Nel 1987 Lamberto Bava è sostanzialmente quasi al capolinea della sua avventura cinematografica, metterà in fila pochissimi altri titoli dopo questo e l'unico veramente degno di nota sarà Ghost Son nel 2006; Serena Grandi invece è in piena esplosione di carriera, l'attrice del momento, sono passati appena due anni dalla consacrazione erotica di Miranda eppure la maestosa Faggioli da Bologna ha già messo in fila altri cinque film, lavorando anche per registi come Dino Risi e Sergio Corbucci. Un incrocio di carriere agli antipodi, per molti motivi; un incrocio di personaggi che non si traduce in un idilio a prima vista. Bava è scocciato per il mancato adempimento di una promessa che vedeva Edwige Fenech protagonista del film. Invece arriva Serena Grandi, una donna completamente diversa, una fisicità molto più pesante e marcata, un'attrice non all'altezza della Fenech. Si parte male. Inoltre, a detta di Bava, sul set la Grandi aveva atteggiamenti (ed una paga) da diva, con conseguente corollario di grandi attese, ritardi e capricci.
A ben guardare, praticamente nessuno degli addetti ai lavori coinvolti ha un buon ricordo di questo lavoro. Bava sostiene che sarebbe potuto essere un buon film.... ma non lo è stato; Antonio Geleng, scenografo, lamenta di essere stato poco stimolato professionalmente poiché tutto il set era praticamente un unico ambiente (una villa all'Olgiata), per altro secondo lui estremamente kitsch e pacchiano; Gianlorenzo Battaglia, direttore della fotografia, non ha amato il taglio patinato delle luci imposto da Bava alle scene; Luigi Montefiori ha definito Le Foto Di Gioia una schifezza che non vale niente e alla quale si è prestato solo per soldi, aggiungendo anche che secondo lui la Grandi era una cagna di attrice e una poveretta come persona. Un bel quadretto insomma. Né si registra un profluvio di dichiarazioni entusiaste sul film da parte delle protagoniste, Sabrina Salerno, Katrine Michelsen, Daria Nicolodi, Capucine e la stessa Grandi. Anzi, non se ne registrano proprio, silenzio di circostanza.
Quindi, dato il contesto, è lecito aspettarsi un disastro totale, un film orrendo, un obbrobrio inguardabile, giusto? Sbagliato. Talvolta i diretti interessati, per problemi di memoria o per smania di perfezionismo (o anche meramente per autolesionismo) amano picconare alcune stagioni della propria vita. Le Foto Di Gioia non è il miglior film mai realizzato, non è un'opera imperdibile della cinematografia mondiale, non è l'alfa e l'omega della settima arte, tuttavia è una pellicola che nel suo contesto (cinema commerciale, di genere, giallo thriller con spunti erotici e qualche eco argentiana) ha un proprio posto dignitoso e che - per quanto Bava e detrattori si possano stupire - riesce a divertire ed intrattenere. A me è sempre piaciuto; non che non ne riconosca i difetti, ma il giudizio poi si deve fare complessivo ed in tal misura Le Foto Di Gioia per me è sempre stato un film da pollice in su.
La prima cosa che viene da pensare è come sarebbe stato se al posto della Grandi ci fosse stata la Fenech. Non si fa fatica a capire perché la bell'algerina non abbia partecipato ad una sceneggiatura che in effetti le sarebbe andata troppo stretta. La sua presenza avrebbe assicurato più classe, più raffinatezza e più thriller, a dispetto invece di una massiccia incursione nell'ambito sexy dovuta alle "grandi" forme della Grandi. E però il deluso Bava è il primo a marciarci, sfruttando ampiamente le "doti" della Grandi a fini di botteghino, sin dai titoli di testa (il servizio fotografico nude look di Serena non sarebbe certo potuto essere così esplicito ed erotico con la Fenech), per non parlare della scena della vasca con Montefiori o di altri dettagli sparsi lungo il film (la sauna con i promontori in primo piano). Chiaro che Le Foto Di Serena sono state completamente diverse da quelle che sarebbero potute essere Le Foto Di Edwige, tuttavia la Grandi dà un'impronta al film, la sua, e col senno di poi non mi sento di dire che il marchio di Serena sia andato necessariamente a detrimento dell'intero progetto, anzi. Si è semplicemente trattato di qualcosa di completamente diverso, avrebbero detto i Monty Python.
Il grande entusiasmo di Bava e Battaglia per le visioni oniriche dell'assassino (le luci rossastre accompagnate dal respiro affannato di Darth Vader o le maschere zoomorfe delle vittime) non mi hanno visto altrettanto esultante, mi sono sembrate un impoverimento un po' grossolano del film anziché una genialata. Belli invece gli ambienti, qualche buona trovata di sceneggiatura c'è e nel complesso l'atmosfera regge. E' un film di genere, con codici e cliché precisi da rispettare, qualche faciloneria (quando viene uccisa la Michelsen si vede chiaramente che è controfigurata, forse addirittura da un uomo con le tette finte o comunque da una donna parecchio mascolina, e persino il vestito di scena è diverso, uno ha degli spacchi laterali dalla vita in giù, l'altro lungo tutto il fianco), delle reminiscenze argentiane (la musica di Boswell fa molto Phenomena, le soggettive dell'assassino, lo scintillìo dei coltelli, la bizzarria di alcuni personaggi, per non parlare della Nicolodi), altre hitchcockiane (qui la finestra anziché sul cortile sta sulla piscina). Finale truculento ma apprezzabilissimo. Sulla Grandi se ne sono dette e scritte di ogni (in negativo intendo) ma, al netto dell'impressionante silhouette, ha avuto secondo me il merito di incarnare una sua cifra, un suo stile, un suo modo di essere sul set che, piaccia o non piaccia, l'ha identificata in maniera univoca e immediatamente riconoscibile. Fatte le debite proporzioni, Serena Grandi, come la Loren, la Lollo o la Koscina, prima di essere l'attrice di questo o quel film è stata Serena Grandi, un pezzetto dei nostri sogni di celluloide destinato a vivere in eterno, oltre i film interpretati. Il resto, almeno per me, conta relativamente.