Biagio Proietti lo conoscevo come regista dei film con Mauro Di Francesco, Chewingum (1984) e Puro Cashmere (1986), ma in realtà ha diretto altre pellicole, diverse cose per la tv è soprattutto ha sceneggiato tra il '70 e '82 un po' di titoli per entrambi i formati. Nel 1976 fa squadra con Diana Crispo (co-sceneggiatrice) e Piero Schivazappa (Femina Ridens, La Signora Della Notte) per lo sceneggiato Rai in sette puntate, Dov'è Anna?, programmato nelle prime serate di gennaio e febbraio di quell'anno, e passato alla storia come la fiction di maggior successo della televisione italiana (contando parecchi milioni di spettatori a puntata). Non è l'unico primato di Anna, il ricorso ad un adattamento completamente italiano e contemporaneo la rendeva abbastanza peculiare in un panorama ancora fortemente segnato dall'esterofilia. Nonostante durante la vicenda ci si sposti anche a Madrid (... in zona Villa Borghese), le riprese avvengono quasi esclusivamente a Roma, con dei passaggi in quel di Arezzo e nel territorio dell'Aquilano, così come la galleria che funge da sigla iniziale, percorsa a piedi dai protagonisti e nella quale scorrono i titoli di testa (una trovata molto suggestiva e metanarrativa), si trova presso Ortona dei Marsi. Al trionfale successo dello sceneggiato contribuirono non poco le musiche di Stelvio Cipriani, la sigla in particolare si stampa in testa sin dal primo ascolto e diventa un motivo familiare che crea empatia durante la visione. In breve, la trama vede Carlo Ortese (Mariano Rigillo), un venditore di libri porta a porta, impegnarsi disperatamente nella ricerca della moglie Anna (Teresa Ricci) che di punto in bianco, al termine di una qualunque giornata di lavoro, non torna a casa. Anche la Polizia cerca la donna, eppure dopo settimane che diventano mesi, le indagini si arenano. Carlo è costretto a impegnarsi in prima persona, incapace di trovare pace per la perdita di Anna. Viene supportato da una collega della moglie, Paola (Scilla Gabel) e dal commissario Bramante (Pier Paolo Capponi), poliziotto dalla spiccata umanità, che prende abbastanza sul personale il caso di Ortese. Puntata dopo puntata emergeranno verità sorprendenti che scoperchieranno il mondo di Anna, dal quale Carlo era sempre rimasto escluso, fino all'epilogo risolutivo che avverrà proprio tra le montagne abruzzesi. Le rivelazioni sono tali e tante che, strada facendo, il titolo dello sceneggiato potrebbe slittare da Dov'è Anna? a Chi è Anna?
Costruito come un giallo ma dal taglio marcatamente drammatico, sociale e sentimentale, Dov'è Anna? mescola varie suggestioni, è un prodotto ricco e completo, e soprattutto può vantare il marchio di fabbrica degli sceneggiati Rai degli anni '70, sempre impeccabili per quanto riguarda la recitazione. Davvero impressionante il livello attoriale dei vari Rigillo, Gabel, Capponi, ma di tutto il cast, fino alla comparsa che compare pochi secondi in scena perché magari il protagonista gli chiede una banalissima informazione che si risolve nello scambio di due battute. Da questo punto di vista la cura è enorme. Né si può sottovalutare lo spessore tematico dello sceneggiato, che di puntata in puntata si imbarca in argomenti piuttosto sensibili e delicati, come il mondo dell'adozione (anche illegale), le ragazze madri, le malattie mentali ed i nosocomi, ovviamente l'adulterio, e più in generale molte situazioni borderline che toccavano dal vivo la società italiana del tempo e che infatti rendono Dov'è Anna? un'opera estremamente lucida, contemporanea e stimolante per uno spettatore televisivo di metà anni '70; del resto quella forza magnetica arriva quasi intatta ancora oggi, in un paese che per certi versi sembra completamente diverso ma per altri, tutto sommato, rimane ancora profondamente simile. Le puntate previste in origine erano otto, una venne espunta per esigenze di budget (si disse), ma in realtà si trattava di una puntata nella quale Carlo veniva a contatto col mondo della prostituzione, temendo che Anna potesse essere finita in quel giro, dunque avvenne una vera e propria censura più che un calcolo di spesa. Ciò non toglie che per tutto il resto lo sceneggiato si prende delle belle responsabilità. Lo sguardo gettato all'interno di una clinica per malati di mente ad esempio accese un dibattito ben oltre lo schermo televisivo, a tal punto che anche grazie allo sceneggiato venne abrogata una norma del Codice che prevedeva che una persona dichiarata guarita potesse essere rimessa in libertà solo a patto che un familiare o un tutore se ne assumesse la responsabilità per scritto. La Legge Basaglia arriverà solo due anni dopo.
Nei 55 minuti circa di ogni capitolo Schivazappa ed il suo cast riescono a coniugare l'interesse per una narrazione stratificata di tipo giallo (la ricerca della persona scomparsa, la suspence, i finali di puntata ammiccanti, la collezione di indizi, la collaborazione con la Polizia, false, piste, possibili cattivi da contrapporre ai buoni, etc) ad un'analisi molto profonda della società italiana coeva, delle dinamiche relazionali ed interpersonali, della provincia contrapposta ala grande città; ed oltre a tutto ciò, c'è anche il tempo per una storia d'amore estremamente sobria, intima, trattenuta, quella latente ma mai esplicita tra Carlo e Paola, interpretata da una Scilla Gabel (moglie di Schivazappa) magnifica, forse ancora troppo ancorata all'immagine un po' idealizzata e candida dell'angelo del focolare, e tuttavia la compagna di vita (bella, perspicace, intelligente, sensibile) che ogni uomo vorrebbe avere accanto a sé. La sua non è affatto una posizione semplice; collega di Anna, legata a lei da un'amicizia non superficiale ma neppure assoluta, ed allo stesso tempo progressivamente sempre più attratta da Carlo, dunque anche "rivale" nei confronti di Anna. La recitazione della Gabel, asciutta, delicata e solida al contempo, è magistrale nel rendere tutto questo arco di complicazioni emotive. Il finale è abbastanza singolare, andando in una direzione affatto conciliante e rasserenante, ma anzi lasciando lo spettatore con un fortissimo senso di amarezza e disagio, anche per quanto si è affezionato ai protagonisti durante le sette puntate. Giuro che quando sono scorsi i titoli di coda per l'ultima volta ho provato un senso di abbandono che è stato quasi un dolore fisico, un autentico dispiacere per non poter più vedere e frequentare Carlo, Paola e Bramante. Un eccellente momenti della televisione italiana che, per un totale complessivo di circa sei ore e mezzo, non ha un solo minuto fuori posto. E' recuperabile abbastanza agilmente, io ci farei un pensierino.