La Tigre Della Siberia è la chiusura ufficiale della saga di Ilsa, anche se nel frattempo, tra questo episodio ed il precedente Ilsa, La Belva del Deserto, Jesus Franco si era inserito con l'apocrifo Greta, La Donna Bestia. Greta mica è Ilsa, direte voi; però Dyanne Thorne è sempre Dyanne Thorne, l'ambientazione "donne in gabbia" ed exploitation di filiazione pseudo-nazi pure (anche se in realtà siamo in una clinica per donne con disturbi sessuali in America latina) e insomma, per farla breve, pure Greta si colloca piuttosto platealmente nella serie che vede la crudele e spietata Dyanne torturare e sedurre al contempo le sue vittime (il confine tra le due attività - come direbbe Sacher Masoch - talvolta si fa incerto), in nome di un "super- donnismo" quasi nietzschiano. Pure ne La Tigre Della Siberia il canadese Jean LaFleur si prende le sue licenze poetiche. Il personaggio della Thorne infatti non viene mai apostrofato come Ilsa (tutt'al più come "cagna di Stalin") e la vicenda ha luogo dapprima in Siberia (1957) poi a Montreal (1977), quindi niente Wermacht e uniformi di pelle nera. Tuttavia è chiaro come quello sia il punto di partenza e questo terzo film di Ilsa sia una sorta di evoluzione parallela dell'eroina negativa apparsa sugli schermi a partire dal 1975 con Ilsa, La Belva Delle SS.
Contrariamente al solito, la saga di Ilsa ha avuto un crescendo qualitativo episodio dopo episodio. Difficilmente i sequel sono migliorativi dell'originale, nel nostro caso invece è così; se il primo film - privo magari di una sceneggiatura forte - ha avuto il merito non indifferente di creare un personaggio enorme e fissare dei canoni ben precisi ai quali attenersi, già il secondo fa un deciso passo avanti dal punto di vista cinematografico. Un film più "film", assai più divertente e sostanzioso. La Tigre Della Siberia dei tre è forse il più ricco ed articolato a livello di plot, tant'è che il nazierotico e le gabbie lasciano il passo allo spionaggio e alle avventure in chiave 007. Il film è spaccato in due, una prima parte (mezzoretta circa) classicamente ambientata in un campo di prigionia. Stavolta è un gulag anziché un arbeit camp; la Thorne ed il suo petto leggendario imperversano titanici, avvolti in pelliccione, colbacchi e stivaloni con speroni e tacchi altissimi (nella neve?). Sotto di lei un manipolo di cosacchi intenti a torturare i prigionieri (in modi molto fantasiosi) e contendersi le voluttà notturne della donna. L'imprevista caduta di Stalin provoca la fuga degli spietati aguzzini, i quali, dopo aver messo a ferro e fuoco il gulag ed aver ucciso i prigionieri, si rifugiano in Canada. La narrazione riprende venti anni dopo, a Montreal; qui Dyanne gestisce un bordello, forte della sua esperienza "sul campo". Un reduce del vecchio gulag però - un rivoluzionario politico antistalinista - capita lì per caso e rischia di far saltare la copertura della Thorne. Tra i due si ingaggia così una nuova lotta senza quartiere. Oltre alla vendetta ci sono ancora motivazioni politiche, Mosca vuole chiudere il conto con quell'appendice stalinista, mentre la Thorne cerca di sferrare un duro colpo alle attività diplomatiche oltrecortina del regime sovietico. - SPOILER: in un assalto finale al fortino della Thorne, i vecchi cosacchi verranno sconfitti una volta per tutte e la Thorne fuggitiva rimarrà con una caviglia rotta, abbandonata in una distesa di ghiaccio, costretta a scaldarsi nottetempo bruciando dollari.
Con una nonchalance notevole, Ilsa passa dal totalitarismo hitleriano a quello stalinista; nessuna spiegazione logica è data allo spettatore. E' un po' come leggere un fumetto, la protagonista vive avventure su avventure, la coerenza interna dei fatti non ha molta importanza. E del resto, formalmente non si tratta neppure dello stesso personaggio. La Thorne però è inconfondibile, il suo sadismo, la sua silhouette, la sua prorompente carica sessuale la farebbero riconoscere tra mille. Qui le scene gore e erotiche sono ridotte al minimo (concentrate perlopiù nella prima parte), ma quelle che ci sono lasciano il segno. Brutalissime le sevizie subite dai detenuti del gulag (teste spaccate a martellate, corpi sbranati da una tigre affamata, immersioni interminabili nei ghiacci siberiani, arti tagliati con la motosega, eccetera), così come piuttosto ardite sono le sedute di piacere che la comandantessa si concede, rigorosamente con due uomini alla volta. Più dinamica la seconda parte, fatta di azione, faide gangsteristiche e investigazione, con una resa dei conti finale che unisce guerriglia, action e un po' di sangue. Interessante tutta la parentesi sui metodi scientifici di lavaggio del cervello del Mengele della situazione, lo stesso dottore che al gulag conduceva i suoi esperimenti di "rieducazione" dei prigionieri (leggasi: tortura). Macchinari, computer, manipolazioni della psiche, associazioni di immagini, roba da metodo Lodovico di Arancia Meccanica. La Thorne ha strappato con i suoi sistemi l'organizzazione criminale di cui è a capo ad un povero Cristo chiaramente di origine italiana. Così come anche il suo più quotato antagonista è inappellabilmente sempre di origini italiane (tale "Pasolini"....). Il che getta una luce inequivocabile su come fossero considerati gli italoamericani di quegli anni (e manco a torto). Il film, censuratissimo in Italia (come in Finlandia, Norvegia e Stati Uniti), da noi uscì col titolo di La Tigre Del Sesso, tanto per non creare troppe incertezze sui contenuti.