Beetlejuice – Spiritello Porcello

Beetlejuice – Spiritello Porcello
Beetlejuice – Spiritello Porcello

Tim Burton iniziò nel 1982 con il suo primo cortometraggio (Vincent) a descrivere se stesso, proiettandosi nel personaggio protagonista della storia. Suppergiù da allora  i termini della sua cinematografia non sono cambiati. Sono esplosi i budget, sono arrivati premi e riconoscimenti critici, la gente ha fatto la fila al botteghino per vedere i suoi film, ma sostanzialmente la narrativa di Burton è rimasta esattamente quella, la poetica degli ultimi, dei diversi, degli esclusi, dei derisi, dei nerd, dei relegati al margine, dei genietti incompresi, magari bizzarri ed eccentrici, ma sempre estremamente fantasiosi, creativi, sensibili. L'esordio (inteso come lungometraggio) con Pee-Wee's Big Adventure rendono il giovante Burton un autore molto interessante e potenzialmente commerciale. La Warner pensa a lui addirittura per sviluppare il progetto di Batman, ma nel frattempo Burton lavora alla sceneggiatura di Beetlejuice, o meglio, vi fa lavorare diverse penne, insoddisfatto delle prime stesure. In effetti sembra l'uomo giusto per quel progetto, stralunato e squinternato esattamente come piace a lui, con il punto di vista privilegiato dei perdenti, che nel caso specifico sono tanto i due sposini trapassati interpretati da Alec Baldwin (Adam) e Geena Davis (Barbara), quanto la giovane dark Wynona Rider (Lydia), figlia di Jeffrey Jones (Charles) che con Catherine O'Hara (Delia), sua seconda moglie, decide di trasferirsi in campagna in cerca di relax, senza aver fatto i conti con il mondo degli spiriti nel quale sono rimasti intrappolati proprio Adam e Barbara, defunti a seguito di un grottesco incidente automobilistico.

Per lungo tempo Bettlejuice è stato il mio film preferito di Tim Burton, col passare di altro tempo è diventato praticamente l'unico film che riesco a sopportare di Burton, davvero l'unico la cui visione non mi provochi l'orticaria. Questo accade essenzialmente per quanto detto sopra, il ripetersi ininterrotto degli stessi topoi, degli stessi stereotipi, degli stessi personaggi, della stessa morale petulante, che - per quanto condita in salsa freak e illuminata da una fantasia e da una visionarietà indubbiamente fuori dal comune - hanno finito con lo stancarmi, dandomi la sensazione di star vedendo sempre lo stesso film, pur declinato in ambientazioni (parzialmente) diverse. Tim Burton è diventato l'eroe del conformismo dell'anticonformismo, ha rovesciato i termini della questione ma vi si è talmente omologato da diventare a suo modo terribilmente conformista nella sua perenne elegia del "diverso". Beetlejuice ha già tutti questi elementi ma, vuoi perché all'epoca era una novità, vuoi perché l'apporto di Michael Keaton (lo spiritello che dal nome al film) è davvero sguaiato e sopra le righe, tale da aggiungere quel minimo di "volgarità" necessaria a sporcare un po' il perbenismo etico di Burton, qui si respira un'aria ancora fresca ed incontaminata. Anche a distanza di alcuni decenni il film riesce a rimanere una bella tappa in materia di commedie fantastiche dal sapore weird ed irriverente. La famiglia dei Deetz è adorabilmente gretta, cinica e superficiale nel suo rapportarsi alla soavità dei personaggi "buoni e positivi" dell'universo burtoniano; la scena della cena durante la quale all'improvviso i commensali sono costretti a danzare sulle note calypso di di Harry Belafonte ("Banana Boat Song") è esilarante, un momento magico che viene poi replicato più avanti da Wynona Rider la quale, sospesa a mezz'aria, sgambetta su "Jump In The Line (Shake Senora)", sempre di Belafonte.

Beetlejuice è coloratissimo e chiassoso, a metà strada tra il fumetto horror e la fiaba per bambini, con degli effetti speciali che oggi magari appaiono un po' datati ma in fondo non così tanto da inficiarne la visione. Il cuore del film comunque sono e rimangono i personaggi; Keaton arriva a metà e, per fortuna; il suo diavoletto della Tasmania è talmente verboso, anarchico e travolgente che avrebbe finito con l'ingolfare il ritmo se fosse stato presente sin dal primo minuto. L'incasso premiò Burton e la fiducia accordatagli dalla Warner Bros, poiché gli introiti furono cinque volte tanto il budget speso per la realizzazione. Si è a lungo parlato di un sequel che pare si sarebbe dovuto ambientare alle Hawaii. Nel 2013 Burton disse che avrebbe diretto un secondo capitolo, promettendo la presenza sia di Wynona Rider che di Michael Keaton. Ad oggi il progetto non è mai arrivato ad uno stadio più concreto (per fortuna). Oscar la make-up. Ultima questione: perché mai la distribuzione italiana sentì l'insopprimibile necessità di aggiungere "Spiritello Porcello" al titolo originale? D'accordo, Bettlejuice è bello sveglio sotto quel punto di vista, ma si tratta di un elemento affatto primario in sceneggiatura e tra l'altro, così facendo il pubblico può equivocare, magari scambiando il film per una commediaccia sexy.... ah ecco, appunto.

Trailer ufficiale

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