
Una dichiarazione d'amore a New York, ma anche al cinema, perché a mio parere Manhattan (1979) è tra le pellicole imprescindibili tanto di Allen quanto della storia del cinema tout court. Posso definirlo senza ombra di dubbio il mio film "preferito" di Woody, per l'incredibile eleganza dell'immagine, la delicatezza di tocco, la sinergia perfetta tra dolcezza ed amarezza, risata e malinconia, dramma, sentimentalismo e comicità. Non che ad Allen manchino altri esempi di buon cinema, ma oserei affermare che Manhattan è il film della carriera, definizione antipatica e tutto sommato pur sempre soggettiva, ma l'ho premesso che stavo "osando".
96 minuti intasatissimi di dialoghi, come sempre del resto; sono i rumori di fondo di una città che vive la sua giornata, i personaggi ed i discorsi dei protagonisti del film costituiscono l'anima di New York, il suo pulsare, il suo ciclo vitale dall'alba al tramonto, dopo il quale tutto ricomincia da capo. Seguiamo le depressioni e le mille insicurezze di Allen, intellettuale depresso, non realizzato, che lascia il lavoro di autore televisivo perché troppo stupido e stereotipato, e che intende avventurarsi nella scrittura di un libro. Gli amici e gli ambienti che frequenta sono tutto un fiorire di libri, articoli e recensioni, c'è tanta spocchia, mista anche elucubrazioni intellettuali acute e pertinenti. Poi ci sono le donne, due ex mogli alle spalle (una tossicodipendente che ha imparato a drogarsi quando era maestra d'asilo, ed una lesbica), l'attuale compagna (17 anni contro i 42 di Allen) e l'oggetto del desiderio, Diane Keaton, tronfia intellettuale femminista cattolica, col mito della potenza sessuale dell'ex marito, e con un ego gigantesco che cela allo stesso tempo un'altrettanto gigantesca insicurezza di sé (infatti è in psicanalisi perenne, anche se il suo psicanalista si fa di LSD e la chiama singhiozzando in cerca di conforto alle 3 di notte). Il miglior amico di Allen è Michael Murphy (Yale), donnaiolo irriducibile, estremamente indulgente con se stesso, con i suoi difetti, con la sua immaturità affettiva.
Una cosmogonia di figurine verso le quali si prova affetto e trasporto, paralizzate dalle loro mille paranoie, manie, ossessioni. La sola anima candida è la liceale fatina Mariel Hemingway, l'unica in grado di calmare e rasserenare Allen. Lui, eterno indeciso, non è in grado di coglierne il valore ed i benefici che ne riceve, atterrito dalla differenza d'età, e anche quando comprende finalmente l'importanza della Hemingway nella sua vita, è troppo tardi, un'altra sconfitta da aggiungere alla lista. Dialoghi e fotografia sono le virtù principali del film, irresistibili i primi (ancorché verbosi), iconica la seconda, immersa nel meraviglioso bianco e nero di Gordon Willis, che trasforma New York nella vera protagonista del film. E poi c'è la musica di Gershwin, degnamente sceneggiata dai fotogrammi di Allen, quasi come se il film fosse una lunga coreografia per le note del compositore americano. Allen ha sempre dichiarato che l'idea stessa del film è scaturita proprio dal suo amore per Gershwin.
Tantissimi i momenti entrati nella storia di Allen, dalle scene girate al planetario, al dialogo tra lui e Yale nell'aula scolastica con gli scheletri (quella nella quale Allen viene accusato di credersi Dio, e lui risponde che a qualche modello deve pur ispirarsi), o anche l'occasione in cui Allen conosce la Keaton, e tutto il seguente sproloquiare sui "geni sopravvalutati" dell'arte, della letteratura, della musica, nella quale Allen "combatte" con i propri mostri sacri, mettendo in bocca all'arrogante Diane Keaton parole di fuoco. Al termine del simposio pieno di prosopopea della Keaton, Allen chiede disperatamente alla Hemingway di andar via (ed è esattamente il momento nel quale la freccia di Cupido è stata scoccata). E poi c'è la scena in cui Allen ripete ad un registratore per cosa "vale la pena vivere", la sua estetica della bellezza: Groucho Marx, Joe Di Maggio, il secondo movimento della sinfonia Jupiter, "Potetohead Blues" di Armstrong, i film svedesi, "L'Educazione Sentimentale" di Flaubert, Marlon Brando, Frank Sinatra, le mele e le pere dipinte da Cezanne, i granchi da Sam Wu. Consiglio caldamente la visione in bluray del film, davvero qualcosa che riconcilia col mondo.