Dalila Di Lazzaro nasce come modella, passa alla pubblicità divenendo testimonial di un collirio per gli occhi, ed esordisce al cinema con lo spaghetti western Si Può Fare...Amigo (di Maurizio Lucidi, 1972). La sua carriera di attrice quindi decolla grazie a due film molto diversi, Il Mostro È In Tavola...Barone Frankenstein (P. Morrissey, '74) e Oh, Serafina (A. Lattuada, '76). In totale parteciperà ad una trentina di produzioni, anche internazionali oltre a fiction televisive. Commedie, drammi, erotici, mafia movies, film anche molto speciali come il Kinski Paganini o Phenomena; tuttavia negli anni '80 della Di Lazzaro passa una certa immagine sexy che la rende una delle eroine del cinema di genere erotico agli occhi del pubblico italiano. Oggi, alla luce della sua sofferta biografia (la perdita del figlio e una forma di dolore fisico cronico, entrambi a seguito di incidenti stradali), è difficile continuare ad identificarla in quello stereotipo, anche perché l'attrice friuliana si è dedicata ad altro, scrittura, iniziative sociali, benefiche (la lotta all'anoressia) e un forte impegno a favore delle adozioni da parte di genitori non sposati.
Negli anni '80 gira una discreta manciata di film, diversi erotici, tra i quali Una Donna Dietro La Porta (di Pino Tosini, '82). E' un film strano e atipico, poiché solitamente collocato in un filone che in realtà incarna poco convintamente. I topoi ci sono, un uomo ed una donna, inibizioni sessuali, attrazione, una prigionia coatta, tuttavia è assai curioso che il film abbia una sola vera scena d'amore, che avrebbe passato la censura anche con una commissione della Disney. Della Di Lazzaro non vediamo niente, il massimo della nudità è un fondoschiena fugace nella scena di cui sopra, per il resto Una Donna Dietro La Porta si candida per il titolo di film più vestito della storia degli erotici. Protagonista maschile un improbabile John Saxon; dico improbabile perché quello lì non era proprio il suo ruolo, anche se il vecchio leone di Brooklyn si difende con le unghie e con i denti, dando il meglio di sé, e costruendo un personaggio un po' sopra le righe ma divertente. Della Di Lazzaro viene sfruttata la sua componente altera, algida, come del resto era la sua bellezza, indiscutibile, ma fredda e respingente. Il suo è un personaggio scostante, antipatico, antierotico, e si fa fatica a comprendere come il notaio di John Saxon possa addirittura innamorarsene (anche considerando le discreta e libidinosa moglie che si ritrova a casa, Clarita Gatto, con la quale però ha un rapporto conflittuale). I due per accidente si ritrovano chiusi in una villa di Orvieto per due giorni. In attesa che qualcuno giunga a liberarli, le due personalità, così diverse ed opposte, si affrontano, in modo anche violento, arrivando poco a poco a conoscersi e liberarsi di parte dei propri fardelli esistenziali. - SPOILER: sin dall'inizio ci accorgiamo che la frustrata Di Lazzaro (che ha subito una violenza da bambina), è vittima di continue allucinazioni; sul finale lo spettatore si renderà conto che anche tutti gli eventi verificatisi nella villa sono stati una proiezione della fervida fantasia della Di Lazzaro, anche se...ad un certo punto la porta della casa si chiuderà davvero, esattamente come nel sogno ad occhi aperti della donna, dando inizio ad una vera prigionia, forse in tutto e per tutto identica a quella immaginata sin lì.
Il film ha delle velleità psicologiche più raffinate rispetto alla media degli erotici del periodo, e dimostrazione ne è anche l'uso che viene fatto del corpo della Di Lazzaro, gelosamente custodito e negato agli occhi dello spettatore. La tensione erotica è tutta cerebrale (anche se non sempre i dialoghi sono all'altezza). La Di Lazzaro comunque rende bene il proprio personaggio, ma la voce non l'aiuta. Più verace e ruspante Saxon. Belli gli scorci di Orvieto; e buffissimo l'inizio del film che vede la Di Lazzaro scendere dal treno alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze e prendere un taxi per....Orvieto! Ma arrivare in treno direttamente ad Orvieto, no eh? Pare evidente come Tosini mirasse più in alto con questa pellicola, volendo magari realizzare un dramma dalle tinte morbose piuttosto che un erotico tout court. Trattandosi di un prodotto eterogeneo e un po' particolare, a modo suo Una Donna Dietro La Porta incuriosisce lo spettatore e si lascia guardare. Il finale non è particolarmente entusiasmante poiché l'espediente usato è di quelli inflazionati e un po' scorretti nei confronti dello spettatore; si ha la sensazione di essere stati portati per il naso dal regista che si era dato carta bianca, rompendo una specie di "patto non scritto" col pubblico che gli aveva concesso la sua sospensione di incredulità. Tuttavia il film rimane un lavoro di medio valore all'interno del panorama di genere del nostro cinema. La Di Lazzaro comunque ebbe più notorietà grazie ad altri titoli come La Ragazza dal Pigiama Giallo ('77), Un Dramma Borghese ('79) e Spogliando Valeria ('89).