Remake coraggoso e pretenzioso, perché sfidare un culto del genere è effettivamente un ardire ed una pretesa che può investire regista e attori, tanto nel bene quanto nel male. Ci saranno milioni di fan sparsi per il globo pronti a farti le pulci se anche solo un lembo di stoffa della tuta degli acchiappafantasmi non dovesse avere la grana o il cromatismo giusti (dove per "giusti" si intende "come nel primo film"). Già il secondo Ghostibusters (1989) non fu salutato da tutti come un film degno del proprio predecessore. Come usa oggidì, non si deve e non si può più nemmeno parlare di remake perché il termine giusto e reboot, ovvero far ripartire un franchise, una saga, sperando che ingrani e dia origine ad una nuova pioggia di sequel. Guardate cosa stanno facendo col povero Spiderman, roba da rincretinire.
Ivan Reitman, regista dell'originale, qui produce, assieme a Dan Aykroid, e tutti i protagonisti del primo film hanno il loro cameo di gloria, gli acchiappafantasmi (tranne Ramis, per ovvie ragioni, a cui comunque è dedicato il film), Annie Potts (all'epoca segretaria centralinista della ganga) e Sigourney Weaver. Per mescolare un po' le carte si è optato per un cast quasi tutto al femminile e, rovesciano la prospettiva, in segreteria non poteva che esserci un bello e stupido, ovvero Chris "Thor" Hemsworth, senza contare la piccola (ma divertentissima) parte di Andy Garcia come rovinoso sindaco della Grande Mela. La storia riprende a grosse linee quella del primo film ma non la ripropone pedissequamente, attualizza e si prende tutte le licenze poetiche e le libertà del caso. Le quattro scienziate del paranormale sono ricalcate sui lontani parenti maschi, Kristen Wiig corrisponde a Bill Murray, Melissa McCarthy a Dan Aykroyd, Kate McKinnon a Harold Ramis, Leslie Jones la negra che si unisce in un secondo momento, esattamente come Earnie Lee Hudson prima di lei. Assistiamo alla squinternata esistenza delle protagoniste prima della "vocazione", quindi al costituirsi dell'azienda ectoplasmatica, infine alla gloria (anche se qui un patto con lo sciagurato sindaco mette sempre in sordina le imprese delle ghostbusters).
Questa versione all-female 2.0 (caldeggiatissima a suo tempo da Bill Murray) fa l'effetto "vorrei ma non posso". Vorrei sfruttare un marchio di grandissimo successo, vorrei bissare quel successo, vorrei apportare grandi novità come fece quella commedia fantastica (nel senso di genere cinematografico) nel 1984, vorrei rivitalizzare qualcosa che da troppo tempo giace sepolto, vorrei dissacrare un nome che è diventato troppo sacro col passare dei decenni. Vorrebbe Paul Feig, vorrebbero le sue scatenate primedonne, pronte a spendersi e mettersi in gioco con generosità, ma il miracolo non avviene. A Ghostbusters 2016 manca qualcosa, difficile dire cosa esattamente, ma si sente che la pellicola è deficitaria, manca l'ingrediente segreto, la spezia che dà la svolta, il quid magico. Ci sono l'omaggio e il citazionismo ma distillati col contagocce. Per paura di essere accusati di aver fatto copia/incolla. Ci sono nuovi personaggi che non riescono ad acquisire una compiuta personalità e fisionomia. Tra il cervellone paranoide di Ramis e quello della McKinnon c'è la stessa differenza che passa tra un personaggio tridimensionale ed una macchietta. Va meglio con la Wiig e la McCarthy, più attrici, ma pure la Jones è la fiera degli stereotipi sulle donnone di colore.
Coloratissimo, effettatissimo, per altro anche in modo gradevole ancorché rutilante, Ghostbusters non falla sui fantasmi, ironici, divertenti e fosforescenti come non mai. Sono le tante scene di dialogo e di interazione tra i personaggi vivi ed in carne ed ossa a risultare una parata di lunghe strade senza uscite. Gli "...e quindi?" si sprecano e si ha la sensazione che tagliandone via la metà il film non ne avrebbe minimamente risentito (ho visto la extended version, più lunga di quella passata in sala). Molto meglio la seconda parte, dove l'azione prende il sopravvento; strano a dirsi perché l'effetto nostalgia dovrebbe avere il suo climax soprattutto nella prima mezzora circa.
L'accoglienza non è stata entusiastica, il trailer del film su Youtube guadagnò l'invidiabile primato di aver raccolto "non mi piace" in quantità industriale. Certo c'è stata molta prevenzione e pregiudizio ideologico, come sempre accade con i remake di pellicole di culto. Il film non è orrendo, ha i suoi momenti, rispetta l'originale senza svergognarlo o snaturarlo, ed accentuando ulteriormente l'aspetto comico; d'altra parte non riesce a diventare un nuovo "evento" così come accaduto al primo e fallisce un po' sul piano della simpatia, che invece doveva essere la sua arma migliore, considerando lo slancio derivante dal marchio doc e dall'essere ricorsi a quattro female comedian per scatenare il buonumore dello spettatore. Fa piacere rivedere Stay Puft, Slime (qui ammogliato) e compagnia viscida, carina l'idea di avere (finalmente) come incarnazione finale del Male il fantasmino/one del logo, immancabile anche il main theme di Ray Parker Jr., ma la quadratura del cerchio non arriva, Ghostbusters 2016 rimane un incompiuto. L'ultima sequenza dopo i titoli di coda getta un amo per un ipotetico seguito ma, visti gli incassi, non se ne veda alcuno all'orizzonte