badare all'igiene dei clienti, vengono istruite su come lavarli, come controllarli, come prevenire le malattie veneree. Non ci sono negati momenti gravi e drammatici, come la morte di una prostituta per tubercolosi, o il ricorso all'aborto clandestino (succede proprio a Paprika, costretta ad andare a Parigi da un dottoraccio sudicio che altri non è che Tinto Brass stesso). I casini sono frequentati da tutte le categorie umane e professionali possibili, medici, preti, cumenda, aristocratici, militari, giovani, vecchi, nani, persino omosessuali che col paravento del casino fanno accorrere in camera stalloni pronti alla monta.
Madame Colette è Martine Brochard, una comprensiva matrona con una simpatia particolare per Paprika (sarà nuovamente una maitresse, anche se ex, in L'Attrazione di Gariazzo, 1987). Piuttosto borderline la scena in cui indossa un enorme fallo posticcio e possiede Paprika. Non sarà la sola ad avere attenzioni per quel corpo giunonico; pure Donna Olimpia vorrà fare il "bagno" in una enorme vasca piena di schiuma con Paprika, e pure alcune sue compagne di casino la cercheranno spesso per concedersi un diversivo ai ripetuti incontri con gli uomini, parentesi saffiche alle quali Paprika non si sottrae mai, anzi. Riccardo Garrone è uno spregevolissimo zio, che fin da quando Paprika era bambina ha provato certi impulsi nei suoi confronti e che ora ne approfitta facendosi elargire prestazioni gratuite. Eolo Capritti è un violento ammiraglio che pretende di dominare le ragazze ma che riceve un secco diniego da Paprika allorquando intende possederne il didietro (che, per inciso, Paprika concede volentieri a tutti ma a lui proprio no). John Steiner è un debosciato e depravato nobile romano che convoca prostitute per inscenare giochetti erotici con la moglie (un'algida Petra Scharbach), ingollare cocaina a più non posso, darsi al travestitismo, praticare la sodomia e il pissing (fissazione brassiana). Nina Soldano è una giornalista con pruriginose curiosità lesbiche, Renzo Rinaldi (il commendator Bistefani) è il conte Bastiano, che irride la propria famigliola di moralisti ed ipocriti mostrando in seduta plenaria le grazie della Caprioglio, dichiarando di volerla sposare e proclamando ai quattro venti quanto quella donna sia l'unica capace di provocargli ancora erezioni a 70 anni. Per altro rievocando in questo l'Enrico Maria Salerno de Il Corpo Della Ragassa, nel quale pure Salerno mostra ai propri amici con orgoglio una Lilli Carati nuda, l'ambientazione del film occupa lo stesso periodo storico e si conclude - come per Paprika - con l'avvento della Merlin.
Protagonista indiscussa è la Caprioglio, all'epoca ventitreenne, un viso da bambina in un corpo da perdizione totale, da qualunque angolazione lo si guardi. Ed è proprio questo corto circuito di acerbità e voluttà che manda in estasi tanto i suoi clienti quanto gli spettatori del film. Brass la fa girare praticamente sempre a tette di fuori e comunque discinta il più possibile. Davvero rare le scene in cui Debora è vestita, impressionante il numero di fotogrammi nei quali quell'enorme seno ciondola libero e rigoglioso. La Caprioglio poi è in uno stato di grazia, la sua recitazione spontanea, genuina e maliziosa è perfetta per la parte. Accanto a lei Brass schiera un esercitino di future pornostar del cinema italiano, c'è Valentine Demy, Deborah Calì, la stessa Scharbach (della scuderia Diva Futura di Schicchi) e Roberto Malone che però vedrà la sua parte tagliata in fase di "montaggio".
Ci sono espliciti rimandi a Salon Kitty, se non vere e proprie citazioni. Ad esempio la Brochard in reggicalze che improvvisa una canzone con balletto alla Marlene Dietrich, come fa Ingrid Thulin; poi i rapporti obbligati con il nano, e pure John Steiner lo avevamo già visto all'opera nel nazierotico per eccellenza. Così come si ripropone pure un altro cliché del cinema brassiano, il ballo da balera, c'è in Miranda e ci sarà in altre pellicole a venire; qui la Caprioglio balla spudoratamente in un locale di Parigi. Non mancano i virtuosismi scenografici di Brass, espressi ai massimi livelli in Paprika; il film è quasi tutto d'interni e le case di tolleranza sono piccoli musei d'arte. In particolare la casa milanese si chiama addirittura "Casa degli Specchi" proprio in onore del tripudio di pareti riflettenti che Brass sfrutta abilmente per le sue riprese particolari ed originali. Nostante un'atmosfera di fondo malinconica e crepuscolare, dovuta al vagheggiamento di un periodo spensierato oramai consegnato agli archivi, il sesso narrato da Brass è gioioso e spensierato, come la protagonista che lo incarna. Contribuisce al clima solare e divertente anche la splendida musica di commento composta da Riz Ortolani, che non si nega neppure l'uso di voci a 78 giri, per un effetto ai limiti della parodia cartoonesca. L'annuncio della legge Merlin alla radio è funereo: "Da oggi l'Italia non tollera più", pare veramente l'annuncio dell'entrata in guerra. La lunghezza del mio post, parzialmente motivata dai 111 minuti di durata della pellicola, già da sola dovrebbe bastare ad indicare la qualità e l'importanza del film in questione. Non sarebbe troppo affermare che Paprika, magari assieme a Miranda (considerando la filmografia brassiana post 1983) è con ogni probabilità il punto più alto del cinema di Tinto, un lavoro girato con una mano felicissima ed appassionata, pressoché perfetto in ogni suo aspetto.