Bigger is better, fu all'insegna di questa filosofia (tipicamente americana) che Albert Broccoli decise di produrre Moonraker anziché Solo Per I Tuoi Occhi, come era stato annunciato sui titoli di coda di La Spia Che Mi Amava; andava sfruttata l'onda di Star Wars e inventato qualcosa di simile per James Bond. Spazio, razzi, raggi laser, qualcosa di apparentemente non così affine al mondo di Fleming e del suo James Bond, tant'è che nel romanzo omonimo del '55 (da noi uscito come Il Grande Slam Della Morte) il moonraker è un razzo costruito da un tedesco con celate simpatie nazionalsocialiste ed una voglia irriducibile di vendicarsi su Albione, il razzo infatti deve servire a radere al suolo Londra. L'undicesima pellicola di Bond invece eleva tutto a potenza, immaginando il miliardario Hugo Drax (Michael Lonsdale) intento a fondare una nuova civiltà umana addirittura nello spazio, sul modello di Noè, salvando coppie ariane che un giorno rifonderanno il genere umano, e nel frattempo sterminando l'esistente con gas venefici lanciati dallo spazio verso la Terra. Drax ha creato una gigantesca stazione spaziale dalla quale decreterà la morte del pianeta. A questa stazione si accede con delle navicelle shuttle chiamate moonraker, vere e proprie corriere che trasportano i pochi meritevoli. Bond deve sventare il diabolico piano assieme alla Dr.ssa Holly Goodead (Lois Chiles), un'agente della Cia sotto le spoglie di astronoma per Drax.
Moonraker ha ricevuto recensioni controverse nel tempo, chi lo apprezza per la sua grande spettacolarità, chi lo critica per la sua eccessiva, pacchiana, ridondante spettacolarità, basata su fatti scientificamente poco credibili e smascherabili facilmente ad occhio nudo (uno shuttle a pieno carico di carburante, trasportato sul dorso di un jumbo, chiavi in mano pronto per essere messo in moto e partire). Hanno ragione entrambe le fazioni, Moonraker è tra i film di Bond più esagerati e sboroni, non manca niente in questi 126 minuti, accade di tutto e molto spesso richiede una generosissima sospensione di incredulità per essere seguito (Moore che si rotola nell'acqua battagliando con una gigantesca anaconda di peluche crea qualche imbarazzo), oppure semplicemente basta ripetersi che è un film di 007, stesso motivo per il quale le donne sono solo giovani, belle, ammiccanti e disponibili. Stavolta la sceneggiatura è piena zeppa di Bond girls, una miriade sparpaglia tra grandi e piccoli ruoli. C'è Corinne Clery, pilota di elicotteri di Drax e tuttofare, la quale tra tutte le cose che fa, fa anche una brutta fine, non prima di averci mostrato il suo décolleté e essere giaciuta con Bond. C'è la Chiles, tra le più famose modelle americane degli anni '70, che avrà una discreta carriera al cinema e in tv, C'è Emily Bolton, l'agente di Rio, al centro di un bel po' di azione con Moore tra i paesaggi carioca ed il carnevale locale. C'è Irka Bokenko, misteriosa commessa di una vetreria di Venezia, che poi rivedremo tra le ancelle di Drax. Idem per la guida del museo del vetro di Venezia, Anne Lonnberg. Ci sono tutte le madamoiselle di Drax, silenziose e penetranti bellezze che arredano la sua magione principesca come fanno le conigliette di Hefner alla Playboy mansion. C'è Blanche Ravalec, ex hostess e poi attrice (ricordata prevalentemente per questo ruolo), la ragazza di cui si innamora a prima vista Squalo (Richard Kiel) e non è difficilissimo capirne il perché, considerata la scollatura. C'è Leila Shenna, la hostess (stavolta vera) con la quale Bond amoreggia all'inizio del film, ma che si rivelerà una sua nemica. Infine c'è sempre lei Miss Moneypenny, interpretata da Lois Maxwell, che qui comincia ad apparire visibilmente invecchiata, anche se sempre di grande eleganza e compostezza.
Tante Bond girls, nessuna che ti rimane impressa, fatta eccezione per Dolly, la fiancé di Squalo, effettivamente molto sui generis (e dotata). Una scelta curiosa, financo discutibile, pertanto Moonraker verrà ricordato come un film "enorme", "gigantesco", opulento e allo stesso tempo uno di quelli dei quali non ti sovviene la relativa Bond girl. La trama è densissima, si salta di location in location, passando per l'Inghilterra, la California, l'immancabile Venezia, poi Rio, la giungla fino nello spazio, a bordo della stazione spaziale di Drax. Il film si chiude come La Spia Che Mi Amava, con politici e ministeriali che si collegano in diretta video con Bond il quale tuttavia, ancora nello shuttle, si intrattiene a gravità zero con Lois Chiles, la quale gli chiede con un languore svenevole di farle fare "un altro giro intorno al mondo", e lui: "Perché no..." Sipario. La parte nello spazio è effettivamente molto borderline, risente evidentemente dell'intenzione di acchiappare il pubblico di Star Wars e rivista oggi, a distanza di tanti anni, fa un po' tenerezza per la sua ingenuità e la sua faciloneria. Hugo Drax nell'interpretazione di Lonsdale è troppo composto, troppo "periferico" per eternarsi tra i grandi cattivi di Bond. Lonsdale è sostanzialmente inespressivo oltre che buffamente rigido nella sua postura. Squalo in compenso vede enormemente ampliata la sua parte, piena di momenti comici, facce e faccette ed un finale con salto della quaglia dalla parte dei buoni. In generale l'umorismo non manca, decisamente aumentato da quando Moore prende il posto di Connery. Qualcuno si ricorda il video di Madonna "Die Another Day", theme song di La Morte Può Attendere con Pierce Borsnan del 2002? Era ispirato alla scena di colluttazione fra Bond e il samurai Toshiro Suga nel museo del vetro di Venezia. Qui invece l'artista chiamata a cantare la canzone del film è per la terza volta Shirley Bassey. Era stato considerato anche Sinatra, mentre Kate Bush declinò l'offerta. La Chiles avrebbe dovuto interpretare la Amasova nel film precedente, ma il ruolo andò alla Bach poiché la Chiles traccheggiò. La moretta Jaclyn Smith di Charlie's Angels era stata presa in considerazione invece per il suo ruolo in questo film, ma la parte venne poi assegnata alla Chiles, evidentemente per recuperare l'occasione persa del '77.