Miele Di Donna, coproduzione italo-spagnola, è l'unico vero e proprio film di Gianfranco Angelucci, altrimenti noto per due operette su Fellini, due documentari su Fellini (oltre ad aver scritto proprio con Fellini Intervista e sceneggiato un film tv della Rai su Mozart tratto dal romanzo di Mörike, Mozart In Viaggio Verso Praga. In definitiva, l'intera carriera cinematografica di Angelucci ruota attorno a Federico Fellini, il che rende più che comprensibile il perché anche Miele Di Donna abbia tratti vistosamente felliniani come natura ed impostazione (e persino cast). Mondi onirici e seni abbondanti, due trademark che "inchiodano" indelebilmente Angelucci alla propria provenienza. Il racconto è su un doppio registro, uno reale nel quale l'aspirante scrittrice Catherine Spaak costringe - pistola in pugno - l'editore Fernando Rey a leggere la bozza del suo romanzo, ed uno fantastico nel quale il testo della Spaak prende vita e viene mostrato esplicitamente allo spettatore. La coppia Spaak/Rey fa da cornice al film, ovvero lo apre e lo chiude, tutto il resto sta nel mezzo, ed è il nucleo vero e proprio della storia. Clio Goldsmith (la quale aveva esordito l'anno prima con il botto ne La Cicala di Lattuada) è la nuova pensionante della Pensione Desiderio, dove viene accolta dalla padrona Donatella Damiani, sorpresa dalla Goldsmith mentre in vestaglia amoreggia con un uomo misterioso. Da quel momento in poi la Damiani la prende generosamente sotto tutela e la scorta lungo i vari ambienti della pensione, in un viaggio onirico da Alice nel Paese delle Meraviglie. La Goldsmith ha un'aria sempre stralunata, un'espressione che coniuga ingenuità e malizia (come la descrive la sua stessa creatrice Spaak), cala dall'alto in ogni situazione rimanendone affascinata, che si tratti di una accogliente vasca da bagno, di un uomo che si fa la barba (e poi la cameriera, cioè Adriana Russo), dell'affascinante Luc Merenda, sorta di santone indiano dedito a yoga e tantra sessuale, o della stessa Damiani che flirta continuamente con lei.
Angelucci descrive un vero e proprio viaggio iniziatico sessuale dove cosa accade ha molta meno importanza delle atmosfere con le quali i fatti si susseguono. Non c'è una grande logica, non c'è un motivo razionale per il quale la Goldsmith accetti di spogliarsi davanti ad una estranea e poco dopo di giocarci in modo evidentemente erotico. Lo stesso dicasi per la sua morbosa curiosità per gli esercizi ginnici (e non solo) di Merenda o per la seduta d'amore tra Lino Troisi (l'uomo della barba) e la Russo, alla quale assiste per caso ma la cui casualità si trasforma in men che non si dica in voyeurismo consapevole e partecipato. Del resto siamo alla Pensione Desiderio (che nessuno riesce mai a trovare, come fosse un episodio de Ai Confini Della Realtà), nella quale evidentemente i desideri prendono forma, anche quelli inconsapevoli, e dove cadendo in un armadio ci si ritrova in un'altra stanza. Impossibile dunque usare il metro della spiegazione consequenziale, bisogna solo immettersi nel flusso e lasciarsi trasportare, esattamente come fa la Goldsmith, godendo di ogni ammiccamento afrodisiaco e provocante che Angelucci decide di offrirci. Stupisce la presenza della Spaak, che si presta ad un filmetto nel quale lei in prima persona non commette alcun "peccato", ma che certamente le guasta un po' l'allure da signora dei quartieri alti. Il finale, che mette a segno un piccolo "twist", è per la verità abbastanza telefonato, e forse sarebbe stato opportuno se quanto visto sin lì (che poi è il racconto partorito dal personaggio della Spaak, dunque incline a certe pruderie) avesse comportato una qualche conseguenza erotica anche nella realtà abitata da Fernando Rey e dalla Spaak; questo si avrebbe avuto perfettamente senso ed una sua logica, ma evidentemente si è scelto di separare nettamente i due mondi, lasciando l'erotismo alla Pensione Desiderio, e mantenendo un aplomb più formale e rigoroso nella cornice del film.
Personalmente ho sempre e solo visto la versione televisiva, che molto probabilmente ha qualche taglio dato che in fin dei conti, tranne che per la Russo che amoreggia, qualche nudità della Goldsmith (condita da guepiere in bella mostra) e il seno gargantuesco della Damiani - sempre sul punto di esplodere ma poi invece sempre trattenuto dalle stoffe - non si eccede granché con i dettagli anatomici. Lo stile di Angelucci per la verità non è troppo volgare, quanto piuttosto sognante, dunque ha uno suo perché questa "misura" anche nell'erotismo, tuttavia credo proprio che qualche minuto sia stato opportunamente (si fa per dire) censurato per i passaggi televisivi. Miele Di Donna (il cui titolo suona criptico) è tutto sommato un'operetta gradevole, anche se sa di inconsistenza, di incompiutezza; si vedono belle donne, si apprezza la leggerezza, che in qualche caso è talmente evanescente da diventare vapore, e a mio parere pecca di eccessiva lentezza. Angelucci indugia davvero troppo sulle espressioni della Goldsmith, ritratta in tutte le salse; siamo d'accordo che la sua avvenenza lo meritasse, ma sono troppi i minuti nei quali semplicemente la vediamo sgranare gli occhi o voltarsi distrattamente a destra e a sinistra, senza nulla che abbia la minima parvenza di una sostanza (narrativa). Enigmatica la rivendicazione di Adriana Russo (che nel film è la sorella della Damiani, anche se la prima è una sguattera sempre rimproverata dalla Damiani, la quale invece si atteggia a gran padrona), quando ad un certo punto, evidentemente irritata dall'arroganza della Damiani, urla che quella "ha le tette!", verità incontrovertibile ma che non si capisce cosa sottintenda (se non, banalmente, il fatto che con simili curve lei possa permettersi tutto, comandare e anche concupire Luc Merenda, che invece alla Russo è negato). Citazione d'obbligo per la presenza di Susan Scott, che interpreta la parte di una sorta di severissima istitutrice di collegio nella quale incappa la Goldsmith durante il suo peregrinare. Senza alcun perché, la Goldsmith è costretta a sottomettersi alla rettrice Scott, subendone le reprimenda (ovviamente bacchettone), mentre al contempo (altrettanto prevedibilmente) la Scott freme di desiderio sessuale. Musiche di Riz Ortolani.