Giungla D’Asfalto

Giungla D’Asfalto
Giungla D’Asfalto

Giungla D'Asfalto, adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di W.R. Burnett del 1949, è ricordato per vari motivi. E' il primo film nel quale Marilyn Monroe ha una parte di una certa importanza, è ancora un ruolo parecchio minore ma ha il suo quarto d'ora di luci della ribalta (e certamente lo sfrutta a dovere, non passando inosservata). E' ritenuto da molti tra le migliori prove di John Huston, se non addirittura il suo miglior film. E' un caposaldo del cinema noir e segnatamente fa riferimento a varie sottocategorie come il caper movie/heist movie - i film del "colpo grosso", nei quali una banda di criminali tenta di mettere a segno il colpo della vita - e il gris movie (termine coniato dal critico cinematografico americano Thom Andersen), ovvero una serie di pellicole realizzate tra il '47 ed il '51 da registi politicamente schierati a sinistra (John Huston, Julies Dassin, Joseph Losey, Nicholas Rey), caratterizzate da un maggior realismo, soprattutto in ambito fotografico, da una particolare attenzione (in negativo) all'aspetto socioeconomico e classista dei personaggi, generato dall'economia capitalistica, e conseguentemente un approccio meno manicheo alla lettura delle psicologie dei buoni (la Legge) contro i cattivi (la Malavita). Il lustro nel quale fioriscono questi cosiddetti gris movies non era affatto casuale, il maccartismo stava flagellando anche e soprattutto Holllywood, essere considerati di "sinistra" (che all'epoca sostanzialmente era ritenuto essere un nemico dell'umanità, mangiare i bambini e adorare Satana) comportava un marchio d'infamia ed ignominia assolute. In Giungla D'Asfalto, John Huston, Sam Jaffe, Dorothy Tree, Sterling Hayden, Marc Lawrence, erano tutti cortesemente "attenzionati" dal senatore McCarthy, a conti fatti un vero e proprio film "sovversivo".

Non stupisce dunque quanto la vicenda metta in evidenza la totale interscambiabilità dei personaggi coinvolti, difficilissimo tracciare una linea di confine oltre la quale schierare coscienze antitetiche. Il tenente Ditrich (Barry Kelley) è un corrotto, il rispettabile avvocato Emmerich (Louis Callhem), esponente dell'aristocrazia e della società che conta, è un avido abbietto, meschino ed opportunista, che tradisce la moglie, i soci, gli amici. Il galeotto Riedenschneider (Sam Jaffe) è un colto e raffinato ideatore di rapine, il proletario disoccupato Dick Handley (Sterling Hayden) è un ultimo, un perdente, uno sconfitto segnato da miseria e tragedie familiari, che cerca di riprendersi il suo con gli unici metodi che Madre Natura gli prospetta come possibili, violenza e sopraffazione. Giulio (James Whitmore) è un "gobbetto" dalla scarsa intelligenza ma dal gran coraggio, pure lui sempre intento a sbarcare il lunario per non morir di fame. Luigi (Anthony Caruso) è un ambiguo scassinatore con moglie e figlio, che ritiene la famiglia un grattacapo assai più scocciante della propria professione. Cobby (Marc Lawrence) è un faccendiere, piccolo boss di quartiere pavido e talmente viscido da essere sempre sudaticcio. A questi uomini si associano figure femminili come quella di Olga (Jean Hagen), un'anima fragile totalmente dipendente dall'uomo al quale decide di accompagnarsi (Dick), la moglie dell'avvocato (Dorothy Tree), che fa il pari con Olga, con l'aggravante però di essere malaticcia e totalmente all'oscuro della vera personalità del marito, e Angela (Marilyn Monroe) né più né meno che la sciacquetta che l'avvocato frequenta nella sua garconnière, di almeno 30 anni più giovane.

Il quadro generale insomma è quello di un'umanità dolente, anni luce lontana dall'etica e dalla morale, una giungla metropolitana (d'asfalto appunto) dove vige la sopravvivenza del più forte, o del più furbo, dove il debole soccombe, indipendentemente da quanta pena si possa provare per lui o da quanti alibi, scusanti e giustificazioni possa avere per occupare l'ultimo poso in società. Non c'è pietà e non c'è empatia, si vive e si muore secondo ciò che decretano i rapporti di potere vigenti. L'unico sermone un po' moralistico arriva sul finale, quando il commissario di Polizia Hardy (John McIntire) parlando con i giornalisti sostiene che la Polizia, e per proprietà transitiva l'ordine, lo Stato, rappresentano comunque l'unico baluardo possibile contro la deriva, anche a fronte di una percentuale di corrotti che tuttavia non possono arrivare a disequilibrare  la bilancia tra il caos che e le forze del "bene". Non sembra crederci nemmeno lui, di certo non ci crede Huston e non ci crede lo spettatore, dopo ciò che ha visto per 112 minuti di afflizione ed oscurità.

Allo stesso tempo pare di cogliere una predilezione del regista verso i criminali a dispetto dell'autorità. Sono loro infatti ad avere una profondità psicologica, personaggi dotati di un background, ad anelare in qualche caso persino la fuoriuscita dal giro e a dedicarsi alla propria "professione" con tenacia ed impegno a loro modo ammirevoli. La scelta di Marilyn Monroe è avvolta nel mistero. Huston si è vantato di averla "scoperta" dopo una decina di filmetti nei quali veniva mal impiegata, tuttavia altre fonti (corroborate dagli archivi della MGM) sostengono che il suo provino inizialmente andò malissimo e Huston non la prese minimamente in considerazione, tanto che alla fine l'attrice ottenne la parte praticamente con una imposizione. La sequenza finale (quella del "chentochi") è considerata iconica ed è tra le più apprezzate e celebrate della storia del cinema anche e soprattutto per il suo portato ideale e simbolico. Altra scena impossibile da dimenticare è quella della danza del jukebox, durante la quale Jaffe ammira estasiato le movenze ipnotiche di Helene Stanley, ballerina (non accreditata nel film) famosa per essere stata il riferimento live action di vari personaggi della Disney tra cui Cenerentola. Ma più in generale tutto il tono del film è stupefacente, la fotografia è davvero qualcosa di magnifico, anche considerando che il film è prevalentemente in notturna e naturalmente in bianco e nero.

I nomi nella versione italiana vennero tutti storpiati, evidentemente per renderli più digeribili al nostro pubblico, anche se sentire tutti quei Luigi, Giulio, Ugo, Olga (che addirittura sarebbe Doll - bambola - un nome che descriveva perfettamente il personaggio della Hagen) fa davvero storcere il naso. Uno dei due poliziotti che si recano a casa dell'avvocato Emmerich per interrogarlo è doppiato da Alberto Sordi. A dispetto dell'immenso valore del film, al botteghino l'incasso fu modestissimo, appena 40.000 dollari. Lo stesso capo della MGM (Louis B. Mayer) che produsse il film affermò che Giungla D'Asfalto era "pieno di brutte persone cattive che facevano cose malvagie". Lui stesso non avrebbe neanche "attraversato la strada per andare a vedere una cosa del genere". Burnett, l'autore del romanzo, lo considerò invece assai ben realizzato e del tutto coerente con l'opera letteraria. la pellicola ricevette quattro nomination (e nessun Oscar) agli Academy Awards, tre nomination (e nessuna vittoria) ai Golden Globe, tuttavia al Festival del Cinema di Venezia Jaffe conquistò la Coppa Volpi come miglior attore. Esiste una versione colorizzata del film, fatta nell'88 e che scatenò una vera e propria battaglia legale.

Trailer ufficiale

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