Il Cigno Nero

Il Cigno Nero
Il Cigno Nero

Darren Aronofsky racconta di aver visto Il Lago dei Cigni a teatro e di aver finalmente compreso come fare per dar forma al proposito di sviluppare le suggestioni che gli aveva trasmesso la lettura de Il Sosia di Dostoevskij, quasi l'uno fosse la continuazione o la sintesi dell'altro. Nasce così l'ambizioso progetto di replicare uno dei più celebre balletti del XIX secolo, se non il più celebre in assoluto, in linguaggio filmico, naturalmente non limitandosi ad esso ma infarcendolo di tutte le personali influenze del regista newyorkese. Chi ci ha visto Cronenberg, chi Hitchcock, chi Dario Argento, chi Polansky, Freud, Jung o, appunto, Dostoevskij (tutte attribuzioni più che legittime se si osserva con attenzione la pellicola), fatto sta che Il Cigno Nero riceve ben 5 nomination agli Oscar del 2011 e porta a casa quello di Natalie Portman quale miglior attrice protagonista (per altro, meritatissimo). Aronofsky cita Aronofsky, poiché in qualche misura molto di ciò a cui assistiamo ne Il Cigno Nero e segnatamente sulla carne viva (e sulla psiche) della protagonista era già stato annunciato ed anticipato in The Wrestler, ai danni - è proprio il caso di dirlo - di Mickey Rourke. La visione di questa pellicola non è indolore e personalmente la ricordo come una delle più angoscianti che abbia mai testimoniato direttamente. Un lavoro visivamente splendido, sontuoso ed elegante, ma che vive di contrasti; da un verso lo stile documentaristico, sgranato, vèritè dell'immagine, dall'altro la componente barocca, ricercata e visionaria della messa in scena. Se a livello firmale la dicotomia paga tantissimo, nei contenuti Aronofsky raggiunge la sublimazione del suo lavoro, dando una profondità incredibile alla vicenda, stratificata su più livelli, sempre e comunque disagevoli, quale che sia la prospettiva dalla quale la si guardi.

Più che raccontarlo, Il Cigno Nero va visto e vissuto epidermicamente; impossibile resistere, per quanto la vostra razionalità possa ergersi a barriera frangiflutti, verrete carpiti ed avviluppati dai personaggi e dal dipanarsi degli eventi, ovvero dal modo magistrale nel quale Aronofsky racconta. Nonostante un budget risicato da film indipendente e dei tempi di lavorazione estremamente limitati, il capitano di questa nave di coraggiosi e la sua ciurma di tecnici e mestieranti confezionano un'opera quasi perfetta, capace di restare a distanza di anni e che si consacra tra i film "da vedere" se si tratta di danza classica (ma non solo ovviamente). Un thriller psicologico ambientato in quel mondo, di per sé già sufficientemente inquietante, estremo e severo, fatto di regole, disciplina, ripetizioni e una sottile disgregazione psicologica dovuta alla costante, incessante, maniacale, sovraumana ricerca della perfezione; piegare il corpo a linee, posizioni, angoli e figure contronatura. Al cast è richiesto uno sforzo non da meno ed in questo la Portman è magnifica e generosissima. Mesi di allenamento distribuito in 8 ore al giorno, 6 giorni a settimana, dieta alimentare ed una intensità che avrebbe messo a dura prova anche il più scafato e navigato degli attori (all'epoca ventisettenne). Con lei Mila Kunis, Barbara Hershey, Winona Ryder e Vincent Cassel, ognuno filtrato attraverso una diversa lente deformante. Sapienti gli effetti speciali, "narrativi" e non fini a loro stessi. Aronofsky ne ha bisogno e li gestisce con misura, senza voler scioccare lo spettatore o farne inutile sfoggio, arrivano al punto giusto, toccate e fughe che disturbano equilibrio e armonia, come previsto, lasciando il segno. Elaborato il ricorso al topos dello specchio, portale attraverso il quale realtà e irrealtà si riversano l'una dentro l'altro e si scambiano posizione.

E' stato fatto notare che il film ricorre a scene erotiche molto forti, per qualcuno forse in modo un po' ruffiano. Può darsi, non saprei dire; ho notato anche io questo improvviso impennarsi di energia, tuttavia si farebbe un torto al film non ammettendo che sono del tutto funzionali alla storia e che sempre e comunque lo stile di Aronofsky rimane potente ed impetuoso. E' stato anche detto che l'idea della sessualità dei ballerini maschi rappresentata nel film è una sorta di stereotipo al contrario, volendo sfuggire al cliché del coreografo e/o danzatore omosessuale, ne Il Cigno Nero abbiamo virgulti assai maschi, virili ed omosessuali. Giusto una capricciosa trasgressione che non inficia in alcun modo il risultato finale. Il Cigno Nero è stato anche accostato al film animato Perfect Blue di Satoshi Kon, apparentamento che Aronofsky ha riconosciuto pur senza ammettere alcuna influenza diretta né tanto meno volutamente ricercata. Altra sorellanza della pellicola è stata addebitata a La Pianista di Haneke (2001) vicenda con la quale ci sono sicuramente dei punti in comune ma che non ricondurrei così linearmente a quella de Il Cigno Nero. Certo il clima apocalittico e nichilista sussiste in entrambi, nel caso di Aronofsky gelo e passione sono (letteralmente) due facce della stessa medaglia. Esattamente come annuncia il coreografo Thomas Leroy/Vincent Cassel, la sua versione del Lago dei Cigni (ovvero, per interposta persona, quella di Aronofsky) sarà diversa dalle "solite", sarà più viscerale, qualcosa di mai visto prima. Per qualcuno anche sin troppo prevedibile e manichea da un punto di vista psicologico e psicanalitico... sarà, io ricordo le mirabolanti critiche d'estasi a La Pianista, un film (per me terribile) poggiato su una morale - o un'anti-morale se preferite - altrettanto ideologica, schematica e preordinata, e mi tango caro e stretto questo meraviglioso cigno nero.

Trailer ufficiale

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