Exodus – Dei E Re

Exodus – Dei E Re
Exodus – Dei E Re

Ridley Scott realizza Exodus nel 2014, scorrendo la sua filmografia del periodo salta all'occhio come il regista americano sia capace di svariare tra produzioni parecchio diverse tra loro, sempre piuttosto faraoniche come budget ma assai eterogenee per ambientazioni e contesto, da Robin Hood alla fantascienza (anche quella, ora più a sfondo fantastico come Prometheus, ora più horror come gli Alien, ora più realistica come The Martian), dal thriller crudissimo (The Counselor) al biopic drammatico (Tutti I Soldi Del Mondo). Scott è un entusiasta del cinema, un regista capace ed uno che certo non ha paura delle sfide, nonostante spesso e volentieri la critica - quella magari più colta - non sia stata granché indulgente con le sue pellicole. Exodus poi è l'ambizione in 35 mm personificata, un film sull'esodo biblico degli ebrei dall'Egitto, guidati da Mosè (con tanto di celeberrimo attraversamento del Mar Rosso, che per altro Scott ha cercato di rendere quanto più verosimile e plausibile, pur sempre tenendo conto che di miracolo divino si tratta).  Siamo dalle parti de Le Crociate - Kingdom Of Heaven (2005), l'afflato epico è lo stesso, grandi avventure e mitologia sotto i cieli benedetti dal Signore. Qui in realtà più maledetti che benedetti, considerando cosa si scatena sulla testa degli egiziani per volere di Dio. La parentesi delle famose piaghe è forse il momento più spettacolare e tutto sommato è ben reso, senza una computer grafica smodatamente posticcia (sempre nei limiti in cui piogge di rame, locuste, grandine, tramutazione dell'acqua in sangue, etc siano riproducibili senza dare un senso di irrealtà).

Come spesso accade nei film di Scott ci sono alcune cose molto pregevoli, altre meno. Tra queste ultime devo dire di non aver minimamente apprezzato la figura di Ramses, interpretata da Joel Edgerton come fosse un gangster losangelino o un despota norcoreano. Le movenze, la gestualità, gli atteggiamenti dell'attore tradiscono una faciloneria ed un'approssimazione troppo contemporanea (e troppo americana); icastico, tronfio, sbrigativo, ottuso, sbruffone, se non fosse stato divinamente truccato e vestito come un perfetto faraone egiziano, Edgerton sarebbe potuto essere trapiantato in una qualsiasi serie tv ambientata tra malavitosi yankee e nessuno si sarebbe accorto della differenza. Poco interessanti le musiche (che in un film del genere dovrebbero avere un peso rilevante), anonime anche se magniloquenti e con una certa tentazione a riprendere il tema principale usato da Morricone per Mission di Roland Joffé. La trattazione della materia biblica è molto veloce, si corre a rotta di collo eppure già così abbiamo 150 minuti di pellicola, forse sarebbe stato utile concentrarsi su una finestra temporale più ristretta ed approfondirla maggiormente. Alcuni passaggi psicologici vanno davvero di fretta e si fa fatica a coglierli, semmai si subiscono. Spiace anche veder impiegato un parterre de rois di attori (da Ben Kingsley a Sigourney Weaver) a mo' di comparse o poco più, ma anche questo è un vezzo che spesso Scott ha (si pensi anche alla Weaver regina di Spagna nel bellissimo 1492).

Detto ciò, rimane l'estremo gusto visivo di Scott, maestro nell'inscenare paesaggi grandiosi, epici, senza mai scadere di tono. La ricostruzione dell'antico Egitto risulta davvero molto attendibile, nonostante Scott come al solito si sarà preso mille licenze poetiche che i più attenti filologi avranno contestato dalla A alla Z (vedi Il Gladiatore). Sfugge sempre che il "passato" di Scott è sempre un passato fantastico, immaginario, narrativo, mai documentaristico, questo contribuisce sensibilmente al racconto e se proprio risulta intollerabile per lo spettatore ci sono sempre i canali della BBC o del National Geographic ai quali affidarsi. Christian Bale è un eccellente Mosè e i suoi dialoghi con Dio davvero affascinanti. Intrigante la rappresentazione del divino, tanto in senso formale (non dettaglio oltre per non spoilerare) quanto sostanziale. Il Dio di Mosè è quello del Vecchio Testamento, severo, cinico, violento, sanguinario e vendicativo, e così lo rappresenta Scott, né più né meno. Gli egiziani inizialmente sembrano dei novelli nazisti ma considerando ciò che subiscono, diventa difficile non empatizzare con loro. Siccome la polemica non deve mai mancare, il film è stato anche accusato di "whitewashing", ovvero di aver fatto ricorso ad attori troppo "caucasici" per dei personaggi mediorientali, è stato bannato in Egitto e negli Emirati Arabi per inesattezza storica (ricordate l'accusa opposta e contraria a Scott di aver privilegiato il punto di vista islamico ne Le Crociate?) ed è stato avversato anche per via del fatto che Scott è notoriamente un ateo ma evidentemente si incaponisce a dirigere sceneggiature che parlano di Dio (va anche precisato che Exodus nello specifico è dedicato al fratello Tony, scomparso nel 2012). Le due ore e mezzo di durata comunque si bevono come un sorso d'acqua e Exodus - al quale la distribuzione italiana ha aggiunto l'inutile appendice pleonastica Dei E Re - risulta una visione estremamente godibile e gradevole, al netto di ciò che si pensa sull'argomento trattato. Sarebbe carino se ogni tanto davanti ad un film di Scott si parlasse di cinema anziché di massimi sistemi filosofici.

Trailer ufficiale

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