Marpionissimo Joe D'Amato, afferra al volo il successo de La Chiave di Tinto Brass e ne realizza il suo duplicato custom, la sua versione (anzi ben due), una rilettura il meno possibile lontana, anche se naturalmente meno "letteraria" ed elegante, e più patologica, audace e ruspante. A metà degli anni '80 era stato il turno dei fantasy e dei post atomici con Endgame, Anno 2020 - I Gladiatori Del Futuro e il sequel di Ator; dal 1985 ripartì una vorticosa girandola di pellicole schiettamente erotiche, la prima delle quali fu L'Alcova. Il Piacere (uscito nello stesso anno, ma con incassi triplicati) ne sembrò la coerente prosecuzione ideale e tematica. Medesima ambientazione fascista, segnatamente d'annunziana (anche se non c'è nessun rapporto diretto con l'omonimo scritto del Vate), stavolta nella cornice di una Venezia carnevalesca. In entrambi i casi la derivazione brassiana è più che evidente.
Gerard (Gabriele Tinti) rivive in flashback il suo intenso amore con Leonora (Isabelle Andrea Guzon). Il trade union tra Gerard e i suoi ricordi è un magnetofono sul quale, a mo' di diario libidinoso, i due avevano inciso tutti i propri incontri amorosi. Gerard lo ascolta incessantemente, incapace di superare il lutto. Per il funerale alla villa lo raggiungono Ursula e Edmund (Marco Mattioli), figliastri avuti da Leonora con un altro uomo. Ursula è la copia esatta della madre (anche perché è interpretata sempre dalla Guzon), è innamorata di Gerard e vorrebbe prendere il posto di Leonora al suo fianco, e soprattutto nel suo letto. Edmund, molto rigido caratterialmente, si mostra invece assai ostile nei confronti di Gerard, ma soffre di violente crisi ogni qual volta viene tirata in ballo la madre, al punto che Ursula è costretta a calmarlo con lo stesso metodo usato da Leonora, accostarlo al proprio seno per un "allattamento" tardivo. Entrambi sono ancora vergini sessualmente. Nella già complicata vicenda si inserisce pure Fiorella (Lilli Carati), la governante di casa, amante di Gerard e Leonora, e ora fortemente attratta da Ursula ed Edmund. - SPOILER: Ursula tenterà ogni strada per corrompere Gerard, deciso a rispettare la figlia della sua amata Leonora. Ursula ripercorrerà tutte le tappe della depravazione della madre, avendo ascoltato segretamente il diario magnetico. Al termine di questo perverso percorso iniziatico, Gerard capitolerà accettando di sostituire Ursula a Leonora, mentre Fiorella si dichiarerà innamorata di Edmund, del quale si prenderà cura con gli stessi metodi di Ursula.
Il Piacere è intensamente morboso. Un clima crepuscolare, disturbante, macabro, ai limiti del necrofilo (si veda la vestizione del cadavere di Leonora) imperversa lungo la pellicola, alla quale manca del tutto la solarità giocosa di Brass. D'Amato mira più alla Götterdämmerung dei sensi, al cupio dissolvi della razionalità in favore dell'istinto animale, bestiale, irrefrenabile. La sessualità qui è una sorta di malattia, una droga invalidante, un'ossessione anomala e sfrenata che assedia ogni personaggio del film. Gerard si spinge così oltre forse a causa di una latente impotenza (che poi smentirà nel finale), ma in ogni caso ha bisogno di spostare continuamente l'asticella della trasgressione (i diari nei quali Leonora racconta gli amplessi lo esplicitano con malcelata eccitazione). La sua antica sposa Leonora - il cui nome getta un inquietante ponte verso i doppelgänger di Edgar Allan Poe - era disposta a compiere qualsiasi atto pur di soddisfarlo, anche il più umiliante; e la sua nuova amante, Ursula, è intenzionata a fare altrettanto, arrivando a concedersi ad estranei sotto lo sguardo geloso ed eccitato di Gerard, ed a prostituirsi, per compiacere il proprio patrigno. Fiorella vuole giacere indistintamente con tutti, uomini, donne, giovani e non, un'autentica ninfomane. Edmund è talmente trattenuto e formale nei suoi atteggiamenti che poi esplode per il verso opposto, regredendo ad uno stadio infantile, sbavando e trovando pace solo succhiando capezzoli. Quindi rimangono da citare Hunani (Laura Gemser), tenutaria di una fumeria d'oppio, sempre ben disponibile al "piacere", e Rosa (Dagmar Lassander), maitresse del bordello cittadino, per la verità l'unica che non vediamo mai spogliata. D'Amato non va al risparmio e ci mostra le grazie di tutte le sue attrici (tranne la Lassander purtroppo). Impudiche e focose, la Carati e la Guzon sono costantemente al centro di situazioni eccessive e scostumate; non è da meno la Gemser, che si lascia andare ad amplessi saffici e giochi a tre con altrettanta scioltezza, in un contesto orientaleggiante, a misura delle sue fattezze, e con sfondi orgiastici a metà tra i giochi di ombre cinesi e squarci di voyeurismo. Il film è tutto qui, nel suo erotismo esplicito e deviato, con gli sguardi persi e lacrimevoli di Tinti e la foga assatanata delle sue protagoniste femminili. Il cerchio si chiude nel finale, con Tinti e la Guzon che rivivono esattamente la stessa scena col quale la storia ha preso avvio.