Film d'esordio di Aldo Lado che poi si confermerà un regista molto interessante del panorama bis italiano, autore di pellicole sempre stimolanti e peculiari, in grado di far riflettere lo spettatore oltre che di intrattenerlo. Binomio importantissimo per il quale spesso il cinema di genere è stato stigmatizzato, come se riuscire a portare la gente al cinema fosse un crimine anziché un merito. La cosiddetta autorialità è una brutta bestia e a qualcuno (registi ma anche critici) ha finito col prendere un po' troppo la mano, dimenticando che il cinema non è letteratura, tutt'al più letteratura per immagini. Qui Lado si muove sulle coordinate del giallo all'italiana, infarcendolo però da subito con spunti piuttosto disturbanti che sembrano andare decisamente oltre. Di fatti partiamo da un lettino di obitorio, citazione neanche troppo velata di Hitchcock (Crollo Nervoso, episodio della serie Hitchcock Presenta). Disteso c'è Gregory (Jean Sorel), un morto che non è morto ma pienamente cosciente della sua condizione. All'esterno però nessun segno vitale è visibile, se non il fatto che il rigor mortis tarda inspiegabilmente a sopraggiungere sul cadavere ed anche la temperatura corporea non scende. Il corpo viene studiato per capire se effettivamente rimanga un qualche afflato vitale oppure no. Nel frattempo Gregory ripercorre i suoi ultimi giorni mentalmente, anche per dimostrare a se stesso che è ancora vivo e per non impazzire. Appuriamo dunque che tutto è accaduto a causa di una donna, la bella Mira (Barbara Bach) che di punto in bianco è sparita nel nulla. Gregory, giornalista, si incaponisce a ritrovarla e così facendo varca la soglia di un mondo liminare ed oscuro che non avrebbe mai dovuto varcare.
- SPOILER: dietro la sparizione di Mira, e non solo, si cela una setta segreta esoterica che cerca l'elisir di lunga vita e per far questo si "nutre" della vita delle vittime rapite. Gregory con le sue indagini rappresenta un pericolo alla copertura della setta, che si riunisce al club 99, apparentemente un club di attempati ed ingessati musicofili. Ci sono molti club 99 nel mondo, come molti sono gli eliminati al fine di proteggere gli scopi degli "illuminati".
Lado prende rapidamente un binario fortemente distopico e lo fa con la consueta penuria di mezzi del cinema di genere dell'epoca, pur riuscendo a mantenere la storia su livelli più che dignitosi, sia da un punto di vista formale che sostanziale. Altra abitudine del nostro cinema di genere. Per la verità, a mio modesto modo di vedere, la seconda metà del film tradisce qualche ingenuità. Quella del club 99 è una grande idea ma al dunque si risolve in modo un po' troppo sommario e superficiale. Non viene spiegato pressoché niente del come, sappiamo a malapena il cosa, e la scena del grande rito esoterico, che sembra perlopiù basato su una sorta di magia rossa, è allo stesso tempo suggestiva e puerile. Lado più che altro mostra un "tendere a", sebbene poi sviluppi relativamente tutta quella parte. E' evidente che gli interessi più il concetto, funzionale allo sviluppo della trama, ovvero il senso asfittico e claustrofobico che si impossessa di Gregory, ammantando la pellicola di un retrogusto che sta tra Hitchcock e Polanski. C'è un'elite che ci domina e ci controlla nell'ombra e contro la quale siamo sostanzialmente indifesi.
Il finale è molto bello perché Lado non sceglie la via facile, non liscia il pelo al pubblico ma anzi lo schiaffeggia. Il fotogramma con la Thulin che strozza il suo urlo nel totale silenzio è tra le cose più emozionanti viste al cinema in quegli anni. Molto affascinante anche l'ambientazione, una presunta Praga che è perlopiù Zagabria (il celebre quartiere Malastrana) che con i suoi sapori dell'est Europa dona al film un'aurea davvero magnetica, sospesa tra passato e presente, est e ovest (un dialogo attribuisce a Praga proprio quella peculiarità, essere il crocevia di due mondi e relative culture), autoritarismo e anelito di libertà. Belle le musiche curate da Ennio Morricone, bella la fotografia a tratti glaciale, c'è qualche lentezza di troppo qua e là. Pregevole come sempre l'interpretazione di Mario Adorf, collega e amico di Gregory che ad un certo punto sembra diventare oggetto di una sottotrama nel film, intuizione brillante di Lado che cerca di rendere maggiormente dinamico il collo d'imbuto che porta allo svelamento dei "cattivi". Il film è circolato anche con la variante del titolo "La Corta Notte Delle Farfalle" e sia le bambole di vetro (che poi sono dei pendenti di un lampadario) che le farfalle hanno il loro momento di visibilità durante la storia.