Il Ministro

Il Ministro
Il Ministro

Ah ma allora è ancora possibile fare un film in Italia senza che sia una vaccata natalizia studiata a tavolino con pesi e contrappesi, un drammone sociale impegnato ispirato al fattaccio di cronaca del momento o una pseudo commedia sofisticata con i 40enni fighetti e il tomo di psicanalisi pronto uso sul comodino. E anche senza che sia dei Manetti Bros, forse oramai gli unici che a livello mainstream due fotogrammi in fila, senza essere piacioni o disperati, riescono a metterli. Onore al merito a Giorgio Amato, fin qui autore di un paio di thriller (Circuito Chiuso e The Stalker), non a caso laureato in sociologia e specializzato in criminologia forense. E la conoscenza della materia accademica sarà sicuramente servita al regista romano anche in occasione di questa sua più recente pellicola, un meccanismo ad orologeria, d'impianto teatrale, dove il codice penale va a braccetto con la sceneggiatura.

Come incipit una scritta ci avvisa che i fatti sono probabilmente ispirati a cronaca che potrebbe essere effettivamente accaduta. Una fotografia tristemente e cinicamente plausibile del "sistema Italia". La differenza rispetto alla media delle pellicole italiane è che qui non ci si indigna perchessì, né si fa i finti satirici per poi ammiccare con l'occhiataccia sorniona o la gomitata cameratesca alla volemose 'bbbene di sordiana memoria. Avete presente tipo Viva L'Italia di Massimiliano Bruno (2012), con quel Gassman che in passato ha fatto spesso e volentieri coppia con Tognazzi junior? Deve essere successo qualcosa tipo come tra De Sica e Boldi, a un certo punto la coppia e scoppiata. Due bravi attori, solo che Gassman si è infognato sempre di più in commediole innocue da botteghino, mentre Tognazzi è praticamente sparito dalla circolazione. Rieccolo in pista con Il Ministro, storia caustica e acidissima, capace di mantenersi sempre borderline, senza mai diventare ruffiana o, di contro, spocchiosa ed elitaria.

Tognazzi e Alessia Barela sono imprenditori sul lastrico che tentano il tutto per tutto corrompendo un ministro (cattolico, di centro) per ottenere un ultimo appalto salvavita. Bella casa, arredamento da rivista patinata, cameriera nera, moglie da serie televisiva americana, lui frustratissimo e disumano, ricettacolo di ogni malcostume e nefandezza morale, e tuttavia al contempo anche l'unico personaggio con cui lo spettatore può arrivare ad identificarsi (meraviglioso in tal senso lo sfogo sul vegetarianesimo....mi perdonino i militanti che mi leggono). Come nella migliore tradizione della commedia all'italiana di una volta, quella cattiva a salata dei Nanni Loy, dei Monicelli e dei Germi, quella dei "mostri", sostanzialmente non c'è un solo personaggio positivo, tutti hanno la rogna, qualcuno di più, ma nessuno escluso. Esseri umani neri come la pece, dentro e fuori. Disgustoso il ministro (Fortunato Cellino), diabolica l'universitaria ballerina di burlesque (Jun Ichikawa), dark lady la perversa padrona di casa (Barela), qualunquista e bamboccione suo fratello (Edoardo Pesce). Anche la bella Ira Frontén (la cameriera), apparentemente la più debole, alla fine cede al compromesso e si riprende il dovuto con gli interessi. Il finale è una gran sinfonia di spietatezza, rovesciamenti di fronte e sconfitte continue. Tutto orchestrato a dovere da Amato.

Buone tutte le interpretazioni, incalzante il ritmo, filologica la polaroid di come si risolvono le cose in Italia e di come la banalità e il "sepolcrismo imbiancato" dominino ogni nostra azione, mira ed obbiettivo. Sono davvero lieto di aver potuto vedere un buon film italiano, fatto come si deve, curato in ogni suo aspetto, ben diretto e recitato, con una sceneggiatura solida che non viene usata come zeppa per pareggiare i tavoli, affidandosi in tutto e per tutto alle faccette degli Argentero e dei Raul Bova di turno, o ai décolleté delle Chiare Francini e agli strip da milf delle Gerini e delle Ferilli. Intendiamoci, non che la sensualità manchi in molte di queste scene, ma si vede che è un mezzo e non il fine, perché - appunto - una storia da raccontare c'è. Più di sovente l'ordine delle proporzioni è esattamente l'opposto. La prima inquadratura è riservata agli escrementi di un cane, promessa profetica di ciò a cui assisterete, cacca, però sublime. Poteva essere migliore la locandina, un po' specchietto per le allodole; e pure il trailer, che non rende affatto l'idea, facendolo sembrare un film un po' "qualunque".

Trailer ufficiale

Galleria Fotografica