
Marilyn Monroe torna a lavorare con John Huston dopo Giungla D'Asfalto, sono trascorsi 11 anni, relativamente pochi ma in realtà moltissimi se si pensa alla filmografia che nel frattempo ha tenuto occupata Marilyn, ben 21 titoli che hanno profondamente cambiato Norma Jeane Mortenson Baker Monroe trasformandola come donna e come attrice. Il suo stato d'animo è completamente diverso e quello con il quale approda a Gli Spostati, persino antitetico agli anni d'esordio sebbene adeguato e perfettamente calzante alla sceneggiatura scritta per lei come regalo di San Valentino dal marito Arthur Miller. The Misfits - questo il titolo originale - è un film che celebra la fine di tutto, una visione crepuscolare se non distintamente necrofila di un mondo che si spegne, finisce, si esaurisce per consunzione (l'America di frontiera), e con esso i personaggi che ne hanno fatto parte e l'hanno popolato. I quattro protagonisti sono figure ammaccate, mancanti, piegate, tormentate, vulnerabili, disadattate (questo significa "misfit"), quattro anime inadeguate al volgere dei tempi, appartenenti ad un passato che sta per essere cancellato e dimenticato. Miller e Huston li mettono assieme, in una combriccola alienata che cerca di puntellarsi a vicenda, di stare spalla a spalla per non cadere, nonostante lo zeitgeist sia destinato a travolgerli inesorabilmente. A questo approccio già di per sé amaro e dolente si aggiunge un ulteriore livello di lettura del film, che se possibile complica ancor di più (in negativo) le cose. Roslyn Tabor è sostanzialmente sovrapponibile a Marilyn Monroe, una proiezione dell'attrice, delle sue sofferenze, della sua disperazione. Non solo, anche i mustang, i cavalli liberi e selvaggi che popolano le montagne del Nevada, sono una proiezione di Marilyn, come di tutti gli altri personaggi. E' per questo che la scena della cattura dello stallone è quasi insostenibile nella sua drammaticità e crudezza. Roslyn non riesce a tollerarla, chiude gli occhi, e con lei fa lo stesso lo spettatore, che percepisce chiaramente la metafora, il rimando alla Monroe e ad un esercito di esseri umani la cui libertà è finita.
La donna più amata di Hollywood morirà un anno dopo, di fatto Gli Spostati è il suo ultimo film poiché di Something's Got To Give sopravvivono appena alcuni fotogrammi. Questa consapevolezza rende la visione davvero ferale. Non solo, Clark Gable muore d'infarto 12 giorni dopo la fine delle riprese e la prima del film venne celebrata nel giorno del suo compleanno, il 1° febbraio. Pure Montgomery Clift non se la passerà benissimo, morirà nel '66 e Gli Spostati sarà il suo quart'ultimo lavoro. Un'ecatombe, molto coerente con il clima del film, ma sarcastica e crudele. Inevitabile che tale consapevolezza trasfiguri completamente il modo in cui l'opera viene metabolizzata, rendendola qualcosa che assume significati ulteriori e del tutto imprevisti da John Huston. Ciononostante, il film è un capolavoro di indiscutibile bellezza, per quanto mi riguarda è uno dei miei preferiti e rientra tra i tre titoli che porterei su di un'isola deserta in caso di naufragio (assieme a La Parola Ai Giurati di Lumet e Barry Lyndon di Kubrick). Gli Spostati è la perfezione assoluta sotto ogni aspetto; una scrittura letteraria, dialoghi che ti lasciano costantemente a bocca aperta, costellati di riflessioni di grandissima profondità che ti costringono a mettere continuamente in pausa per soffermarti sulle parole proferite, capaci di spalancano mondi ed universi di meditazione. Il cast è eccellente, con un quartetto di attori in stato di grazia. I personaggi sono incredibilmente definiti, sfaccettati, approfonditi, eppure il tutto avviene in modo sottile, garbato, attento, mai pedante. Regia e fotografia sono mozzafiato. Il Nevada non è mai stato così suggestivo, paesaggi a perdita d'occhio tanto magnifici quanto sottilmente inquietanti. I personaggi ne sottolineano continuamente il senso di pace, il silenzio, la tranquillità, quasi senza rendersi conto che abitano una natura morta e che conseguentemente anche loro sono morti che camminano. Il loro tempo è finito e, come i defunti de Il Sesto Senso, continuano ad abitarlo vagando senza meta e (oramai) senza scopo.
La prova recitativa della Monroe è qualcosa di strabiliante, vera come non mai e per ovvi motivi. Avrebbe meritato un Oscar. Le sue espressioni, i suoi silenzi, la sua fisicità nervosa, fatta di scatti, torsioni ed improvvisi abbandoni tradisce lo stato d'animo di Roslyn. I suoi occhi parlano più della bocca, possiamo quasi sentirne i pensieri, e la contrapposizione tra la sua ruggente femminilità e il suo stato di sostanziale pre-morte crea un contrasto devastante. Persino la casa non finita di Eli Wallach, nella quale i personaggi vivono, ha un suo preciso scopo nell'economia della storia. E' l'ennesima opera incompiuta, scapestrata, dissestata, piena di buchi, esattamente come sono Roslyn, Gaylord, Perce e Guido. Una proiezione della loro condizione esistenziale. Del resto non bisogna dimenticare che la sceneggiatura viene scritta da Miller che evidentemente aveva pienamente compreso l'universo di sua moglie tanto da dipingerne il più fedele dei ritratti. Il finale tenta maldestramente di mettere una toppa a tanta afflizione ma suona fuori contesto, probabilmente esclusivamente dovuto alle necessità di Hollywood, poiché quella storia non poteva terminare in quel modo, artificiosamente conciliante. Impossibile pensare che Clint Eastwood per il suo Gli Spietati non abbia avuto mentalmente in background il film di Huston.
La lavorazione fu funestata da molti problemi. Innanzitutto il caldo terribile del deserto del Nevada (circa 38 gradi centigradi). Il matrimonio tra Marilyn e Miller andò in pezzi e conseguentemente l'attrice divenne preda di eccessi di alcol e farmaci. Anni dopo Huston dichiarò di aver avuto la netta sensazione allora che il destino di Marilyn fosse segnato, senza speranza. Marilyn ebbe difficoltà sul set, finì per un periodo all'ospedale ed i suoi abusi si rilfettevano inevitabilmente sulla recitazione. Non si presentava mai prima delle 11:00 e contemporaneamente Gable aveva chiesto per contratto di essere impegnato sul set tra le 9:00 e le 17:00, quindi c'erano due ore iniziali di buco che lo mandavano su tutte le furie. L'ebbe vinta Marilyn, visto che l'orario di inizio delle riprese venne giocoforza posticipato alle 11:00, il film dopotutto andava portato a casa. Se vi siete chiesti perché di tanto in tanto alcune sequenze, soprattutto primi piani, sono decisamente fuori fuoco è perché Huston optò per questa soluzione quando la condizione di Marilyn era palesemente inadatta a comparire su di uno schermo. Al botteghino Gli Spostati fu un vero e proprio disastro anche se invece la critica lo accolse in modo benevolo. La Monroe dichiarò di odiare il film e la sua prova recitativa, vedersi sullo schermo nei panni di Roslyn deve essere stato come guardarsi allo specchio, anche se lavorare con Clark Gable per lei fu un motivo d'orgoglio, trattandosi di un attore che amava sin da bambina e che in qualche misura aveva idealizzato come un suo possibile padre. Dal canto suo Gable guardando una prima versione rozza del film disse a Miller che si trattava della miglior cosa che avesse mai fatto in tutta la sua vita. C'è una scena in cui Marilyn e Eli Wallach stanno danzando e Marilyn, che ha appena appreso della morte per parto della moglie di Wallach, dice: "stiamo tutti morendo", alludendo al grande conto alla rovescia che giorno dopo giorno ci avvicina all'ultimo su questa Terra. Una frase incredibilmente beffarda sapendo come è andata a finire.