
Ventiquattro anni dopo Il Gladiatore (ridotti a quindici nel tempo del film), Ridley Scott torna nella sua Roma immaginaria, debitrice più di un universo parallelo fantasy che dell'accuratezza storica e storiografica. Inutile sottolineare le mille licenze poetiche ed incongruenze che la sceneggiatura di David Scarpa si prende rispetto ai fatti romani, si finirebbe con l'impazzire se si dovesse sottolineare tutte le cose errate o irrealistiche che accadono nei 148 minuti de Il Gladiatore II (ragazzini che giocano a calcio, senatori che leggono quotidiani) e per altro è un tipo di critica che non mi appassiona granché. Ho sempre ritenuto che un autore ha tutto il diritto di stravolgere ciò che vuole in nome della propria visione artistica e della narrazione della propria verità. Dunque Scott, che non è nuovo a simili approcci, faccia pure, il film va giudicato nei contenuti e nel merito, non nella forma. Fatta questa premessa, Il Gladiatore II è un film a mio parere letteralmente scisso. Visivamente è una pellicola assai appagante, roboante, magniloquente, diretta da un regista che sa il fatto suo, soprattutto in termini di resa e visiva. L'esperienza cinematografica di Scott è oramai enorme e la riversa pienamente in questi fotogrammi. Lui stesso si è spinto a definire il film come la miglior cosa che avesse mai fatto. Non manca nulla nelle due ore abbondanti di visione, c'è praticamente tutto ciò che può venirvi in mente, mancano credo solo gli alieni.
Una prima versione era stata affidata alla penna di Nick Cave, che ne aveva tirato fuori una specie di viaggio dantesco di Massimo Decimo Meridio dall'antica Roma ai giorni nostri, attraverso risvegli nel Purgatorio, immortalità donata dagli Dei, missioni ultraterrene e maledizioni apocalittiche. Spielberg con la sua Dreamworks riuscì a dissuadere Scott dall'imbarcarsi in un simile progetto strampalato. Tuttavia Il Gladiatore II mantiene inalterata la megalomania e persino alcuni elementi borderline (le visioni oniriche di Paul Mescal, durante le quali il cromatismo si riduce ad un livido grigio, echeggiano in qualche maniera l'Ade immaginato da Nick Cave). Il Gladiatore II è un film enorme ed accattivante da vedere, saturo di colori, personaggi e virilità. Da un punto di vista realizzativo è un prodotto industriale impeccabile. I nodi vengono al pettine con la misera intelaiatura narrativa. E' tutto talmente puerile, banale, lineare, da risultare irritante. Il target pare essere un pubblico davvero ai minimi termini culturali (l'americano medio), quello che vede nell'Impero romano solo e soltanto una sorta di debosciata tirannia nazista, corrotta, distopica e decadente, con gli imperatori che sono una personificazione ora di Palpatine, ora di Hannibal Lecter, ora di Nerone e Caligola (gli unici due imperatori che hanno avuto successo al cinema), o semplicemente di adolescenti problematici. Geta e Caracalla sono Commodo 2.0. I gladiatori dal canto loro sono dei moderni He-Man che lottano contro Greyskull. I senatori sono politicanti ipocriti. Il Colosseo è il centro di tutto, Scott gira praticamente un intero film nel Colosseo (la sua personale visione del Colosseo, che è un parco divertimenti per tutte le stagioni). Abbiamo babbuini coi denti a sciabola, rinoceronti da guerra addomesticati, tigri e squali, un bestiario che pare uscito da Dungeons And Dragons, Abbiamo discorsi motivazionali da prima elementare; abbiamo Denzel Washington che cerca in ogni modo di essere un viscido personaggio shakespeariano, uno Iago sobillatore e complottista ma anche gigione e ininterrottamente sopra le righe.
Il Gladiatore II è ambientato nel 200 dopo Cristo ma potrebbe indifferentemente aver luogo nella Terra Di Mezzo, in Mesopotamia, sull'Isola di Pasqua, all'epoca dei faraoni o su Coruscant, non cambierebbe granché, e presuppone un pubblico disposto a bersi di tutto, oltre alla Coca Cola. Se preso come mero intrattenimento, Il Gladiatore II fa il suo mestiere, niente da eccepire. Ma poiché tra le righe la percezione che si voglia andare nella direzione del film d'autore si coglie, c'è da rimanere piuttosto perplessi sulla consapevolezza di Scott di orbitare ad un livello di estrema superficie. E' già stato annunciato un terzo capitolo, definito una "riflessione sul potere", qualcosa che fa tremare le gambe se l'approccio intenderà essere lo stesso di questo sequel, Scott non si è spinto molto oltre le colonne d'Ercole di 300 di Zack Snyder. Le musiche citano spesso e volentieri la meravigliosa colonna sonora di Zimmer, anche perché qui l'eredità viene raccolta da un suo fido discepolo ed epigono, Harry Gregson-Williams.