Il Margine

Il Margine
Il Margine

Sia Borowczyk che la Krystel approdano a questo film dopo essersi già consacrati, il regista polacco ha alle spalle Goto (1968), Racconti Immorali (1974) e La Bestia (1975), la Krystel è già stata due volte Emmanuelle e nello stesso anno de Il Margine lavora anche per Roger Vadim in Una Femmina Infedele (l'anno dopo sarà in Alice di Chabrol). Il Margine è un film molto complesso e difficile che solo sbrigativamente può essere relegato al genere erotico (complice una locandina italiana quasi da commedia sexy), ma che in realtà è tanto erotico quanto drammatico e soprattutto viene svolto da Borowczyk in chiave simbolica e surrealista, rendendolo sfuggente e refrattario ad interpretazioni semplici e lineari. Su di un piano strettamente narrativo ciò che accade è che il bel Sigimond (Joe Dallesandro) lascia moglie e figlio amatissimi per trasferirsi temporaneamente dalla campagna a Parigi dove deve sbrigare degli affari per il cugino viticultore. Una volta in città l'uomo prende a frequentare Diana (Sylvia Krystel), una prostituta che conosce presso l'albergo nel quale risiede. I due si vedono e consumano spesso. Dapprima Diana è molto sostenuta ed algida, tratta Sigimond come un qualunque altro cliente di passaggio, poi il muro si rompe e la distanza anche emotiva tra i due si riduce. Nel frattempo Sigimond riceve notizie da casa tramite una lettera fermoposta della sua governante, inizia a leggere la missiva che rivela il suicidio della moglie (Mireille Audibert). Non prosegue oltre, richiude la lettera e si dedica ancora più voracemente alle soddisfazioni carnali. - SPOILER: Di ritorno all'albergo non trova Diana e si intrattiene con un'altra prostituta. Quando i due finalmente si rincontrano, nel momento del sesso (una fellatio) Diana capisce che qualcosa non va e scappa via. Sigimond la rincorre ma la perde di vista. Decide allora di terminare la lettera e scopre che il suicidio di Sergine è stato dovuto all'annegamento accidentale nella piscina di casa del figlioletto Antonin. Sigimond si mette in macchina raggiunge un luogo isolato e si spara un colpo di pistola. Nell'ultima scena vediamo Diana riprendere il suo normale servizio all'albergo.

Borowczyk tocca un groviglio di temi apparentemente riassumibile nella dicotomia amore e morte, o meglio ancora, pulsione di vita e pulsione di morte. Sin da subito l'amore tra Sigimond e la moglie viene presentato come assoluto e totalizzante (la pulsione di vita), così come sin da subito è suggerito il pericolo della piscina per il bimbo e la sua malsana attrazione per essa, come spinto da una forza invisibile ed indomabile (la pulsione di morte). Non appena Sigimond arriva a Parigi cede alle lusinghe di Diana, una contraddizione rispetto alla solidità del suo rapporto con Sergine. Allo stesso tempo c'è una linea di continuità con questo bisogno di vitalità e sesso che spinge Sigimond a continuare a fare ciò che faceva con Sergine, Diana ne diventa una specie di alter ego, una sostituta, una copia. Vediamo il protagonista che si reca ad acquistare un cannocchiale, chiaramente un'allegoria di qualcosa che tuttavia non si coglie in modo esplicito; Sigimond ha bisogno di guardare lontano (in riferimento al suo rapporto coniugale? Alla morte di Antonin che sta per avvenire o è addirittura già avvenuta? Chissà). Una volta iniziata la lettura della lettera che annuncia la tragedia, Sigimond non la accetta, ne rifiuta il contenuto e si butta anima e corpo su Diana, sempre più simulacro di Sergine che non c'è più. E quando non la trova ne prende un'altra. Nel frattempo Diana aveva cominciato ad abbassare le difese verso l'uomo (lo capiamo dal suo diverso modo di concedersi e dal fatto che acquista per lui una vestaglia fatta di trasparenze che però il protettore le distrugge, preoccupato che Diana possa sviluppare un sentimento particolare verso un cliente). Quando i due si ritrovano il loro atto sessuale è estremamente ambiguo, Sigimond pare più soffrirne che goderne, Diana avverte la stonatura e questo basta per separarli. Sigimond realizza l'abbandono di Diana, che segue l'abbandono di Sergine e non trova altra via di uscita dal dolore che togliersi di mezzo a sua volta. Il cinismo e la freddezza della situazione sono espressi dal normale riprendere della professione da parte di Diana, forse pentitasi del sentimento verso Sigimond o forse mai neppure completamente sincera con lui.

Il personaggio di Diana è estremamente ambiguo e sfuggente, così come Borowczyk non lesina simbolismi a profusione. Oltre a quella del cannocchiale c'è anche la scena delle uova, ovvero quando Sigimond e Diana in un momento di intimità giocano con due uova che fanno rotolare sul corpo di lei e che Sigimond le pone sul ventre, per poi scivolare fino ai genitali, la fonte della vita, quella stessa vita che Sigimond ha dato a suo figlio assieme alla moglie e che ora si è spenta. L'uovo c'è anche in un'altra scena, quando una spogliarellista è presa d'assalto dal pubblico maschile e alla fine dell'esibizione lascia che gli uomini le pongano sul corpo degli oggetti, soldi, ma anche sigarette e appunto un uovo, col quale un tizio giocherella seguendo lo stesso schema, facendolo rotolare dalla pancia fino all'inguine. Cosa significa poi il titolo del film, che comunque deriva da un romanzo omonimo scritto da André Pieyre de Mandiargues nel 1967? Qual è il margine? Quello amoroso, quello del dolore, quello dell'impazzimento dovuto ad essi, quello tra la vita e la morte? Si è scritto che il margine epidermico è ad esempio una cicatrice, una zona di confine. In ogni caso il margine è un limite, oltre il quale sporgersi, avvertire delle vertigini ed eventualmente sprofondare. Quella di Sigimond è una progressione o una regressione? Certamente il mondo di Sigimond è nettamente fratturato, diviso in due, da un confine appunto. A casa in campagna con la famiglia tutto scorre sereno e tranquillo, in città a Parigi tutto è tragico, cupo e disperato, e Sigimond stesso appare spersonalizzato.

Un'altra simbologia molto forte che Borowczyk usa quando mostra i giochi amorosi tra Dallesandro e la Audibert è quello della loro corsa panteistica tra il verde e le mimose, come due personaggi arcadici che si amano e folleggiano nella natura dionisiaca. Rintanatisi in casa, in camera, Sergine si distende sul letto circondata dalle mimose raccolte e Sigimond le inonda il volto con i fiori gialli della pianta come ad evocare un coito, a tal punto che Sergine geme di piacere in quell'esatto momento. Altro importante apporto al film è dato dall'uso spregiudicato delle musiche di genere prevalentemente pop e rock, da Elton John ai Pink Floyd, passando per "Song For You" dei francesi Square, un po' il leit-motiv dell'amore tra Sigimond e Sergine, al quale si contrappone "I'm Not In Love" (titolo significativo) dei britannici 10cc, che invece accompagna il sesso tra Sigimond e Diana. I Pink Floyd ovviamente incorniciano il climax della disperazione e del disorientamento, quando Sigimond rincorre Diana e matura la sua decisione finale. La pellicola è circolata anche come Emmanuelle 77, nel bieco tentativo di sfruttare il successo del personaggio interpretato dalla Krystel.

Trailer ufficiale

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