Buffet Freddo

Buffet Freddo
Buffet Freddo

Bertrand Blier è un regista amato/odiato in patria, vezzeggiato da alcuni per il suo anticonformismo provocatorio, deplorato praticamente per lo stesso motivo, come ad intendere che la sua visione destabilizzante, intrisa di umor nero, irrealtà e causticità, sia qualcosa di capriccioso, un atteggiamento da bastian contrari senza un punto di ricaduta chiaro, un orizzonte concreto. Ed infatti la concretezza è un'arma a doppio taglio nel suo cinema, come dimostra anche questo Buffet Freddo, nel quale "astrazione" e materia solida e tangibile coesistono, a tratti persino pericolosamente. La vicenda mette insieme tre uomini, costruendone il percorso con disciplinata sistematicità; dapprima c'è Alphonse (Gérard Depardieu), disoccupato, ossessionato da pensieri di morte e dall'incubo ricorrente di essere braccato dalla Polizia; quindi arriva l'ispettore Morvandiau (Bernard Blier), proprio un poliziotto, apatico e provato dal proprio mestiere che lo mette costantemente a contatto con il male, la corruzione e la devianza; infine sopraggiunge Jean Carmet, un assassino senza nome ossessionato dalle donne (che infatti uccide). I tre incrociano le proprie strade e dal momento in cui avviene il loro primo contatto non si abbandonano più, compiendo ogni metro di strada assieme, sostenendosi vicendevolmente, nonostante una evidente dicotomia di intenti (laddove l'assassino deve uccidere infatti l'ispettore deve impedire che un omicidio venga commesso e/o arrestare chi lo compie).

In Buffet Freddo ogni personaggio fa esattamente il contrario di ciò che ci aspetta da lui, va nella direzione opposta, effettua sistematicamente una inversione ad U che naturalmente lascia stupefatto lo spettatore. In questo parte della critica ha visto un disegno artificioso, un "esercizio di stile" che, sebbene renda il film accattivante da guardare, tradisce la (presunta) gratuità della messa in scena del regista. Il punto è che al contempo tale impostazione di fondo rende comunque il film incredibilmente vivace, sorprendente, imprevedibile, dunque stimolante per lo spettatore. Che poi, a ben vedere, i comportamenti dei personaggi non sono poi così insensati e casuali; più volte si fa riferimento all'alienazione dei luoghi che li ospitano, alla ripetitività dei comportamenti, al vuoto esistenziale della società in cui siamo immersi, alle aspettative, alle necessità (primarie ed indotte). Il film è girato quasi interamente di notte, l'enorme casermone che ospita i tre è deserto, minaccioso, incombente, inospitale. Carnet soffre il cemento della periferia, ha bisogno dei boschi e della natura, Blier cerca il silenzio, la solitudine, una pace interiore che possa distaccarlo dalla tossicità della propria professione (e da un passato non del tutto risolto e digerito con la propria moglie), Depardieu è un uomo apparentemente senza scopo e senza qualità, che cerca un centro di gravità permanente nella sua vita. Poi ci sono le donne di questa storia, la severa e anaffettiva moglie di Depardieu (Liliane Rovère), la fragile, algida, sensuale e repressa moglie di un uomo che assolda i tre protagonisti perché lo uccidano (Geneviève Page), e Carole Bouquet, figura enigmatica che compare nel finale, quasi un'incarnazione del Destino, che non è né giusto né sbagliato, è solo il Destino, ciò che deve accadere. E poi ci sono le figure di contorno, altrettanto assurde e sbandate, come il l'uomo disturbato nottetempo che dà indicazioni a Carmet sulle donne del vicinato (da importunare), il medico che soccorre la Page (e ne abusa) o il suo sconclusionato marito che chiede di uccidere una persona che poi si rivela essere lui stesso). Il film però lo apre Michel Serrault, un povero Cristo che aspetta la metropolitana e che viene importunato da un Depardieu su di giri che gli racconta dei suoi deliri nichilisti ed autolesionisti. Dopo pochi minuti Serrault giace a terra con il coltello di Depardieu piantato nella pancia, ma Depardieu ci inciampa quasi per caso, ed inizia a chiedersi se sia stato effettivamente lui a ferirlo a morte oppure no.

- SPOILER: La cosa buffa è che nel film poco a poco muoiono tutti, rimane solo la Bouquet, che poi era la figlia di Serrault, quindi chiude il cerchio; uccide l'uomo che ha ucciso suo padre (forse, poiché in realtà non è acclarato) e lascia spazio ai titoli di coda. Mentre tutta la storia viene incorniciata dalla città e dalle sue architetture disumane, il finale si gioca sulle rive di un placido fiume, nel bel mezzo dell'amabile campagna. Poco prima Depardieu, Blier e Carmet si stavano rilassano in un casolare. La loro quiete viene disturbata dal sopraggiungere di un killer che vuole uccidere Depardieu. Blier fa uccidere con l'inganno Carmet ma poi arresta il killer e mentre lo porta in città al comando di Polizia, chiede assieme a Depardieu un passaggio ad un auto che sopraggiunge. Alla guida c'è la Bouquet, che da quel momento si prende in carico le vite di tutti. I protagonisti del racconto ispirano tenerezza e scomodità al contempo, il rapporto nei loro confronti è elastico, si è attratti e respinti, come se fosse in atto un conflitto tra natura e codici sociali.

La prova attoriale del cast è encomiabile, con un Depardieu particolarmente orsacchiotto e perso nel suo girovagare senza meta (esistenziale e non), ed un Blier calato in una austera severità davvero olimpionica. Buffet Freddo è una commedia, è un film drammatico, è grottesco, è surrealista, ha momenti gialli, è davvero molte cose insieme. Blier lo ha raccontato come una sorta di cinema che per un'ora e mezzo si incarica di spiegare la prima scena. Per la Bouquet è la seconda pellicola dopo Quell'Oscuro Oggetto Del Desiderio di Bunuel, tanto da aver delineato la silhouette dell'attrice come quella della musa perfetta del surrealismo (ma sempre nel '79 arriverà Il Cappotto Di Astrakan con Johnny Dorelli, stralunato pure quello ma decisamente più ancorato a terra). Depardieu invece era esploso proprio grazie a Blier nel film I Santissimi del 1974. Qui Bertrand dirige suo padre Bernard, ultima delle tre regia nelle quali il figlio dirige il padre.

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