
Corti, documentari e videoclip a parte, la carriera di Roger Fratter come autore di lungometraggi comincia nel '97 con il pregevole ed interessante Sete De Vampira; tre anni dopo è la volta di Anabolyzer, curioso spunto sul mondo delle palestre e del body building nostrano. E' quello l'humus, l'ambiente nel quale la storia si dipana, pur attestandosi poi sui binari di un thriller piuttosto compiaciuto di effettacci gore e nudità femminili. Abituati come siamo a location stereotipate da thriller a stelle e strisce, o anestetizzati da quelle da fiction televisiva di commissari piacioni e preti investigatori, la periferia lombarda (bergamasca?) fatta di prefabbricati da zona industriale adattati ad uso palestra dona se non altro una sua peculiarità più artigianale e ruspante alla cornice che contiene la storia. La sceneggiatura ci offre una vicenda incentrata su delitti (violenti e sanguinari) di giovani donne; la chiave di lettura del film non è la ricerca dell'assassino, poiché fin dai primissimi fotogrammi Fratter ci butta in faccia l'identità del killer. Il punto nodale semmai è un altro, cosa c'è dietro queste uccisioni e in che modo la palestra e i personaggi che la popolano sono coinvolti in tutto ciò?
- SPOILER: scopriamo presto che gli assassini sono addirittura due, entrambi in balìa di una sostanza spacciata nella palestra, un nuovo e potentissimo anabolizzante che evidentemente provoca qualche effetto collaterale socialmente "problematico". Sono diversi gli utenti della palestra per altro ad avere comportamenti aggressivi, anche se non è dato di sapere se pure loro sono effettivamente vittime (inconsapevoli) della segreta sperimentazione o meno. Sandro Kaufman (Carlo Girelli), il proprietario, ad un certo punto dice che c'è un livello superiore, dei misteriosissimi mandanti interessati alla somministrazione di questo anabolizzante; egli dunque sta attuando un piano altrui per interessi convergenti (probabilmente economici, o chissà). Fatto sta che questa sottotrama viene un po' buttata lì e lasciata inevasa da Fratter (anche se più avanti si può provare a supporre una vaga finalità legata alla creazione di snuff movies), evidentemente più interessato alla fotografia concreta degli ammazzamenti che avvengono nel perimetro della palestra.
Le morti sono tutte efferate, sistematicamente perpetrate ai danni di giovani donne piacenti, talvolta mediante l'uso di veri e propri strumenti da macelleria come trapani e coltellacci. Più in generale Anabolyzer non sarà un film che piacerà troppo alle femministe poiché le donne vengono uccise, picchiate, maltrattate, abusate tanto sessualmente quanto psicologicamente, e laddove anche subiscano in minor parte tutto ciò, mettono in luce una spiccata propensione per una libido vorace. La bella Irene Giordano ad esempio forse ha più scene di nudo che vestita, idem Belinda Sherman (credo sia lei, la ragazza che adesca uomini nei locali), mentre invece Samantha Jameson interpreta un personaggio decisamente sopra le righe, dark e psicologicamente più articolato (pur non risparmiandoci amplessi e centimetri di epidermide). Anabolyzer è divertente, rustico e spregiudicato nel voler andare a parare dove desidera, senza porsi tanti problemi legati al politicamente corretto. Dialoghi e recitazione non appaiono sempre al top ma ciò non toglie che complessivamente la storia si lasci seguire con partecipazione e coinvolgimento. Avendo seguito il curriculum di Fratter nel suo divenire, rilevo che indubbiamente in questa sua seconda prova autoriale permangono ancora elementi da mettere maggiormente a fuoco, o che perlomeno non mi hanno granché convinto; mi riferisco ad esempio all'illuminazione delle scene e all'uso delle ombre, la recitazione in qualche caso mi è parsa eccessivamente "lignea", così come le musiche talvolta risultano troppo invadenti, come nel caso di un pezzo rock insistito che finisce con lo svilire l'intensità di una conversazione - per certi versi anche abbastanza drammatica - all'interno di un bar.
La Polizia in Anabolyzer brancola letteralmente nel buio, facendo da puro contorno agli accadimenti, una caratterizzazione forse troppo blanda e collaterale; in sostanza, se non avessimo avuto le scene delle indagini non sarebbe cambiato nulla nell'economia del film, e allora forse meglio non metterle del tutto. Qualche personaggio è abbandonato a se stesso, come la su menzionata Belinda Sherman (e relativa amica di bevute con la quale è sempre in polemica), o lo stesso primo killer, del quale non sappiamo praticamente niente, un passato completamente oscuro che non aiuta a calarlo nella trama e a renderlo tridemensionale. Tuttavia va detto che Anabolyzer non intende in alcun modo essere un prodotto "di fino", affettato ed elegante, ma anzi fa della sua rozza ruvidezza un punto di forza, coerente con la storia narrata e con l'uso degli effetti speciali da battaglia. Il volto ritratto sulla copertina del dvd, la mostruosa trasformazione sul finale di uno dei protagonisti, dettagli "estremi" come uno sbudellamento sotto la doccia con tanto di interiora in bella mostra, o la riproduzione di uno pseudo snuff movie (come già fece a suo tempo Joe D'Amato), palesano il manifesto disinteresse di Anabolyzer verso una poetica delicata e limata nelle decorazioni d'ambiente. Può piacere o meno, ma indubbiamente non si può accusare Fratter di non aver dato un preciso indirizzo, anche ideologico, al suo film, spingendo sull'acceleratore. Penso che il Fratter di oggi magari, con l'esperienza accumulata sulle spalle, saprebbe affrontare lo stesso tema con ancora più incisività e creatività (per altro fisiologicamente limitata dal budget di una produzione indipendente ai confini con l'amatorialità).
Anabolyzer insomma rientra in quello status di film cult, il classico b-movie che fa del comparto trash croce e delizia, e comunque una sua orgogliosa caratteristica, così come accaduto a tanti titoli del nostro cinema popolare e di genere dei decenni passati. 90 minuti che intrattengono e non risparmiano una generosa sfilata di belle donne, il tutto purtroppo visionabile unicamente mediante supporti fisici oramai datati e penalizzati dalla povertà dei mezzi produttivi. Il formato delle immagini mi ha costretto a sgranare ulteriormente; ma questo è il cinema fatto con pochi mezzi ed entusiasmo, bellezza. Prendere o lasciare. Va anche precisato che l'edizione in mio possesso è quella ferocemente tagliata (di circa una trentina di minuti addirittura, il VHS sul sito di Fratter infatti si attesta sulle due ore di durata), dunque una versione non integrale e non esaustiva rispetto alle intenzioni originali dell'autore, ma questo passa il convento, ad oggi.