Elizabeth Taylor non godeva granché del favore della critica all'altezza di questo Mercoledì Delle Ceneri, le sue quotazioni erano in ribasso. Certamente nessuno osava sminuire il suo talento e la sua leggendaria bellezza, ma da qualche tempo la critica non pareva soddisfatta delle pellicole interpretate dalla Taylor, tant'è che l'accoglienza a tratti entusiastica di questo film fece dire (ad esempio al Variety) che Mercoledì Delle Ceneri fosse la miglior prova della Taylor da un pezzo a quella parte (con tanto di maliziosa sottolineatura anche dei kg persi). Non tutti per la verità ne parlarono bene, ma il vento era cambiato. Nonostante il titolo letterario, la sceneggiatura non ha nulla a che fare con il poema di T.S. Eliot, quanto piuttosto è dovuta al fatto che tutto si compie tra martedì grasso ed il mercoledì delle ceneri. La vicenda è cucita addosso a Liz, che interpreta una moglie 55enne (avendone in realtà appena 41) il cui matrimonio sta naufragando a causa dell'innamoramento del coniuge Mark (Henry Fonda) per una ragazza più giovane della loro figlia (Margaret Blye). Disperata ed impulsiva, Barbara/Liz si sottopone in segreto ad un intervento di chirurgia plastica e poi vola a Cortina aspettando il marito per una romantica vacanza sulla neve. Riceverà prima la visita della figlia, poi quella di Mark, con il quale potrà solo prendere atto della fine del matrimonio. Di per sé la sceneggiatura non riserva grandissimi sussulti, incanalandosi esattamente dove sin dall'inizio era previsto che andasse. Diventa dunque dirimente come tutto il viaggio emotivo di Barbara viene descritto. L'incipit del film è forte e scioccante, siamo in clinica e la Taylor sta ultimando le visite preliminari all'intervento. Il trucco per invecchiare l'attrice è pesantissimo, grottesco, impossibile pensare che non fosse voluto. Il confine con il ridicolo è labilissimo e credo che un effetto così grossier fosse inteso come amplificatore delle atmosfere che accompagnano questa parte di pellicola. E' tutto estremamente freddo, chirurgico per l'appunto, spersonalizzante come l'ospedale, non c'è la minima traccia di emotività, è una catena di montaggio di carni umane dove la paziente viene scucita, tagliuzzata e rincollata. L'operazione ci viene mostrata nei minimi dettagli, con particolari da film horror, un vero pungo nello stomaco per un sonnacchioso pubblico borghese e magari un po' agée accorso al cinema per vedere l'ultimo film della Taylor. Il chirurgo palpa l'adipe in eccesso, una rapida ripresa in campo lungo fa intravedere dei seni un po' cadenti, e tutto il volto della Taylor è letteralmente scavato da rughe e doppio mento.
Terminata questa parte tetra, grigia e alienante, la protagonista vola a Cortina, dove il registro cambia (apparentemente) di 180 gradi. Feste, vacanza, alberghi, ristoranti e turismo flamboyant, con la Taylor che indossa vestiti e gioielli degni di Cleopatra, specchiandosi in ogni superficie specchiante, appagata del suo nuovo aspetto, in fremente attesa del marito che però ritarda giorno dopo giorno. Nel frattempo la malinconia e la noia assalgono Barbara, la quale finisce col cedere alle avances di un bell'imbusto con la faccia (da psicopatico) di Helmut Berger. Il colpo di grazia arriva quando la figlia le dice che il marito non ha alcuna intenzione di recuperare il ménage, fino ad allora Barbara aveva resistito, ma a quel punto molla i freni inibitori. Tuttavia la speranza è sempre quella di rinsaldare il rapporto con Mark, speranza destinata ad evaporare non appena l'uomo la raggiunge (finalmente) a Cortina. Non ne ha alcuna intenzione, vuole il divorzio. Nella camera dell'albergo tra i due si consuma il momento più drammatico del film, con la Taylor che piange e strepita, e in una scenata magistrale (degna della sua fama) rinfaccia al marito tanto il suo sofferto intervento chirurgico, quanto il suo adulterio con un semi sconosciuto, nel tentativo di provocare una reazione in Mark. Egli tuttavia, con il massimo della calma e del distacco, si congratula con Barbara per aver abbracciato nuovamente la vita attraverso queste esperienze che le consentiranno di ripartire da capo e rifarsi una nuova esistenza. E' la fine, Liz si arrende ed al mattino dopo accompagna il marito al treno, per l'ultimo saluto. I due si congedano augurandosi felicità reciproca e, mentre il treno scompare all'orizzonte, Barbara lascia la stazione con il viso inondato di lacrime.
Tutta la parte a Cortina è, se possibile, ancora più necrofila di quella in clinica. Le figurine che circondano Barbara sono come quelle che il 31 dicembre devono festeggiare ad ogni costo, senza un perché, come automi programmati per essere sempre addobbati a festa. I pasti consumati in solitudine (con dolci da Bridget Jones in depressione), gli sguardi languidi, l'insicurezza interiore che neppure il lifting riesce a scacciare fino in fondo, il cedimento ad un buzzurro qualunque che ha solo la bellezza come arma da sfoggiare, sono tutti passaggi obbligati di un crepuscolo inesorabile di una donna che si rifiuta di accettare il proprio destino. Ogni personaggio principale del film è una miniatura di egoismo e disperazione, Barbara non vuole vedere la realtà per quella che è; la figlia a 30 anni (la Blye ne aveva 34, appena 7 meno della Taylor che impersona sua madre) è già la quint'essenza del cinismo, con un divorzio alle spalle dopo appena 2 anni di matrimonio; il marito Henry Fonda è il classico uomo che invecchiando rivolge lo sguardo ad una ragazzina e afferma pure di meritarselo, dopo una vita di sacrifici e duro lavoro, come se tutto ciò non fosse stato condiviso - nella gioia e nel dolore - con la donna che ha sposato. Poi c'è Helmut Berger, uno sciupafemmine con il piede in mille staffe contemporaneamente, che rivela apertamente a Barbara di ritenerla solo un'altra conquista, senza alcuna intenzione di coltivare un rapporto duraturo, anzi spingendola a tornare dal marito. Infine c'è Keith Baxter, un fotografo che Barbara conosce in clinica poiché anche lui è lì per darsi una ringiovanita. Un edonista superficiale e tronfio di frasi fatte e massime esistenziali da cioccolatini. Terribile l'umanità che popola questo film. La povera Barbara in fondo è una vittima, che tuttavia non fa nulla per uscire dalla propria condizione nella quale si autoconfina con estrema tenacia e testardaggine.
Ottima la prova d'attrice della Taylor, bella in modo imbarazzante. Venne anche nominata ai Golden Globe. Imbarazzante in tutt'altro senso il finale, mozzo e telefonatissimo; ci si aspetterebbe perlomeno che la storia continuasse un altro po', in attesa di vedere i prodromi della nuova vita di Barbara, e invece si consuma tutto in quella stazione italiana, in nome di un patetismo retorico e sentimentale che non vuole proprio lasciare spazio ad altro. Qualche dialogo suona un po' stupidino (come quando, dopo aver assistito ad un incidente per guida spericolata, Barbara lascia guidare la propria macchina proprio a chi aveva provocato l'incidente, beandosi tra complimenti di circostanza). Il film venne effettivamente girato a Cortina, con riprese da cartolina (c'è pure il la chitarrina napoletana mentre i commensali mangiano al ristorante). Mercoledì Delle Ceneri non è un film epocale, tuttavia ha vari spunti ugualmente interessanti, la Taylor, la sua età in rapporto a quella del personaggio, l'estrema brutalità della prima parte del film rispetto al languore della seconda, i costumi di scena (davvero degni di un museo), un certo clima anni '70 di cupio dissolvi che lascia un enorme senso di disagio addosso.