
Julio Medem esordisce nel '92 con Vacas, col quale vince il premio Goya (come miglior nuovo regista) e svariati altri premi in giro per i festival cinematografici del mondo (Londra, Montreal, Tokyo, Torino). Da lì in poi ogni sua produzione viene largamente apprezzata ed applaudita, tanto da pubblico e critica. Si arriva così al 2001, al film che tragitta il basco nel nuovo millennio, Lucía y El Sexo, una pellicola sfidante che riceve ancora un'accoglienza entusiasta in Spagna, oltre a ben 12 nomination al Premio Goya. Il film arriva anche in Italia e senza alcun taglio censorio, ma ciò comporta l'automatico divieto ai minori di 18 anni a causa delle scene di sesso esplicito presenti nel film (e che non era difficilissimo ipotizzare, visto il titolo). A proposito del titolo, ci sta ma è un po' furbo, perché se da una parte attrae potenziali spettatori, dall'altra sbilancia e parecchio l'idea che uno si potrebbe fare sulla vera natura del film. Non si tratta di una storia che verte ostinatamente e maniacalmente sul sesso, Lucía (Paz Vega) fa sesso ma tale pratica non la definisce in quanto personaggio, né rappresenta la chiave di lettura di quanto ci viene narrato. E' semplicemente che Medem mette consapevolmente in scena ciò che accade tra due persone che si amano e/o si desiderano, senza infingimenti, senza ellissi, senza pudori, perché (pure) il sesso serve a rendere l'intensità di un rapporto amoroso, anche se non in maniera esaustiva. Se però vedi il cartellone del film, con quel titolo, con quel vestitino birichino della Vega (che nel film non indossa), con i seni che fanno capolino dalla scollatura, ti aspetti una commediola scollacciata, effimera e assai più frizzantina di quello che è. Dato che Lucía y El Sexo è tutto fuorché una commedia, è un dramma intenso e lacerante, condito di sesso ma senza che l'erotismo prevalga su accenti amari e persino autolesionisti e distruttivi.
C'è chi ha evocato David Lynch, per la mescola di realtà e sogno, e per la descrizione degli eventi frazionata su piani temporali diversi che si interrompono l'un l'altro, con il risultato che lo spettatore va avanti e indietro con i personaggi, e passo passo trova il giusto incasellamento per tutte le tessere del puzzle, che quando poi iniziano a dar forma al disegno finale fanno venire le vertigini. Lucía y El Sexo è un bellissimo ed enigmatico film, girato (in digitale) ed interpretato con una naturalezza impressionante. Medem ha idee da vendere sul come rendere cosa, sulle immagini, sui tempi del racconto. Il cast, guidato da una Paz Vega sensazionale, è padrone delle emozioni e dei sentimenti, e li manipola offrendoli allo spettatore con una maestria che lo attira come un magnete col ferro. Il film ha diverse location (Madrid e Formentera), sottolineate da quadri di luce molto differenti (fino alla sovraesposizione dell'immagine). Così come l'alternanza del simbolismo sole e luna nel film riveste una forte importanza, altrettanto luce e buio, giorno e notte si sfidano a duello nei fotogrammi, per dare verticalità alla storia. Allegorie e metafore sono il pane quotidiano lungo i 128 minuti di visione, oltre alla sovrapposizione di piano reale e piano onirico, dove l'uno integra e completa l'altro, se non lo espande addirittura. Inizialmente si può forse faticare un po' a riconnettere il tutto, nel tentativo di decriptare dove Medem intenda portarci, ma poi, come saliti in groppa ad uno scivolo, la risoluzione degli eventi arriverà in un battibaleno e correrà all'impazzata verso il finale, quasi senza permettere di tirare il fiato. Finale naturalmente aperto.
Si rimane sospesi guardando il film, si sente una sensazione metafisica, come se tutto potesse essere una gigantesca visione scollata dalla concretezza, un'altra dimensione dove poter assistere a come andrebbero le cose se, un gigantesco "what if" che funge da bagaglio di esperienza esistenziale per lo spettatore, così da far chiarezza nel proprio caos e trovare una via luminosa per vivere una vita serena e felice. Paz Vega si mette moltissimo in gioco, accettando una parte estremamente sensuale, ma che serve a restituire al suo personaggio tutta la genuinità, la freschezza e la trasparenza di cui ha bisogno, così per come lo ha pensato Medem. Il sesso è impeto creativo (e lo è di fatto nel film, visto che ad un certo punto arriva una figlia), ma anche distruttivo; la scrittura di Lorenzo (Tristán Ulloa) è impeto creativo, la rigenerazione e la catarsi dei personaggi sono impeto (auto)creativo, e vedrete falli e vagine in ogni cosa (nei fari come nelle grotte). Ci sarà tempo per l'eccitazione come per la necrofilia, per la spensieratezza come per la depressione ed il nichilismo, e poi la speranza e la sopravvivenza. Lucía y El Sexo verbalizza il sesso e tutto ciò che gli ruota attorno senza le grottesche bizzarrie a tratti kitsch di Almódovar e Bigas Luna, adotta un registro intimo e potente al contempo, senza eccedere nell'autocompiacimento estremista di un Lars Von Trier, e soprattutto conserva in sé uno spirito tipicamente iberico che soffia oltre lo schermo, abbattendo la quarta parete, come fossero gli schizzi delle onde del Mare delle Baleari.