Distretto 13 Le Brigate Della Morte

Distretto 13 Le Brigate Della Morte
Distretto 13 Le Brigate Della Morte

Carpenter signori, c'è bisogna di aggiungere altro? Si, aggiungo, perchè c'è da scrivere un bel post su questo film. Secondo lungometraggio di Carpy, dopo Dark Star (anche se prima aveva girato millanta corti). Questo Assault On Precinct 13 è "solo" un mezzo capolavoro, al solito, fatto con 2 dollari, 3 attori e tutto in proprio (soggetto, sceneggiatura, regia, colonna sonora, birre panini e coca cola). Riferimenti evidenti sono Rio Bravo e George Romero. Del resto, narrano le cronache che Carpenter volesse girare un vero e proprio western, ma la ristrettezza di budget non lo permetteva. E allora Carpenter girò lo stesso un western, però senza le ambientazioni western. Sapete chi ha firmato il montaggio del film? Un certo John Chance, ovvero il personaggio interpretato da John Wayne in Rio Bravo, ovvero Carpenter sotto pseudonimo, che omaggia la sua ispirazione. Ed è evidente anche come la situazione di assedio al distretto, con pochi uomini, eterogenei per umanità e estrazione sociale, che si trovano a fronteggiare un'orda di nemici senza volto, rispecchi non poco le lo status quo degli zombie dei film romeriani.

In effetti Distretto 13, oltre che come un western stilizzato, potrebbe essere visto come un horror travestito da action thriller metropolitano, una traslazione in un contesto simbolico, ma i topoi narrativi cardine degli zombie movies sono intatti e Carpenter va a braccetto con l'horror. Tranne che all'inizio, quando quattro balordi vengono seguiti nelle loro scorribande criminali (impagabile quello perennemente vestito da Che Guevara), dal momento in cui il distretto viene assediato non vediamo più in faccia nessun assalitore, ma possiamo solo scorgere corpi in movimento, ombre minacciose che si ammassano tra la vegetazione notturna, silhouette che d'improvviso sfondano le finestre per introdursi dentro e che vengono ricacciate fuori a pallettoni sonanti. Un po' come i nemici invisibili ma incombenti del Vietnam di Full Metal Jacket, un espediente narrativo che spersonalizza e crea angoscia, tensione, confusione.

Intensissimi i rapporti umani tra i difensori del fortino, persone messe insieme dal caso, anche beffardamente, l'omicida condannato a morte ed il tenente di polizia, la segretaria e il padre di famiglia, il negro e il bianco. I nostri fanno di necessità virtù e alla fine rimarrano (vincitori) solo in tre. Carpenter rende al massimo l'azione e la tensione, ma non per questo trascura l'approfondimento dei personaggi, rendendoli veri e tridimensionali, e non quelle macchiette alla Steven Segal che invece oggi imperano (perché registi e produttori non comprendono più che un film d'azione non è una cagata con delle belle esplosioni, ma è innanzitutto un film, tutto, dall'inizio alla fine, psicologie dei personaggi e plot compresi). E pensare che Carpenter ha dichiarato di non essersi concentrato molto sui dialoghi, ma assai più sulla suspense. A tratti pare una pellicola exploitation (girata in appena 20 giorni) ed in senso ideale lo è certamente. Brutalissima l'uccisione della bimba all'inizio, che poi è il casus belli che porta il papà a seccare uno dei malviventi spietati, a rifugiarsi quindi al distretto inseguito dai briganti e a scatenare l'inferno nell'avamposto della polizia, che quella sera stessa avrebbe definitivamente chiuso i battenti causa trasloco in altra zona del malfamatissimo quartiere losangelino. La sensazione di criminalità e violenza dilagante è sublime, sembra già di essere dalle parti di New York, nel 1997.... Una curiosità: l'indirizzo del nuovo distretto di polizia (1977, Ellendale Place) era l'indirizzo di casa del regista in quel periodo. Nel 2005 è stato fatto il remake con Laurence Fishburne e Ethan Hawke. In Francia hanno pure girato Nido di Vespe, che si ispira vistosamente a Distretto 13.

Trailer ufficiale

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