Piccolo grande capolavoro del cinema italiano, anno domini 1964. Quattro episodi per altrettanti registi e protagonisti, ma soprattutto protagoniste, visto il titolo del film. Il poker di donne prevede (in rigoroso ordine di apparizione): Virna Lisi, Elke Sommer, Monica Vitti e Gina Lollobrigida. Per tematiche, allusioni e nudità più o meno velate scattò addirittura il divieto ai minori di diciotto anni, poi la denuncia per oscenità (in particolar modo per colpa della Lisi e della Lollo). E arrivo persino la condanna, il 5 ottobre 1966, quando Gina Lollobrigida, Jean Sorel - suo sparring partner - Mauro Bolognini, regista, il produttore Gianni Hecht Lucari si presero due mesi di reclusione e 30.000 lire di multa per "oscenità" e "offesa del comune senso del pudore".
Per dare a Cesare quel che è di Cesare. Bisogna ammettere che il film è sì casto per quanto attiene a nudi (per noi uomini del XXI° secolo almeno) e scene di amplesso (del tutto assenti), quindi l'accusa di oscenità ci fa quasi tenerezza, visto che in un qualsiasi reality show o programma di Bonolis assistiamo a volgarità decisamente più grottesche e caricaturali, tuttavia è pure innegabile che Le Bambole contenga una vena di erotismo potentissima e "disturbante", ancorché latente, velato, allusivo (e magari proprio per questo più dirompente, come insegnano Hitchcock e Lo Squalo). Certo, la materia prima è sceltissima; la sintonia con Manfredi è totale quando nel primo episodio (La Telefonata - di Dino Risi) subisce la tortura di vedere Virna Lisi, in négligé, assumere qualsiasi posizione sul divano, senza poter consumare il tanto atteso amore coniugale (anche se si rifarà ampiamente). Poi abbiamo la Sommer alla ricerca del inseminatore italiano perfetto, da "manuale" (Il Trattamento Di Eugenetica - di Luigi Comencini), più simpatica e sbarazzina rispetto all'allure da femme fatale della Lisi, tuttavia a un certo punto si arriva ad una scena in reggiseno in camera da letto e lo spettatore capitola esattamente come il povero Piero Focaccia. Quindi seguiamo la disperatissima Vitti (in La Minestra - di Franco Rossi) nel tentativo di fare eliminare l'odioso marito (John Karlsen) da sgherri e spasimanti vari (forse la parentesi più dolce/amara e meno sexy), infine approdiamo ad una bombastica Lollobrigida, invaghita di un giovanotto (Jean Sorel) segretario e nipote di un Monsignore (Monsignor Cupido - di Mauro Bolognini), che sulla scorta di una novella boccaccesca si industrierà in ogni modo per far capitolare l'ingenuo e candido amante.
L'episodio con la Lollo è totalmente ammiccante, trabocca malizia e sensualità, la divina si produce anche in uno spogliarello sexy e insomma, c'è poco da vagare con la fantasia, il sesso (per altro adulterino) è il motore di ogni fotogramma qui, anche se non lo vediamo come lo vedremmo oggi (esplicitamente rappresentato). Semplicemente irresistibile e bellissima la Gina nazionale, averla ammirata così disponibile sul grande schermo all'epoca deve aver provocato non pochi bollori nei mariti e non pochi litigi coniugali, una volta usciti dal cinema. La Telefonata di Risi è forse - tecnicamente - il più sofisticato, con quella lunghissima manciata di minuti iniziali senza dialogo, fatti di musiche snervanti, facce impagabili di Manfredi, scosciate della Lisi e così tanti elettroni nell'aria da prendere la scossa al solo toccare il telecomando (...anche se si sarà capito che personalmente ho una debole per la Lollo). Il film nel suo complesso è divertentissimo, un meccanismo ad orologeria perfetto, non una virgola fuori posto. Eccezionali le musiche (di Trovajoli e Alessandroni) che sottolineano gustosamente ogni momento, assieme alla selezione di canzoni scelte per l'occasione. Una pellicola davvero meravigliosa, immortale, prova ne sia che a distanza di oltre 50 anni non perde un grammo di briosità, come una bottiglia di acqua frizzante appena stappata.