Charles Robert Band, nato a Los Angeles con il vero nome di Carlo Antonini, tradisce evidenti origini italiane; è infatti il figlio di Alfredo Antonini, regista di film di genere come Ghoulies II, Invasori Dalla IV Dimensione, Guerre di Robot e di qualche western assieme a Sergio Corbucci (Massacro Al Grand Canyon) e Mario Sequi (Gli Uomini Dal Passo Pesante). Il figlio Charles segue pedissequamente le orme del padre dedicandosi perlopiù a horror di stampo indipendente tranquillamente classificabili come "b-movies". Meridian (con l'aggiunta del sottotitolo Kiss Of The Beast in originale) è né più né meno che uno di questi, sebbene realizzato con un budget discreto e con una location che il tipico film commerciale americano si sogna, ovvero il parco di Bomarzo (nel viterbese) con annesso castello di Giove (a Terni). Qui Band dispiega una sceneggiatura (scritta assieme a Dennis Paoli) sospesa tra passato e presente, che pesca a strascico dalla celebre favola de La Bella e La Bestia, ricalibrandone il romanticismo ed iniettandola di una robusta dose di sensualità. Il film è perlopiù classificato come un horror erotico ma in verità è poco horror e poco erotico. Più che di orrore si dovrebbe parlare di cinema fantastico, ancorché dalle tonalità cupe (si potrebbe dire lo stesso per Legend di Ridley Scott), e anziché scomodare l'erotismo basterebbe limitarsi a segnalare una certa sensualità di cui è permeata la pellicola. A conti fatti c'è una sola scena di sesso anche se insistita, prolungata ed affatto parca. Non è una parentesi "tanto per", visto che quella unione di corpi è un fondamentale snodo narrativo che marca tutti i perché a venire da quel momento in poi. Band la sottolinea e la esalta in ogni modo, prendendosi il suo tempo, girandola addirittura in un estenuante ralenty e sdoppiandola su due livelli paralleli, uno che vede protagonista Sherilyn Fenn e l'altra Charlie Spradling.
Non c'è molto altro di erotico in tutto il resto del film ma il punto è la Fenn, più o meno consapevolmente ha una fisicità profondamente erotica che genera incandescenza immediata. Probabilmente questo non le ha portato molta fortuna in carriera, inizialmente forse si ma poi è rimasta inchiodata da quel corpo. Indipendentemente dalla sua volontà, le fattezze, lo sguardo, il corpo dell'attrice di Detroit (qui fotografata un attimo prima dell'esplosione in Twin Peaks, sempre del 1990) incendiano prepotentemente lo schermo. Dubito che Band non se ne sia accorto o non l'abbia addirittura scelta proprio per questa sua peculiarità, anche perché, a dire il vero, senza Sherilyn Fenn il film non avrebbe granché da offrire. La storia dopotutto è banale, la regia non rimane in mente per la grandissima personalità; ciò che colpisce lo spettatore è l'ambientazione e le due fanciulle (Fenn e Spradling) oggetto del desiderio di una compagnia di saltimbanchi. Alcuni dialoghi lambiscono il ridicolo ed anche alcune interpretazioni; su tutte, proprio nel momento di maggior climax, alla risoluzione dell'annosa maledizione che percorre per intero il film, gli attori quasi si danno una pacca sulla spalla, sorridenti e spensierati, come se avessero appena riparato una gomma bucata anziché sconfitto gli arcani del tempo e dello spazio. D'accordo il tono fiabesco, ma c'è un limite a tutto. Difficilissimo per lo spettatore immedesimarsi in questa vicenda che puzza di finzione ed artificio dall'inizio alla fine; si accetta il gioco solo per la volontà di seguire la sottoveste svolazzante della bella castellana Sherilyn.
Meridian (a cosa vada attribuito il significato del titolo tra l'altro rimane del tutto oscuro) assomiglia un po' al castello degli orrori di un parco divertimenti, lo attraversi curioso di vedere per quali attrazioni hai pagato il biglietto ma non ci credi neanche per un istante. Quasi senti l'odore della cartapesta. Non stupisce infatti che sia una produzione direct-to-video, mentre stupisce parecchio che ad occuparsi della colonna sonora ci sia addirittura Pino Donaggio (uno dei suoi lavori più insignificanti). Tra le facce italiane (di contorno) si segnalano Isabella Celani (la zia fantasma), Fernando Cerulli (caratterista notissimo del nostro cinema di genere) e Mohamed Badrsalem (indimenticabile bestione "arabo" di tanti nostri film tra gli anni '80 e '90). Le malelingue (magari assi ben informate) affermano che il costume della bestia sia stato trafugato dal set del Dracula di Coppola dal truccatore Greg Cannom (premio Oscar per quel lavoro). Esiste una eccellente edizione del film in bluray prodotta dalla Digit Movies, peccato solo che tanta perfezione visiva sia quasi sprecata per il film in sé... ma almeno è possibile ammirare la bellezza della Fenn nel massimo della definizione dei pixel.