Il Dolce Corpo Di Deborah è ritenuto capostipite del giallo sexy all'italiana. Dicono Bruschini e Tentori nel loro tomo "Guida al Cinema Giallo e Thrilling Made in Italy" (ed. Profondo Rosso, 2010) che sul finire dei '60 fiorisce in Italia tutto un minifilone di gialli psicologici e d'atmosfera, filiazione dei gialli francesi alla René Clément e Jacques Deray. La traduzione italiana di quei gialli vede il ricorso al clima di disagio sociale che spirava in quegli anni e che andava nella direzione di una dura critica della classe alto-borghese. Bruschini e Tentori sostengono che questi psico-gialli alla fin fine sono da leggersi come una "semplificazione" del cinema impegnato d'autore (alla Bellocchio, per dire), con in più una morbosità di fondo, ambigua ed ossessiva, di stampo, appunto, franzoso. Delitti maturati nell'ambito familiare, puntellati da sesso, avidità, passione, sete di potere. Il climax di questi gialli raramente è la scoperta dell'identità dell'assassino o delle sue modalità omicide, quanto piuttosto il "levitare", il "venire a galla" dei complicati rapporti morbosi che i protagonisti - altolocati, appartenenti all'upper class agiata e abituata al lusso - instaurano fra loro. In questo contesto viene riletta anche la figura della donna, spesso "diabolica" e non più angelicata, crudele, magari ambigua e spregiudicata anche sessualmente, assai distante dalla indifesa pulzella in cerca di un cavaliere che la protegga.
Il Dolce Corpo Di Deborah calza perfettamente le scarpe di Bruschini e Tentori e, per motivi cronologici, riveste il ruolo di iniziatore del genere. Forse per questo, a mio modesto parere, mantiene ancora qualche prolissità di troppo, qualche farraginosità a livello di regia che lo rende leggermente pesante da seguire. Guerrieri racconta che lui il film non lo voleva fare, poco convinto di una sceneggiatura "debole"; furono i nomi blasonati di Jean Sorel e Carroll Baker a fargli cambiare idea. A film concluso rimase invece molto soddisfatto del lavoro, ritenendo di aver messo mano sapientemente ad un testo di per sé poco entusiasmante. Non gli piaceva il genere, lo riteneva vittima di stereotipi e "topoi"che non riuscivano a coinvolgerlo. Inserì un po' di erotismo nella trama gialla, poca roba per il 2012 ma tanta roba per il 1968, con scene di nudo della Baker, addirittura a seno scoperto (sebbene trafelato) e osò persino un amplesso ripreso (assai castamente) al culmine. L'uscita in sala fu all'insegna del divieto ai 18 anni.
Come premesso nel pistolotto introduttivo, in effetti nel film poco importa chi sia a compiere le malefatte, anche perché i personaggi sostanziali sono 3, i due protagonisti e Luigi Pistilli, quest'ultimo è chiaramente "coinvolto", ergo, per tutta la storia ci si chiede soltanto chi sia il complice, Sorel o la Baker? Quello che realmente interessa e "levita", come dicono i critici, è il dipanarsi degli intrecci, l'avvitarsi delle ambiguità, l'estrinsecarsi dei machiavellici sospetti, tra comportamenti torbidi, subdoli, doppi e contraddittori. Guerrieri inserisce qualche (falso) elemento soprannaturale, al quale lo spettatore non crede nemmeno per un minuto, ma che contribuisce a far "clima" ed "atmosfera". C'è un po' di gotico insomma, altro tratto peculiare del filone che segnerà quasi tutta la nostra produzione (derivanti dai gialli horror alla Riccardo Freda). A degna conclusione del film, la considerazione del personaggio della Baker (milionaria americana): "non si è mai ricchi abbastanza", palesamento della incoercibile propulsione ad arricchirsi e sopraffare continuamente. Da segnalare anche il buon uso delle musiche, e la bella prova di George Hilton e di Evelyn Stewart (aka Ida Galli). Molto divertente la scena in discoteca, piena di trovate visive (la Baker balla in modo ri-di-co-lo!), mentre imbarazzante il flashback sull'ammmore da Baci Perugina di Sorel e la Stewart, pieno di sguardi languidi e uccellini che cinguettano, il diabete mi stava portando via. Dvd Cinekult insolitamente modesto quanto a resa audio/video, probabilmente stavolta il recupero del master del film deve essere stata impresa archeologica particolarmente ardua.